La calda estate dell’arte a Tokyo: guida tra musei, gallerie e atelier della capitale giapponese

di - 8 Agosto 2024

Un veloce rispolvero di matematica elementare: le proporzioni. Descrivere la scena artistica di una grande città sta a Tokyo come “complesso” sta a “impossibile”. Come una baguette sta alla cucina molecolare. Come una bicicletta sta a una sonda aerospaziale. Mastodontica e schizofrenica, la capitale del Sol Levante conta più di 39 milioni di abitanti, una superficie pari a 8500 km2 e la volontà dichiarata di spingersi sempre un po’ più in là, qualsiasi sia la frontiera da abbattere. Orientarsi, nonostante l’innegabile barriera linguistica, non rappresenta un problema e già da una rapida esplorazione dei quartieri più frequentati è facile intuire che la città ha la capacità di assorbire agevolmente le esigenze di chiunque: ogni nicchia di mercato, comunità, controcultura, possibilità economica, preferenza, espressione di sé e così via. Le strade brulicano di un’infinità di pedoni frettolosi ed accaldati, accomunati unicamente dalla proverbiale compostezza, ciascuno rigorosamente abbigliato secondo una precisa estetica, diretto, immagino, alla frequentazione di un preciso ventaglio di locali pubblici o privati in perfetta sintonia con le proprie propensioni personali. C’è l’imbarazzo della scelta, basta decidersi.

Tokyo

Immaginiamo ora di applicare questa stessa osservazione al sistema dell’arte: ne risulterà un ambiente articolato, popolato da migliaia di organismi simbionti – che nell’economia delle proporzioni di cui sopra, rappresentano tutti i musei, le gallerie, le fondazioni, gli enti pubblici, gli spazi privati, indipendenti, spesso ibridi, della megalopoli nipponica. Lungi dal voler approntare un rendiconto onnicomprensivo di questa realtà babelica, preferisco raccontare con consapevole inesaustività un percorso libero, fatto di osservazioni e menzioni speciali, in modo da delineare una guida del tutto parziale fatta di attività da tenere a mente, nel caso in cui ci si trovi a passeggiare, nel corso dei prossimi caldi mesi estivi, tra le strade di Tokyo. Buon viaggio!

Musei a Tokyo

Parrebbe scortese non cominciare menzionando i musei, che costellano numerosi tutta l’area metropolitana ma si raddensano principalmente nell’area sita a nord-ovest della Baia, in corrispondenza di Ueno Park. Usciti dalla fermata omonima della metro e superato il rituale dedalo di attraversamenti pedonali, si accede allo storico parco il cui viale d’ingresso è costellato da un’inebriante florilegio di ortensie blu. Proseguendo in linea retta, guidati dalla colorata piantumazione, è impossibile non intravedere all’orizzonte l’austero Museo Nazionale di Tokyo, la cui sede ospita la più importante collezione nazionale d’arte tradizionale giapponese. Alla sua sinistra, nelle immediate prossimità della fontana, troneggia il National Western Art Museum, la cui sede è stata commissionata nel 1959 a Le Corbusier da un ricco filantropo edochiano appassionato di Impressionismo ed Avanguardie storiche. Sul versante opposto si trova invece il Tokyo Metropolitan Art Museum, la cui architettura ipogea ospita una proposta di mostre temporanee piuttosto eterogenee per forma e contenuto. Menzione d’onore per la ricca retrospettiva Giorgio De Chirico: Metaphisical Journey (le cui opere provengono, in buona parte, da collezioni italiane) per l’illuminante contributo alla comprensione delle modalità espositive in Estremo Oriente, che differiscono il più delle volte da quelle occidentali, alle quali siamo certamente più avvezzi, per una squisita indifferenza all’inquadramento cronologico e un’attenzione certamente più spiccata per la tematizzazione narrativa. Nella stessa sede compaiono, come piccole ancelle della grande mostra blockbuster, alcune modeste occasioni espositive più esplicitamente connesse alla scena contemporanea nazionale.

