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Katharina Grosse intreccia moda, arte e tecnologia, all’Espace Vuitton di Venezia
Arte contemporanea
Nello spazio espositivo della Fondation Louis Vuitton di Venezia, dove si trova anche una istallazione permanente di Daniel Buren, moda, arte e architettura coniugano creatività e tecnica, gesto artistico e tensione estetica, come dimostra la grande opera ambientale Apollo, Apollo (2021) di Katharina Grosse (1961) ospitata nell’Espace veneziano di proprietà di Bernard Arnault. Grosse presenta un ambiente cangiante, luminescente, ispirato alla rifrazione della luce sulla Laguna, inscenato da una grande tela, una sorta di arazzo-quinta teatrale, dal soffitto al pavimento. Una pittura riflettente, scolpita in maglia metallica che avrebbe conquistato Mariano Fortuny, sulla quale è stata stampata l’immagine delle sue mani scattate durante l’atto creativo e dagli effetti formali luminescenti, in cui il suo corpo si fonde con la materia, all’insegna di una fluidità cromatica affascinante. La mostra, curata da Claire Staebler, rientra nel ciclo di eventi artistici realizzati dalla Fondation Louis Vuitton, dal titolo “Beyond the Walls”.
In quest’opera, materiali, immagini, fotografia, pittura e spazio si fanno trama di una trasfigurazione dell’evanescenza dell’acqua di Venezia, della sua trasparenza e insieme opacità, lasciando filtrare la luce. Il fine è creare una soglia immaginaria e invitare lo spettatore a varcare il mondo reale per immergersi in quello onirico, nella profondità dell’immaginazione, dove tecnologia e potenzialità di colori accesi alterano la percezione dello spazio.
Ha dichiarato l’artista: «Un quadro è semplicemente uno schermo tra il pittore e lo spettatore dove ognuno può seguire i processi del pensiero che prendono forma sulla tela, studiandoli da diversi angoli e punti nel tempo. Un quadro permette di osservare i residui del mio pensiero». I suoi residui sono colori performanti che, anche grazie alla scelta di materiali innovativi, tracciano architetture illusive. Nel drappeggio della rete, l’osservatore attento potrà cogliere la propria immagine riflessa, quasi distorta, in un colore liquido.
Il titolo dell’opera potrebbe essere soggetto a diverse interpretazioni. Una lettura mitologica che vede la profetessa Cassandra invocare il nome di dio per essere stata da lui stesso condannata a non essere mai creduta. Oppure, l’artista allude all’omonimo programma spaziale americano che, nel 1969, portò l’uomo sulla Luna, alla conquista dello spazio. Ma poi, perché dare una spiegazione a questa opera, che supera la barriera tra pittura e architettura in cui tutto si fa “scultura” dell’illusione? Lasciamoci dunque trasportare dalle oscillazioni tra superficie, trama, immagine e oggetto, ordine e disordine, distruzione e creazione, tensione e rilascio, movimento e contemplazione. È dell’artista l’obiettivo di sorprenderci. Sappiamo che «La pittura balza in una dimensione sconosciuta della realtà, presente come una casa, versatile come uno spirito», racconta l’autrice. E noi la seguiamo.
Dopo Venezia, il 4 maggio Katharina Grosse inaugurerà due grandi installazione ambientali che interagiscono con l’architettura della Fondation Vuitton di Frank Gehry a Parigi, all’insegna del dialogo tra le arti che rispecchia gli obiettivi del conglomerato del lusso LVMH, che include brand di nazionalità diverse, come, ad esempio, gli italiani Bulgari e Fendi.