08 aprile 2024

Italia 70: a Milano, vietata l’affissione di un’opera di Maurizio Cattelan

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Istigazione alla violenza: il Comune di Milano blocca l'affissione di due opere di Maurizio Cattelan e Giangiacomo Rossetti, nell’ambito del progetto di arte pubblica Italia 70, promosso da Fondazione Trussardi

Doveva essere ITALIA 70 e invece, almeno per il momento sarà 68, che pure è un numero di grande suggestione storica: al progetto di manifesti pubblici d’autore, presentato da Fondazione Trussardi per la Milano Art Week appena iniziata e curato da Massimiliano Gioni, mancano due opere, quelle di Maurizio Cattelan e di Giangiacomo Rossetti, bloccate dall’Ufficio Affissioni del Comune di Milano per istigazione alla violenza. Diffuse tra le strade della città, dal Cimitero Monumentale al Centro Storico, da City Life a Porta Romana, vedremo invece i lavori degli altri autori, da Yuri Ancarani  a Stefano Arienti, da Vanessa Beecroft a Monica Bonvicini, da Chiara Camoni a Francesco Clemente, da Armin Linke a Diego Marcon, da Giulio Paolini a Paola Pivi, Marinella Senatore, Nico Vascellari, Francesco Vezzoli, tra gli altri, invitati dalla Fondazione a produrre ognuno un’immagine inedita o a scegliere un’opera speciale da riprodurre su centinaia di manifesti.

Nell’opera di Cattelan compaiono in primo piano una minacciosa – ma anche drammaticamente elegante – pistola semiautomatica nera e due scritte in grassetto: “Ribellati!” e “L’unica prigione è la tua mente!”. Nel manifesto di Rossetti, invece, un pestaggio di una baby gang contemporanea si sovrappone alla rievocazione delle vicende della Compagnia della Teppa che, dal 1816 al 1821, si rese protagonista di numerosi pestaggi ai danni di cittadini milanesi filoaustriaci.

Incassato il rifiuto del Comune, Rossetti ha quindi specificato di avere già in preparazione una nuova versione dell’opera, che apparirà dunque oscurata. Raggiunto da La Repubblica, Gioni ha evidenziato la capacità dell’artista, classe 1989, milanese di nascita e di base a New York, di mettere in discussione il proprio ruolo, «Accettando la regola» per arrivare a chiedersi se «L’artista sia superiore a tutti gli altri». Cattelan invece è rimasto sulla sua posizione e per rispondere alla decisione dell’Ufficio Affissioni ha citato l’Articolo 21 della Costituzione: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».

D’altra parte, il campo di battaglia di Cattelan è volentieri la strada e l’intervento è sempre eclatante, dal dito medio di quattro metri in marmo, tuttora esposto in bella mostra a piazza degli Affari, alle tre bambole dalle fattezze fanciullesche appese – per l’artista sospese – in Piazza XXIV Maggio, che invece non durarono molto: due furono staccate nottetempo da un uomo che, durante l’operazione di “disallestimento forzato”, finì anche col cadere rovinosamente al suolo, rimanendo ferito. Il caso di Italia 70, però, non è proprio lo stesso: si tratta di un progetto di affissione pubblica a tutti gli effetti e come tale, per quanto mosso da velleità artistiche, sottoposto a norme legislative e burocratiche. Un artista esperto come Cattelan – che oltre ad avere una formazione da pubblicitario è stato anche egli stesso un “manifesto”, come quando, nel 2018, indossò sulla fronte uno spot del brand tecnologico Huawei – non poteva non essere cosciente del rischio insito nell’operazione di feticizzare una pistola (e non una banana), in un periodo in cui la sensibilità verso certi argomenti e rappresentazioni della violenza è piuttosto sollecitata. Ed è forse in questa tensione liminale tra il “dicibile” e il “non dicibile” – come spesso nei suoi lavori – che si può leggere il senso di questa sua operazione artistica, completata proprio dal veto dell’autorità, tanto concettualmente quanto formalmente.

Che poi è sempre una questione di contesti e se per strada una pistola fa paura, in altri luoghi invece luccica: nei Paesi NATO dell’Unione Europea, la spesa militare è cresciuta negli ultimi 10 anni 14 volte più del Pil complessivo e l’Italia si appresta a spendere nel 2024, per esercito e armi, oltre 28 miliardi di euro. Per la cultura – giusto per rimanere in tema – se ne spendono circa 5. E anche questo è un manifesto.

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