Milano Art Guide ed exibart presentano It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World, un atlante della fotografia degli anni 2020, da scoprire ogni settimana su Instagram: l’ospite di questa settimana è Benyamin Reich. Per dare un’occhiata al takeover nelle stories del nostro account instagram, vi basta cliccare qui.
A cosa stai lavorando?
«Attualmente sono in una fase di studio e ricerca, che fanno parte della costante indagine su me stesso, sulla mia posizione all’interno di un determinato contesto sociale, umano e culturale. Si tratta di un tentativo di comprendere cosa mi trattenga e di come possa continuare lungo il percorso di vita senza perdermi. Hai notato che mi hai chiesto su cosa stia lavorando mentre la mia risposta ha menzionato soltanto pensieri e sentimenti? Il motivo è che entrambi i regni sono uno e lo stesso per me. I miei lavori di artista sono sempre una sorta di riflettore, uno specchio delle mie emozioni, dei vari contesti sociali e culturali che continuo a rinnovare e a ricreare.»
Come trovi ispirazione per il tuo lavoro? E cosa ti ispira di più?
«Sfortunatamente sono ispirato solo di rado. Forse non appartengo più a una determinata fascia di età. Devo riflettere e pensare in modo tale da poter essere creativo. Successivamente si aggiunge l’ispirazione e si sviluppa, si amalgama all’interno del varco che le ho creato. In generale sono molto attratto dagli universi esistenziali più intimi delle persone. Cerco di risolverli attraverso la mia fotografia. Qualunque elemento si collochi all’interno delle zone grigie delle menti e dei mondi delle persone, cerco di catturarlo e di donargli un’espressione artistica. Questa stanza buia e invisibile diventa improvvisamente luce, una cornice per le mie foto. Questa forse è anche l’unica cosa che so davvero fare.»
Cosa significa fotografare negli Anni Venti del Duemila?
«Non sono sicuro. Probabilmente non è così diverso dagli anni del 2010. Le mie opere interagiscono molto con la solitudine, con il senso di espulsione, con la sensazione di vivere in esilio, lontano dalla tua infanzia, lontano dal tuo passato, lontano dal mondo che una volta ti ha nutrito. La religione e la tradizione, insieme ai loro contrasti, e l’intersezione con un mondo occidentale nichilista, sono argomenti fondamentali per la mia fotografia. Penso che in questo nuovo decennio, iniziato con una pandemia, possa esserci un’eco più profonda delle ragioni del mio lavoro e uno spazio più universale per loro. Vivere in mondo così chiuso come quello in cui ci stiamo attualmente ritrovando, mi ricorda in un certo senso della mia infanzia all’interno delle comunità ebraiche ultra-ortodosse, in cui sono cresciuto.
La parola “vulnerabilità” coglie in pieno il significato di molti dei mei lavori. Uno dei messaggi della mia arte è che siamo tutti esseri umani, siamo tutti inclini a vivere una sofferenza esistenziale e fisica, in questo caso non vi è alcuna differenza sostanziale tra culture e popoli, i chassidici così come altri gruppi strettamente religiosi vicini a quelli occidentali così come ad altri stili di vita moderni, sono tutti parte di un unico disegno, all’interno del quale la condizione umana traspare in tutte le sue sfaccettature. La fotografia di ritratto può aiutare a trasmettere il significato delle loro vite in modo più accessibile e universalmente riconoscibile.»
Benyamin Reich (Bnei Brak, Israele, 1976), originario di una famiglia chassidica di rabbini, vive e lavora a Berlino. Dopo aver compiuto un lungo percorso che man mano si è discostato dalla forte impronta famigliare, frequenta l’École des beaux-arts a Parigi e successivamente l’accademia di belle arti di Bezalel (Gerusalemme). Nella ricerca di Reich il background culturale diventa la forza trainante della sua indagine artistica, all’interno della quale coesistono bellezza ed estetica, un mondo interiore di esseri umani in cui la connessione tra le loro culture, collocazione geografica e politica sono unite alla tradizione in cui è stato allevato. Tra i progetti espositivi più rilevanti si possono menzionare la mostra presso la Künstlerhaus Bethaniendi Berlino (2016) e presso la galleria Podbielski Contemporary (2016). Le sue opere sono state esposte in diversi musei e gallerie, tra i quali figurano importanti acquisizioni da parte di istituzioni come il Museo della fotografia Huis Marseile, i Musei ebraici di Berlino, Monaco, Basilea e Francoforte.
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