Il viaggio di Fabienne Verdier, sulle tracce di Cezanne

di - 19 Agosto 2019

Fabienne Verdier è l’artista dell’estate a Aix-en-Provence, città che le rende omaggio con ben tre mostre dal titolo “Sur les terres de Cézanne”, che si dislocano tra il museo Granet, il museo del Pavillon de Vendôme e la Cité du Livre con un progetto multimediale.

Sita nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, la città che ha dato i natali a Cézanne presenta, fino al 13 ottobre, un percorso espositivo che copre le diverse sfaccettature dell’opera di Fabienne Verdier – delle quali ci parlò anche Doris von Drathen, storica e critica d’ arte, docente alla Ecole Spéciale d’Architecture di Parigi, in occasione di una lectio magistralis a Napoli – dalle sue prime calligrafie di stampo orientale, alla ricerca dei legami tra musica e pittura, fino alle più recenti creazioni.

Classe 1962, dopo aver passato dieci anni in Cina a studiare presso il pittore Huang Yuan, torna in Francia ricca di un’esperienza artistica che ne determinerà la tecnica e un’estetica non figurativa. Oggi le sue opere sono nelle collezioni permanenti di musei come il Centre Pompidou e il Cernuschi di Parigi, esponendo, fra l’altro, al museo Voltaire di Ginevra e presso la londinese Waddington Custot Gallery nel 2017, oltre ad aver firmato la locandina del noto torneo di tennis Roland-Garros nel 2018.

La mostra al museo Granet rivela la complessità del percorso di Fabienne Verdier, impregnata inoltre di pittura occidentale, vedi i primitivi fiamminghi o l’espressionismo astratto. Si passa poi alla calligrafia, alla decostruzione del segno, ai paesaggi sonori, fino all’ultimo lavoro intorno alla montagna Sainte-Victoire. In questo contesto, l’artista apre un dialogo con la Montagne Sainte-Victoire di Paul Cézanne, che si traduce con una serie di tele di grande formato, gettando uno sguardo nuovo e attuale sulla creazione cezanniana.

Dopo studi approfonditi sul noto sito, Cézanne riprese il soggetto svariate volte, variando il colore o l’illuminazione fino a far perdere alle forme, che tendono sempre più verso l’astrazione, la loro rispondenza, mutandole in macchie di colore che si frantumano in uno spazio iridescente, come in un gioco alchemico.

Fabienne Verdier ha fatto proprio quel paesaggio per incontrare Cézanne sul terreno della scomposizione delle forme, dell’intensità del colore e della forza del gesto pitturale, in una ricerca artistica atemporale e spirituale. La complessità del processo di creazione dell’artista risiede anche nella tecnica, ma per capirne di più bisogna fare un salto al Pavillion de Vendôme. Quest’ultimo presenta disegni, gouaches, video e documenti su progetti precedenti come quello presentato al Palazzo Torlonia a Roma nel 2010, oltre alla ricostruzione dell‘atelier nomade che le permette di lavorare dappertutto, per esempio proprio alle pendici della montagna Sainte-Victoire.

Come si presenta questo laboratorio mobile? Una tavola come base che accoglie il supporto e l’artista che, a sua volta, maneggia, con l’ausilio di un manubrio, un pennello enorme, delle dimensioni del suo corpo, appeso a una trave orizzontale. Il pennello, per lo più in crine di cavallo, può contenere circa sessanta litri di materia pitturale.

La Cité du Livre invece accoglie fino al 14 settembre “Sound Traces”, un’installazione immersiva che proietta su quattro schermi le fasi di un progetto multimediale nato dalla collaborazione dell’artista con i musicisti dell’Accademia del festival di Arte Lirica di Aix-en-Provence, su note di Kurtàg, Hayden e Adamek. Le creazioni poetiche e astratte di Fabienne Verdier rivelano un’estetica raffinata e un gesto vigoroso e leggero restituito dalle movenze coreografiche e spontanee del corpo che si esprime tra peso e assenza di gravità sul supporto artistico.

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