La sua camminata decisa, lo sguardo scarno e intenso ma anche il cappello, il gilet, il bastone. La stessa riconoscibilissima, caratterizzante, identitaria figura di Joseph Beuys è diventata un’icona della storia dell’arte, forse ancora prima delle sue opere. Che erano praticamente ogni cosa: 7000 pietre di basalto che tra trecento anni diventeranno un bosco di querce, oppure tre giorni trascorsi negli spazi della Renè Block Gallery di New York in compagnia di un coyote. E poi oggetti di risulta, pietre e lastre di ferro trovate per caso, pianoforti rivestiti di feltro. Già, quel tessuto che, per lui, giovane militare miracolosamente sopravvissuto allo schianto del suo aeroplano, uno Stuka, il velivolo più fotografato della Luftwaffe, rappresentava la salvezza, la sicurezza, l’armonia, la protezione, il caldo.
Era il marzo 1944, la missione interessava il fronte orientale della Crimea, c’era la neve trasportata da una tempesta e il freddo era pungente. Ma il sergente doveva sopravvivere e assolvere al suo destino di artista, anzi, artista-sciamano, come si dice con un po’ di malizia, per il gusto di contrapporlo all’altro epigono del contemporaneo, Andy Warhol, così distante ma, per molti versi, così affine, come dimostrato dalle tante occasioni di dialogo. Sarebbe morto diversi anni dopo, il 23 gennaio 1986, per una insufficienza cardiaca. Joseph Beuys nacque a Krefeld, il 12 maggio 1921 e nella Renania Settentrionale – Vestfalia si annunciano grandi celebrazioni per festeggiarne il centenario.
beuys 2021 – 100 years of joseph beuys è un progetto del Ministero della Cultura e della Scienza dello Stato della Renania Settentrionale – Vestfalia, in collaborazione con la Heinrich-Heine-Universität di Düsseldorf, con il patrocinio di Armin Laschet, presidente della Regione. Da quelle parti ci tengono molto a rimarcare la questione del sentimento di appartenenza. «Joseph Beuys è entrato nella storia internazionale dalla Renania Settentrionale. È considerato tra gli artisti tedeschi più conosciuti e rivoluzionari. Il centenario di Joseph Beuys è un’opportunità di riconsiderare la figura di un artista così influente, che ha ispirato generazioni di persone, stimolando pensieri e dibattiti e combinando arte e vita, filosofia e scienza. Con beuys 2021 vogliamo mostrare la nostra riconoscenza per l’uomo con il cappello di feltro e per il suo lavoro, riscoprirlo e tradurre le sue idee in iniziative contemporanee», ha dichiarato Laschet.
«Joseph Beuys si è preso i suoi rischi ed è stato portavoce di molti cambiamenti, con il suo concetto di arte e con le sue idee sulla democrazia e sulla libertà. Il suo impatto continua a farsi sentire nell’attuale panorama artistico e sociale. Per celebrare il centenario di Beuys, esploreremo il suo pensiero al fine di rivalutarlo dal punto di vista di oggi», ha spiegato Isabel Pfeiffer-Poensgen, Ministro della Cultura e della Scienza.
E infatti, nonostante l’innegabile posizione di primo piano nel panteon dell’arte contemporanea, di Beuys è ancora molto difficile parlare. Complesse le sue opere, alcune troppo grandi, altre difficilmente riproducibili, altre ancora tendenti alla poesia del brutto, per esporle in una mostra blockbuster itinerante. Comunque, nell’ambito del programma del centenario, saranno previste esposizioni, azioni, performance, pièce, concerti, letture e seminari, che esploreranno le idee di Joseph Beuys per tutto il 2021, provando anche a dargli una nuova lettura critica e storica. I particolari saranno annunciati nel corso dell’anno – qui il sito ufficiale, molto colorato – per il momento sono 20 le istituzioni coinvolte, tra musei, università, kunsthalle e luoghi pubblici, in 12 città della Regione, da Bonn a Düsseldorf, che sarà l’epicentro dell’intero progetto, passando per Duisburg e, ovviamente, Krefeld. Dove tutto ebbe inizio, ormai già cento anni fa.
Ma Beuys potrebbe raccontare tante storie anche dell’Italia, in particolare dal meridione. In Puglia soggiornò durante la sua giovinezza sotto le armi e poi ci ritornò da artista, in Sicilia si dedicò alla raccolta delle piante officinali, in Campania realizzò alcune delle sue opere più conosciute. Sarebbe bello se anche dalle nostre parti questa storia non venisse dimenticata.
Un anno di successi e riconoscimenti nell’arte contemporanea.
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