Timothy Leary, William Gibson e Keith Haring: buona parte degli anni ’80 più effervescenti, irradianti, psichedelici, fantascientifici può essere sintetizzata in questi tre nomi. E a collegarli c’è un sottile filo di pixel, anche se la storia non è ancora molto conosciuta. Era il 1986 quando Leary, lo psicologo diventato già leggendario per le sue teorie sulle esperienze psichedeliche, regalò a Haring un personal computer Amiga, il top della tecnologia domestica. L’artista, in quel momento all’apice del successo, dopo aver esposto allo Stedelijk Museum di Amsterdam e alla Biennale di Venezia, avrebbe dovuto realizzare le immagini per un videogioco, sviluppato dallo stesso Leary – che era un pioniere anche dell’Internet – e ispirato a Neuromante, l’iconico romanzo Cyberpunk di Gibson, pubblicato nel 1984.
Haring non era troppo favorevole all’utilizzo massivo della tecnologia soprattutto in campo artistico, anzi, ne aveva timore ma, dietro insistenza di Leary e seguendo l’esempio di Andy Warhol, che l’anno precedente aveva pubblicizzato lo stesso modello di computer, si lasciò convincere. Risale poi a qualche anno prima, al 1984, la famosa fotografia che ritrae Steve Jobs mostrare il funzionamento del Macintosh proprio a Haring e Warhol, insieme a Kenny Scharf, durante il compleanno del piccolo Sean Lennon, figlio di John e Yoko Ono. Alla fine anche Haring prese familiarità con lo strumento e fu uno dei pochi artisti a sperimentare Quantel Paintbox, una workstation grafica che è un po’ l’antenata di Photoshop.
Per il videogioco Leary aveva coinvolto anche Helmut Newton, per realizzare alcune fotografie, mentre William Burroughs avrebbe contribuito alla scrittura. Colonna sonora? Se ne sarebbe occupato il gruppo post punk dei Devo. Il super progetto purtroppo fallì ed è proprio un vero peccato, sarebbe stato un prodotto epocale. Un’intuizione di quello che avrebbe potuto essere, si può avere grazie a questo video in cui Leary e Gibson commentano un adattamento di Neuromante per il cinema (anche questo progetto fallì).
Keith Haring utilizzò comunque il computer Amiga per creare una serie di disegni nel suo caratteristico linguaggio visivo. Le opere digitali declinano i suoi soggetti più noti in tonalità fluorescenti e le linee audaci, che trasmettono una vivace e pixellata energia. Conservati a lungo su floppy disk nell’archivio di Leary, questi disegni in computer grafica non avevano mai visto la luce, fino a ora.
Dal 12 al 20 settembre, infatti, Christie’s ospiterà Keith Haring: Pixel Pioneer, un’asta online di cinque NFT, coniati sulla blockchain di Ethereum e tratti dai disegni digitali originali. La vendita è organizzata in collaborazione con l’agenzia Artestar e il Keith Haring Studio, una filiale della Keith Haring Foundation.
Ciascuno degli NFT in asta è stimato tra i 200mila e i 500mila dollari, con l’intera collezione valutata a 1,65 milioni di dollari. E si tratta di stime prudenti, calcolate sulla scia dell’asta NFT di Christie’s del 2021, durante la quale i disegni creati sull’Amiga da Andy Warhol incassarono complessivamente 3,3 milioni di dollari. Tuttavia, il momento non è dei favorevoli per gli NFT, dopo i record degli scorsi anni, negli ultimi mesi il trend si è fatto sempre più incerto. Recentemente, la prima collezione di NFT tratti dal pavimento dello studio di Jackson Pollock è andata esaurita in poche ore, incassando più di 450mila dollari. Forse la vendita di un altro artista storicizzato, anzi, riscoperto pioniere dell’arte digitale, potrebbe segnare un importante punto a favore.
«Molte persone pensano di conoscere Keith Haring. Conosciamo il suo attivismo, conosciamo la sua generosità, sappiamo che era prolifico, sappiamo che era malato e che ha sostenuto molto le persone affette da HIV», ha affermato Gil Vazquez, presidente della Keith Haring Foundation e vecchio amico dell’artista pop. «Non lo conosciamo come artista digitale. Eppure, questo è un aspetto di lui che viene alla luce per la prima volta con questa vendita: è stato un pioniere dell’arte digitale».
Nel suo diario, alla pagina dell’8 luglio 1986, Keith Haring scriveva così: «I miei disegni sono perfetti per essere tradotti su computer perché la linea di disegno è già molto vicina all’idea di pixel».
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