Ingegnere del medium della pittura: intervista a Francesco Lauretta

di - 25 Gennaio 2024

L’artista siciliano, fiorentino di adozione, ha ormai abituato il pubblico a mostre che non sono semplici esposizioni ma vere e proprie installazioni dove ogni elemento – quadro, scultura o performance – concorre alla definizione e alla visualizzazione di un concetto. Ha chiuso i battenti da una manciata di giorni Viral impurity – Fake inner da Collica & Partners a San Gregorio (Catania), l’esposizione personale di Francesco Lauretta tra dipinti e sculture-silhouette inedite il cui insieme evoca il mondo critico e multiforme a cui egli attinge la sua esuberante creatività, passando il testimone, lo scorso 18 gennaio, alla Galleria Giovanni Bonelli di Milano, con Grigio Contemporaneo. Se quest’ultima mostra è un momento di confronto e riflessione per l’artista siciliano, che si interroga e si mette in dubbio, in maniera totale, sul tema del grigio in virtù di una ipotetica conversazione con il Maestro Cézanne, per noi è invece l’occasione per intervistarlo a tutto tondo.

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Stupido come un ingegnere della pittura: intervista a Francesco Lauretta

Come ti definiresti?

«Stupido. Ripeto, stupido, stupido. Dialetticamente stupido pluralizzato perché così possa vivere in cantoni liberi di stupidità in quanto privato di intelligenza morale, politica, poetica o filosofica».

Dove sei nato e dove vivi?

«Sono nato in un cortile, Ronco dei Vespri di cui ignoro il civico perché mai me l’hanno definito, sotto il parallelo di Tunisi e Algeri, in un paesino poco felice chiamato Ispica, in un’epoca in bianconero dominata dai carretti siciliani e poco altro. A vent’anni ho salutato l’isola e, dopo vari soggiorni in splendide città, adesso vivo a Firenze, città Blockbuster».

Dove vorresti essere nato e dove vorresti vivere?

«Nato in Inghilterra, e mi piacerebbe vivere laddove il mare sia visibile o palude, forse New York».

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Quando e come è nato il tuo interesse per l’arte?

«Mah, come di solito molti dicono, sono nato disegnando e cresciuto con il sogno di fare l’artista. Non avevo referenti di nessun tipo, ma appena cominciai a camminare scoprii che Siracusa stava attraversando un momento unico con la nascita di Tema Celeste e lo stuolo di artisti che in quel luogo sopravvivevano. Così cresceva l’ansia di capire cosa fosse un artista e come fare per esserlo davvero. Ancora adesso mi arrabatto per cercare di fare l’artista che per me sono quelli che vedo stampati su Phaidon o che espongono al MoMa o al Guggenheim, o Documenta, a volte anche nella Biennale veneziana».

Qual è stato l’incontro più significativo per la tua formazione?

«Senza dubbio l’incontro con Emilio Vedova, un incontro divertente consumato in accademia dove ebbi il culo di realizzare alcuni disegni a quattro mani con il Maestro. Poi James Lee Byars».

C’è stato un accadimento o un incontro così intenso da farti cambiare il modo di guardare le cose?

«L’avvento della personalità del curatore mi ha spinto a rivedere meglio le cose e ad avere una postura agile nei riguardi dell’arte».

C’è una mostra (non tua) che ricordi con particolare intensità?

«What Happened, di Nicole Eisenman».

Quali sono gli artisti e le opere che più ti hanno influenzato?

«Tutta l’opera di Kerry James Marshall, e Rabbit di Koons».

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Qual è la tua giornata tipo?

«Non vedo l’ora di andare in studio, e la sera a catapultarmi sui miei studi e letture. Molta, tanta musica poi».

Hai dei riti particolari quando lavori?

«Nessun rito se non prima di cominciare una tela. Me ne sto lì davanti e faccio fatica a iniziare. Posso stare seduto davanti a una tela e osservarla anche per giorni. Una volta iniziato, il quadro è finito».

C’è uno spazio per l’imprevisto nel tuo lavoro?

«Sempre, ma è come quanto è successo ieri. Avevo programmato di andare da Bruno per fare colazione con granita di mandorla, nuova ricetta, e panettone. Il vento e il freddo e le calorie aggiunte nelle vacanze mi hanno spostato in un bar malridotto dove però ho trovato l’Iris che ho consumato con un ottimo caffè».

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Hai mai paura di fare quello che fai?

«La paura mi cerca con l’insonnia. Ho sempre paura».

Hai mai avuto dei momenti di crisi durante il tuo percorso artistico? Come li hai superati?

«Crisi per me significa non avere i mezzi economici per la realizzazione delle opere che spesso assumono forme enormi, e naturalmente vivendo sempre in questo stallo economico ho (sostengo) realizzato le cose più intense e interessanti su carta».

Come descriveresti la tua ricerca?

«Me lo chiedono sempre, e anche io stento a definirla perché ogni mostra, l’occasione di una mostra, mi conduce a curiosare sulle possibilità o stallo della pittura, se opero con la pittura. A ogni modo, sono un costruttore e, alcuni anni fa, mi definivo Ingegnere del medium della pittura».

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Mi descrivi la tua tecnica, come nascono le tue opere?

«La mia tecnica è la stessa di quella, per intenderci, di un compositore come Salvatore Sciarrino: sono un autodidatta e le opere nascono dopo molte riflessioni, scritture, ascolti, danze. Per i quadri, olio su tela. Per i disegni, energia, gesto, talento».

Qual è il filo della tua ricerca e le sue pratiche?

