Incastonata ai piedi delle Alpi sulla costa settentrionale del lago Maggiore, Locarno con il suo clima mite e la vegetazione mediterranea oltre al noto Festival del Cinema offre chicche preziose capaci di gratificare anche i visitatori più curiosi ed esigenti. Nell’ameno quartiere di Solduno, posto tra le falde del monte Brè e il fiume Maggia (che divide Locarno dalla ridente cittadina di Ascona), in Via alle Vigne 44 si nasconde Ronco dei fiori divenuta sede della Fondazione Marguerite Arp, facilmente raggiungibile dalla stazione di Locarno FART (Ferrovie Autolinee Regionali Ticinesi) tramite la linea 620 Locarno-Domodossola: si scende alla fermata Solduno S. Martino e in un minuto a piedi si è alla meta. Ronco dei Fiori è un’antica casa ticinese con ampio giardino e vigneto acquistata nel 1959 dallo scultore, pittore e poeta Jean Arp (Strasburgo 1886-Basilea 1966) e dalla collezionista Marguerite Arp-Hagenbach (Basilea 1902-Locarno 1994) – seconda moglie di Arp che la sposa nello stesso anno – e ristrutturata dall’architetto Fritz Bähler il quale la trasforma in Casa-Atelier abitata dalla coppia dal maggio 1960. Arp che già frequenta e ama il Ticino e soprattutto Ascona esaudisce così un antico desiderio e lavora alacremente al primo piano della casa pur creando le sue opere plastiche nell’atelier di Remo Rossi in Locarno. Vive un periodo fecondo raggiungendo l’apice della notorietà sempre sostenuto da una donna straordinaria in uno scrigno affascinante esaltato da una distensiva vegetazione molto curata che nel tempo si arricchisce delle sue sculture.
Marguerite – formatasi alla scuola commerciale di Basilea, dopo un periodo a Londra, diviene segretaria della sezione basilese della Pro Juventute e studia pianoforte – dal 1937 crea una straordinaria collezione d’arte contemporanea soprattutto concreta e costruttivista, nota per la varietà e la qualità di quanto raccolto e nel 1988 istituisce la Fondazione Marguerite Arp composta di 2100 opere, un archivio e una biblioteca con lo scopo tra gli altri di valorizzare, diffondere e promuovere l’opera di Jean Arp e di Sophie Taeuber-Arp (Davos 1889-Zurigo 1943), prima moglie di Jean (sposata nel 1922) artista e pittrice.
Entrare, oggi, a Ronco dei fiori e trovare la Casa-Atelier come era con gli arredi e quanto esisteva quando Marguerite e Arp erano in vita incute una sorta di rispetto reverenziale: si respira un’aura particolarmente ricca di suggestioni e par quasi che la coppia possa rientrare da un momento all’altro e trovare qualcosa fuori posto anche tra le opere di artisti famosissimi che “tappezzano” la casa.
Per capire meglio Arp rientriamo ancora in punta in punta di piedi nella sua vita a cominciare dal 1886 quando nasce nel martoriato territorio alsaziano alternativamente sotto il dominio francese o tedesco da padre di Kiel, quindi tedesco, e madre alsaziana per cui è da subito bilingue tanto che successivamente utilizzerà sia il proprio nome tedesco Hans sia quello francese Jean. Interessato alla poesia romantica, alla letteratura contemporanea e all’arte moderna frequenta le scuole d’arte a Strasburgo e Weimar e l’Académie Julian a Parigi. Trasferitosi a Weggis, è tra i fondatori del gruppo Der Moderne Bund. Quando scoppia la prima guerra mondiale, scappa da Parigi e nel 1915 si rifugia in Svizzera ad Ascona e poi a Zurigo dove conosce Sophie Taeuber con cui lavora dando inizio all’arte concreta e soggiorna con lei ad Ascona al Monte Verità.
Nel febbraio del 1916 a Zurigo è tra i fondatori del movimento Dada insieme a Tzara, Ball, Hennings, Janco e Huelsenbeck: apre la Taverna Voltaire, poi Cabaret Voltaire, sede delle loro manifestazioni. Disegna mobili e lavora con Sophie secondo la “legge del caso”, “casualità” che li accomuna. Così si esprime al riguardo Arp nel 1958: “La parola caso non ha unicamente il significato di ciò che è dovuto all’imprevedibile, ma è anche ciò che ci accade e che ci viene dal destino”. Nel 1925 espone a Parigi alla prima mostra dei surrealisti e l’anno dopo diventa cittadino francese. Quattro anni dopo Jean e Sophie si stabiliscono a Clamart dove nel 1927 su un terreno ai margini della foresta nasce la loro casa-studio grazie alla capacità creativa di Sophie. Negli anni ’30 conoscono Marguerite con cui nasce un forte sodalizio. A Clamart, Marguerite creerà nel 1979 la Fondazione Arp cui lascia moltissime opere.
