Ispirata ai libretti e diari redatti dai guardiani dei fari per i futuri marinai, la mostra “Instructions to Light-Keepers”, in via privata Rezia 4, a Milano, presentata da Sa.Turn, progetto curatoriale nato nel 2020 nella città meneghina, con una sede a Verona e composto da Arnold Braho, Giordano Cruciani, Stefano De Gregori e Stefano Pizzamiglio, ci accoglie con un breve video composto di brevi estratti di Gardiens de phare, film di Jean Grémillon del 1929, la prima pellicola che mostra la figura/simbolo del faro.
Il collettivo curatoriale ha dato forma a una retrospettiva nata con lo scopo di presentare un fedele spaccato della nostra attuale società, con particolare attenzione a questi ultimi due anni di stallo e attesa, ma anche di tempesta e turbolenze. In mostra sono presenti Alan Abd El Monim & Riccardo Pasa, Nicolò Bruno, Camilla De Siati, Cecilia Di Bonaventura, Nicola Ghirardelli, Delio Jasse, Luca Marcelli Pitzalis, Valentina Parati, Riccardo Pasa e Yara Piras.
I diari dei guardiani dei fari nascevano dunque con lo scopo di delineare le implicazioni del mestiere costituendo quello che possiamo definire un piccolo manuale di istruzioni per i futuri marinai. In questi quaderni venivano descritte giornate di fitta nebbia, casi di tempeste o come comportarsi all’arrivo di navi sconosciute. “Instructions to Light-Keepers” si presenta, similmente, come un foglio illustrativo dell’epoca in cui viviamo, una lista di annotazioni del tempo, non meteorologico ma culturale e sociale, che gli artisti hanno percepito e continuano a percepire nei confronti della nostra epoca burrascosa.
Estetica della festa, ad esempio, sono cinque aquiloni di Cecilia Di Bonaventura, che nascono per registrare quelle che sono le esigenze dei meno ascoltati nella nostra società: le bambine e i bambini. Mettendo assieme le testimonianze degli stessi, l’artista ha cucito cinque grandi giocattoli sui quali svettano le scritte CHI, COSA, QUANDO, DOVE e NECESSARIO, perfettamente visibili dalla terra al momento del volo, come mostrato nella proiezione video a corredo dell’installazione. L’utilizzo di simili oggetti espone chiaramente la necessità di ascolto dei protagonisti dell’intervento, i quali, pur di ottenere la parola, sono ora costretti a denaturare la dimensione stessa del gioco, per farne invece uno strumento di protesta.
Yara Piras, in Sbandierare ai quattro venti (4), gioca con quattro diapositive posizionate su altrettanti pali, riuscendo a dare una forma rigorosa e quasi statica al vento della tempesta. Le immagini scelte sono frame video censurati durante il fascismo e riportati alla luce dai recenti studi archivistici. Lo spettatore, nella dinamica dell’installazione, è tuttavia obbligato ad alzare lo sguardo, quasi come in un gesto di riverenza, per vedere le diapositive, posizionate come bandiere su quattro lunghe aste. I vessilli, portatori di messaggi ignorati al loro tempo, svettano ora severi, riacquistando la dignità che gli era stata privata.
Un processo analogo è quello di Delio Jasse, che da anni sta lavorando alla creazione di un archivio che recuperi materiale rispetto al nostro passato coloniale. Presso Sept Showroom l’artista partecipa esponendo alcune fotografie dell’Angola degli anni ‘50 e ‘60, stampate su tessuto, e appese come fossero una serie di stendardi, Illegible Memory, per mettere in luce alcune dinamiche tossiche del colonialismo portoghese.
Particolarmente esemplificativo di questi ultimi anni di incertezze è invece il lavoro prodotto da Luca Marcelli Pitzalis proprio in occasione della presente collettiva, MANIFESTO. Il progetto di “Instructions to Light-Keepers” si porta dietro quasi due anni di lavoro, interrotto dall’emergenza sanitaria e nell’attesa di un tempo più propizio per gli allestimenti. In questa parentesi temporale l’artista ha però iniziato a dubitare del suo stesso lavoro. Davanti alla sensazione di inadeguatezza, Marcelli Pitzalis ha allora deciso di esporre una dichiarazione di arresa rispetto alla sua condizione: una bandiera rossa e nera, i colori dell’anarchia, in cui dichiara il suo voler abbandonarsi alla sensazione di inidoneità e dunque il desiderio di volersi lasciar abitare dalla tempesta stessa.
È poi attraverso l’installazione sonora di Alan Abd El Monim & Riccardo Pasa che allo spettatore è veramente concesso lo stesso diritto richiesto da Pitzalis, quello di abbandonarsi alla confusione del momento. Il duo partecipa alla collettiva esponendo una composizione sonora, creata appositamente per “Instructions to Light-Keepers”, con forti suoni e motivi che riportano a vivere il caos della tempesta.
In contrapposizione, il video di Valentina Parati, PODCAST TRACK_01, tenta invece di organizzare e dare ordine a una serie di rumori, apparentemente confusionari, riprodotti da un’automobile, che l’artista anima e fa parlare.
Camilla De Siati, con la performance presentata il giorno dell’inaugurazione, Placo Panico Dolce, riesce a dare un’ulteriore interpretazione puntuale al concetto di tempesta. A partire da una ricerca iconografica della donna e della figura dell’appeso, l’artista ha ideato una coreografia inscenata da più corpi che interagiscono e si muovono insieme formando e disfacendo quello che vuole apparire come un unico organismo. Un agglomerato di corpi che si sfiorano, toccano e immergono uno nell’altro costituendo una tempesta umana, di carne, che si muove orizzontalmente e verticalmente in tutto lo spazio.
Al primo piano sono infine presenti le tele di Nicolò Bruno e le sculture di Nicola Ghirardelli che, seppure nate da ricerche molto distanti, attraverso il simbolo della candela sembrano voler ritrovare una via di fuga all’interno della tempesta. Il lume, presente in un quadro di Bruno, Mezzogiorno, e sulla punta delle colonne di marmo sintetico di Ghirardelli, Senza Titolo (Il limite della neve), riesce dunque a trasmettere una sensazione di speranza all’interno di questa bufera che è il nostro tempo.
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