«I fili esistono e sono riconducibili già agli esordi. Una mostra come Salto nel vuoto (Gamec), per esempio, spiega benissimo la matassa di fili con cui col tempo s’è formato il mio trascorso.

A che punto decidi che un tuo lavoro è finito?

«Il mio lavoro è finito subito nella mia testa, prima di iniziare a comporlo. Poi, purtroppo, devo realizzarlo e le difficoltà, a volte, creano un asincrono con quanto avevo visto nella mia testa».

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Mi parli della fisicità concreta nel tuo lavoro?

«Intensa. Non dipingo semplicemente, ma recito, parlo, mi agito, danzo e sbatto contro tela, sempre. La mia pittura è performativa e, a fine seduta, mi sento esausto».

Quali sono le ricerche che più ti rappresentano e meglio trattano le tue aspettative?

«Devo un grazie enorme a Duchamp, e ai filosofi, e ai poeti, ai narratori, al rock e dintorni».

In quale direzione sta andando la tua ricerca artistica?

«Grigio contemporaneo appena inaugurata. È una mostra di pittura senza colore».

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Mi racconti un tuo progetto o una tua opera nella quale individui un incontro positivo tra il tuo racconto e la sua materializzazione?

«Ragazza alla GAMEC: la tigre dei sogni, abituata a sollazzare fin dalla tenera età l’incubo e la fascinazione irreale, si fa iperreale partendo da una giostra, nel buio delle sale giochi alla GAMEC, mentre una guardiana riposa, e si fa opera, la tigre passa, giocattolo, dal buio luminoso e spettrale e incorporeo tra noi (e Duane Hanson), dalla tela per disporsi sulle pareti della galleria. La guardiana neanche se ne accorge, essa stessa diventa strumento spettrale, immagine e cosa, contempla qualcosa a cui noi non è concesso sapere, però cui possiamo continuare a guardare, e non vedere, perché seguendo la tigre il quadro si sposta, diventa altro e altrove. Cosa farsene di un’immensa libertà se non disorientarsi, se non a usare, con passione e come l’abbiamo designata, clandestinamente, la troppa vita? Perché in quel gesto clandestino, a Le nuvole, circoscrivevamo il caos».

Quali sono gli strumenti preferenziali per lo sviluppo del tuo lavoro?

«Indubbio è la scrittura, il flusso che traduco su foglio quotidianamente dal 1991 a oggi e che detiene un’immensa, espansa, visione di una vita, spesso sognata o devastata, tuttavia necessaria perché l’opera potesse essere accarezzata e, nei casi migliori, realizzata».

Qual è la tua mostra a cui sei più affezionato?

«Festival perché l’Io scisso era presente dagli esordi fino alla data della mostra, un’antologica quasi e sarebbe stata completa con l’innesto delle opere olfattive dell’esordio, le installazioni e i video, opere disperse queste ultime, o difficili da recuperare».

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Con quale artista del presente o del passato vorresti fare un duetto artistico? Un progetto a quattro mani?

«Sarei felice se riuscissi a esporre e lavorare, anche a quattro mani, con Camille Henrot».

Tra i tuoi progetti e le mostre realizzati, cosa ti ha dato più soddisfazione e, al contrario, più delusione?

«Delusione quando mi avevano contattato per una personale al MAXXI, ma tutte, poi, sono deludenti le mostre per diverse ragioni. Viral impurity – Fake inner, invece, credo sia una mostra importante, come sarà Grigio contemporaneo».

Quanto è importante per un artista contemporaneo il rapporto con l’arte del passato?

«Con il passato mi sento nella stessa postura dell’Angelo di Klee, ma adoro Paola Pivi quando del passato, ingombrante, ci sputa sopra».

Qual è la critica più forte che senti di fare al sistema della cultura e dell’arte di oggi?

«Il sistema dell’arte ha le sue trame, inutile attaccarlo, piaccia o meno».

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Che cosa pensi del rapporto tra l’arte contemporanea e la politica?

«L’opera di Kerry James Marshall è politica, come quella di Nicole Eisenman. Anche dipingere una grande cassata è un gesto politico. Non mi piacciono, diversamente, quegli artisti che fanno cronaca, potrebbero fare e condurre dei telegiornali alcuni, molti artisti».

L’arte contemporanea ha ancora un valore etico e morale nella società contemporanea?

«Sono stupido, non ho morale né etica verso la società contemporanea».

Pensi che l’artista sia ancora in grado di incidere sulla realtà?

«Una banana è sufficiente».

Qual è il tuo atteggiamento verso la spiritualità e la religione?

«Ho dipinto Cristi e processioni, ma non perché sia religioso piuttosto per inerzie politiche. Massa e potere di Canetti è stato fondamentale per sviluppare alcune idee, almeno agli esordi come ho fatto con Idola, mentre adesso opere come La scomparsa dei riti e le riflessioni fulminanti di Byung-chul Han possono, effettivamente, orientare lo sviluppo di alcune mie ricerche arcaiche o ancestrali. La spiritualità, semmai, nella mia opera è insita nell’uso della luce».

Francesco Lauretta, Viral impurity – Fake inner, installation view, Collica & Partners, San Gregorio (Catania)

Individuo e società: cosa ti affascina di questi due mondi? In che rapporto sono tra di loro e con il tuo lavoro?

«Gli individui sono storie, fragili, potenti, cenni di vita spesso difficili da decifrare. La mia società è solo attraversata e ha le fattezze di un grande fantasma».

Cos’è per te oggi veramente contemporaneo?

«Quando sono nato ero contemporaneo a Picasso. Quando morirò non sarò contemporaneo a nessuno».

Come vedi il futuro?

«Il futuro è il solo possibile».

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