A Ronco dei fiori, nel 2014, gli architetti Annette Gigon e Mike Guyer arricchiscono il complesso con un nuovo edificio dotato di un deposito d’arte ultramoderno e di uno spazio espositivo in Via alle Vigne 46 dove ora si dipana fino al 5 novembre 2023 la mostra ARP. Viaggio in Oriente, nata dalla bravura, dalla sensibilità e dal grande amore per il suo lavoro della direttrice Simona Martinoli, persona di profonda cultura e dal tratto squisito.
Grazie all’analisi di un Album del viaggio Pasqua in Terrasanta, prezioso cimelio – confezionato da Robert Stoll su richiesta di Marguerite e custodito dalla Fondazione – la dottoressa Martinoli ha messo in luce un settore quasi sconosciuto dell’espressione artistica di Arp. Si tratta di un’apertura verso la creazione di gioielli e opere in ceramica grazie all’insaziabile e vivacissima curiositas intellettuale di Jean anche verso materiali nuovi come l’argento per i gioielli e la ceramica per gli oggetti: ulteriore riprova della falsità nella ripartizione sorta dopo la fine del Medioevo tra arti maggiori e minori declassate queste ultime ad “artigianato”, poi “artigianato artistico”, “decorativo”… definizioni assolutamente da rivedere riequiparando micro e macro come succede in questa deliziosa mostra. Singolare appare anche il fatto che proprio negli anni ’50 e ’60, quando Arp si dedica anche al micro, realizzi opere su grande scala da porre in spazi pubblici o inserite nell’architettura.
Punto di partenza, dunque, il viaggio culturale “Pasqua in Terra Santa” intrapreso da Jean e Marguerite il 9 aprile 1960 in un gruppo guidato da Robert Stoll (storico basilese dell’arte, autore del famoso Album con documenti, foto e ricordi) per scoprire l’affascinante mondo mediorientale: Il Cairo, Giza, il Museo Egizio, le Piramidi, la Sfinge… Menfi, Saqqara, Gerusalemme per i riti pasquali, Tiberiade, Haifa e Nazareth. Quando il gruppo ritorna in Svizzera il 24 aprile, Jean e Marguerite restano in Israele e vivono uno straordinario periodo che rafforza l’affettuosa amicizia di Jean – coltivata negli anni anche con assidue corrispondenze conservate in un carteggio presente nella Fondazione – per un caro amico di vecchia data: l’artista e architetto rumeno Marcel Janco (Bucarest 1895-Ein Hod/Israele 1985), emigrato in Palestina (in fuga dai nazisti) nel 1941dalla Romania dove era tornato nel 1922 divenendo pittore e architetto famoso dopo essere stato nel 1916 insieme ad Arp tra i fondatori del Movimento Dada a Zurigo. Scenario di tale felicissima esperienza il villaggio degli artisti Ein Hod (a sud di Haifa ai piedi del monte Carmelo), di origine araba, i cui abitanti sono fuggiti nel 1948 alla proclamazione del nuovo Stato di Israele. Invece di abbatterlo, Janco nel 1953 lo restaura rispettando urbanistica e architetture originarie e vi fonda nel 1983 il Museo Janco-Dada: ancor oggi sono presenti atelier di tessitura e stampa e si lavorano ceramica e argento attraverso sperimentazioni in cui arte e artigianato si contaminano amalgamandosi grazie a un flusso continuo di creatività.
L’accennata osmosi tra macro e micro si rileva nell’incipit della mostra con la presenza di opere del periodo Dada di Arp, Sophie Arp e Janco per poi entrare in medias res nelle sezioni dedicate al viaggio in Oriente, periodo in cui il dadaismo sta ritornando in auge a livello internazionale. Arp rielabora forme e tematiche presenti nelle sue opere anche tessili e su carta dagli anni ’20 alla maturità e le ripropone attraverso l’arte orafa e la ceramica come si nota nei continui rimandi in mostra: tra gli esempi I gemelli (1956), grande rilievo in legno dipinto che acquista nuova vita in una splendida collana d’argento così come il ricamo J’ai pensé à une fleur rivive in una spilla.
Che l’Egitto facesse parte da sempre dell’immaginario onirico e fantastico di Arp lo testimoniano opere antecedenti al suo viaggio come l’unico esemplare della raccolta di poesie Der Pyramidenrock (1924) con la copertina dipinta dall’artista e sculture in bronzo quali L’Egiziana (1938) e la Piccola sfinge (1942). Tale ultimo titolo ricorda la grande Sfinge di fronte a cui Arp siederà realmente alcuni lustri dopo in una foto tratta dal famoso Album e scelta dalla curatrice per introdurre i riferimenti all’Egitto riscontrabili nella sua produzione plastica e poetica. L’artista siede in posizione quasi “affrontata” alla grande Sfinge: imitazione rovesciata, meditazione o creazione giocosa di una figura araldica?
Un’imperdibile mostra, pregna di significati tali da indurre riflessioni su Arp, straordinario personaggio che merita approfondimenti e conoscenza più profonda, sulla storia del ‘900 e su una Fondazione il cui link www.fondazionearp.ch va tenuto d’occhio per cogliere l’occasione di vivere momenti magici per lo spirito e per godere dell’amenità del giardino in cui arte e natura si coniugano in modo esemplare.
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