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Koo Jeong A, Stars above the tree – Pinksummer
Arte contemporanea
Per chi vive a pane e arte contemporanea, avere a che fare con un’artista come Koo Jeong A è una mano santa. Diciamo che se Ernesto Calindri sorseggiava il suo amaro al carciofo contro il logorio della vita moderna, noi del settore potremmo “spararci” una personale dell’artista coreana per sopravvivere a quello dell’arte contemporanea. E se tutto questo entusiasmo vi rende scettici, è solo perché non siete stati ancora da Pinksummer, a farvi largo tra gli acrilici Seven stars. Esclusivi protagonisti della sua nuova personale in galleria, Stars above the tree.
Seven stars sono lavori di un’onestà disarmante. Un’onestà alla Koo Jeong A. Ovvero, non ascrivibile all’area concettuale del minimalismo, piuttosto a quella di un sistema espressivo votato alla concisione, che è sicuramente uno dei punti forti dell’artista coreana. Koo Jeong A, infatti, non ti riempie gli occhi di cose superflue; lei che l’input del “less is more” – abusato da qualsiasi media, il povero Ludwig Mies van der Rohe nella tomba ci si deve essere girato tante di quelle volte – l’ha recepito e messo in pratica più volte. Sempre lei che, di conseguenza, si spende – senza sprechi esuberanti – per tessere le fila di un progetto. E che, come nel caso di questa personale, adotta forme e geometrie avendone cura, una sorta di rispetto. Rispetto complementare a una pratica artistica socialmente inquadrata. E, in questo senso, vagamente neo-costruttivista.
“E quindi uscimmo (non) a riveder le stelle”. Koo Jeong A e l’inquinamento luminoso
Koo Jeong A è l’artista internazionale mimetizzata tra la folla. Koo Jeong A una di noi. Una che lavora sull’accessibilità dei contenuti visuali, e che dipinge una stella come chiunque altro, con le classiche cinque punte e in acrilico, ovviamente giallo. Su tele di juta grezze, che producono un contrasto indovinato tra cielo e terra, tra un giallo siderale e un marroncino naturale, ruvido come la corteccia di un albero. Soluzione iconograficamente semplice per affrontare un tema complesso, quale quello dell’inquinamento luminoso. L’altra faccia dell’inquinamento planetario, che ci nega il buio, rendendoci invisibili le stelle. Quelle vere.
Dal canto loro, quelle allegoriche di Koo Jeong A non devono trarre in inganno. O meglio, è quella loro elementarità a non dover trarre in inganno. Con Stars above the tree è tutta questione di confidenza. Una volta presa, ci si accorge che il background figurativo si fa ben più articolato, e che l’artista pare aver lavorato la “stella” secondo uno schema vettoriale. Mirando, quindi, a mantenere inalterata la riconoscibilità dell’immagine base, al netto di qualsiasi variazione dimensionale e prospettica. Ogni variazione, questo lo apprendiamo da Francesca Pennone di Pinksummer, frutto peraltro di uno studio attuato dall’artista tramite realtà virtuale.
Tornando coi piedi sul pavimento della Pinksummer, l’insieme è sufficiente a restituire un’atmosfera dove l’acrilico giallo è puro pulviscolo. Aggregato, o in fase di aggregazione, fino a formare stelle che investono lo spazio schizzando da una parte all’altra. Stelle che, prima di schizzarsene in giro, devono fare i conti con quello a due dimensioni di loro stretta competenza.
Per chiudere in bellezza, parliamo quindi della bi-dimensione, vincolo pittorico che spiana la strada verso uno spazialismo in salsa Koo Jeong A. All’interno di una tela che, come per Fontana (peraltro oggetto di citazione nella stella/taglio di luce in fondo alla saletta), non è trattata da elemento costrittivo, ma qualificante della propria indagine.