In Puglia, nella Grecia salentina, compatta area geografica e linguistica comprendente 12 comuni, insiste Castrignano dei Greci, che Kora, centro per le Arti visive contemporanee, ha da qualche anno reso uno dei borghi del contemporaneo più attivi e interessanti del Mezzogiorno d’Italia. Sede di Kora e fulcro dell’attività espositiva di Ramdom – associazione che a Kora ha dato vita – è il Palazzo Baronale De Gualtieris, imponente edificio seicentesco, al tempo stesso residenza nobiliare e struttura fortificata, emblema di un potere che fu ed oggi spazio dedicato alla sperimentazione, alla pluralità di voci, alla contaminazione e soprattutto alla condivisione. Un luogo tanto chiuso in passato quanto aperto nel presente.
Sarà anche per questo radicale cambiamento di funzione (e fruizione) degli ambienti che la prima riflessione di Kora, generata oltre due anni fa e ancora oggi in corso, è stata quella sull’abitare, sulla casa intesa come spazio del vivere ma anche condizione identitaria, situazione comunitaria e sociale. Un pensiero non esauribile nella casa come luogo fisico, circoscritto seppur estendibile a piacimento, dalla singola stanza a un intero paese, ma inteso anche come entità simbolica e archetipica – Castrignano come borgo ideale – e come sede della comunità o di più comunità che lo abitano. Per questo, di sovente, le iniziative promosse da Kora oltrepassano le porte del castello per occupare l’intero centro storico, andando a caratterizzare, anche in forma permanente, strade ed edifici.
La riflessione sull’abitare, vasta e multiforme, è partita nel 2021 con la mostra Home sweet home e, dopo Parla del tuo villaggio, prosegue oggi con La terra nostra è un mostro di mare, a cura di Claudio Zecchi e Paolo Mele, terzo capitolo di una ricerca che caratterizzerà l’attività di Kora anche nei prossimi anni. La mostra, visibile fino al 16 dicembre, apre un biennio investigativo sul Mediterraneo provando a indagarlo da prospettive differenti. Il percorso espositivo parte dal piano terra con l’installazione di Marie Hervè ed Elsa Martinez, La terra: piatta, il mare: piatto, lavoro che nel titolo, oltre che negli elementi, rivela già il tema d’indagine dell’intera mostra.
Partita da una performance realizzata nell’ottobre 2022 nel parco delle pozzelle di Castrignano, luogo singolare, in cui acqua e terra si incontrano in un paesaggio immaginifico, l’installazione combina oggetti, immagini e fonti d’archivio, con materiali scenici, il più importante dei quali è un lungo drappo azzurro. Si determina così un cortocircuito visivo in cui il vero infonde nel finto e ciò che non è diviene più attendibile e rassicurante di ciò che è. Un panorama umano è invece quello che si delinea nell’opera acustica Scarcagnuli di Riccardo Giacconi e Carolina Valencia Caicedo. Nel racconto di storie personali s’intrecciano esperienze, riti collettivi e folklore, componendo un inusuale e inaspettato dipinto acustico del Capo di Leuca, luogo in cui la terra finisce e inizia il mare, in cui il localistico si apre all’universale.
La contaminazione, il superamento dei confini geografici e dei limiti del pensiero, è al centro della riflessione di Gabriella Ciancimino. In Si siz/sea seeds l’artista compone una mappatura delle piante che crescono sulle coste, un itinerario vegetale capace di parafrasare quello umano nel suo continuo adattarsi e ricentrarsi. All’idea dello spostamento e del confronto perpetuo rimanda anche Arrivederci di Ettore Favini. Al centro della riflessione è ancora una volta il Mediterraneo che unisce e divide. Declinando la parola “arrivederci” nelle 19 lingue che si affacciano nel grande bacino, l’artista sintetizza in un’unica installazione la divisione tra le comunità che lo popolano ma nella formula del saluto rievoca anche la possibilità di un nuovo incontro, rivelando nell’apparente divisione la concreta possibilità di una concordia e di una fattiva collaborazione. Il Mediterraneo è protagonista anche in Sea grammar di Runo Lagomarsino. Un’ideale grammatica marina è resa attraverso la crescita progressiva di fori sull’immagine del mare. Una combinazione mutevole che disegna una geografia mai statica, in cui le fratture compromettono l’unità ma si rivelano anche punti di luce attraverso cui ricomporre l’immagine, la stessa o una diversa. Chiude il percorso il video Storia di un albero di Flatform. Dedicato alla quercia vallonea di Tricase, l’opera riflette sulla successione e sull’incontro di genti nel territorio salentino. Tanti individui, tutti con culture, esperienze e lingue diverse, ma accomunati dal medesimo approdo, rappresentato dal maestoso albero sotto le cui fronde la vita continua a scorrere, sempre uguale eppure sempre diversa.
La proposta espositiva di Kora si completa con la mostra di Luigi Coppola, Riarborescenze: prove per un pianeta che attende di germinare, a cura di Lucrezia Cippitelli, Paolo Mele e Claudio Zecchi. Una mostra bicefala, con un intervento indoor, Ex Situ, vincitore della decima edizione dell’Italian Council. L’installazione, realizzata nella Repubblica Democratica del Congo, è composta da 12 arazzi in cui sono rappresentate altrettante piante note per le loro proprietà fitorimediative. Attraverso queste si avvia una riflessione sullo sfruttamento del territorio in età coloniale e post coloniale aprendo la via ad un futuro differente, di rigenerazione. Lo stesso tema anima l’intervento outdoor, Vinculum, sparso nelle via di Castrignano, in cui la rappresentazione degli ulivi rimanda al dramma della Xylella e all’impellente necessità di ristabilire con la terra un rapporto più coscienzioso e armonico.
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