Installation view della mostra Theaster Gates: Afro-Mingei presso Mori Art Center, Tokyo, 24 aprile – 1 settembre 2024. Foto Chiara Spagnol

Usciti dal Parco e incamminatisi verso sud, in direzione dell’effervescente area di Roppongi, è facile incappare in numerose realtà di più recente fondazione, ospitate da edifici progettati da alcuni dei nomi di maggior prestigio nel panorama internazionale. Particolarmente degno di nota è 21_21 Design Sight, un centro espositivo incastonato da Tadao Ando tra la vegetazione lussureggiante di Midtown Garden, la cui programmazione è principalmente dedicata al design, con particolare attenzione alla comunicazione museale in chiave laboratoriale. Poco distante si trova il Suntory Museum of Art, progettato da Kengo Kuma per l’omonimo colosso del whisky giapponese nel contesto di un più ampio complesso che con incredibile eleganza coniuga hospitality, realtà commerciali, culturali e residenziali in un’unica cittadella dove pubblico e privato convivono in osmotico equilibrio. Esperienza simile è quella del vicino Mori Art Museum, sito al 53mo piano della maestosa Mori Tower, cuore pulsante del mega-agglomerato Roppongi Hills, realizzato nei primi anni Duemila con l’obiettivo di dare vita al sogno modernista della “città nella città” lecorbuseriana. Qui, fino al 9 settembre, è possibile visitare la grande personale di Theaster Gates Afro-Mingei, un percorso espositivo denso e articolato che muove a partire da due delle pietre miliari nella ricerca dell’artista di Chicago: la storia della comunità afroamericana, soprattutto relativa alla stagione delle proteste per i diritti civili registratesi tra gli anni ‘50 e ‘60 dello scorso secolo, e la filosofia del movimento artistico e filosofico giapponese Mingei, sinteticamente traducibile come “arte del popolo”. Al termine dell’area espositiva principale si aprono inoltre due project room, ciascuna dedicata a un diverso approfondimento: in questo periodo si tratta della più recente acquisizione del museo, l’installazione video 47 Days, Sound-less di Nguyen Trin Hi e di un focus sulla video arte Taiwanese tra gli anni Ottanta e Novanta. Ridiscesi al pianterreno, è importante non dimenticare di far visita all’imponente aracnide di Louise Bourgeois, Maman, che abita permanentemente il giardino pensile e anticipa la retrospettiva che verrà dedicata all’artista franco-americana il prossimo autunno. Da ultimo, vale la pena di estendere l’esplorazione alla futuristica Azabudai Hills, dove trova sede l’omonima Gallery, che fino al 6 settembre ospita l’onirica retrospettiva Calder: un effet du japonais, con una selezione di più di 100 tra stabiles, mobiles, standing mobiles, olii e carte realizzati tra gli anni ‘20 e ‘70.

Installation view della mostra Calder: un effet du japonais presso Azabudai Hills Gallery, Tokyo, 30 maggio – 6 settembre 2024. Foto Chiara Spagnol

Gallerie a Tokyo

Per chi intendesse approfondire il panorama delle gallerie tokyoite, certamente l’area di maggior interesse sarà quella a Ovest della città. Il percorso comincia nella già citata Roppongi, dove si trova il Piramide Building, un complesso su tre piani che prende il nome dal piccolo solido in vetrocemento che ne decora l’atrio, vagamente riminescente della ben più nota (e imponente) piramide del Louvre. Nonostante l’edificio sia relativamente piccolo per gli standard locali, qui si riscontra un’altissima concentrazione di gallerie di profilo nazionale e internazionale. Al piano terreno troviamo infatti Perrotin, che, a corredo dello spazio espositivo, si è dotata di un piccolo ma frequentatissimo shop nel quale è possibile acquistare edizioni limitate, stampe e una discreta selezione di cataloghi e libri d’artista. Salendo si incontrano poi Yutaka Kikutake Gallery e Zen Foto Gallery. Al terzo e ultimo piano, invece, Ota Fine Arts ー nota in Occidente per aver promosso, per prima, Yayoi Kusama ー e Kotaro Nukaga, con la collettiva Materiality and Language: Explorations in Form and Meaning, con opere di Amadour, Stefan Brüggemann, Jose Dávila, Michael Rikio, Ming Hee Ho e Rirkrit Tiravanija. È invece prevista per settembre l’inaugurazione della nuova sede di PACE gallery presso il vicino urban village Azabudai Hills. Incamminandosi in direzione Shibuya sarà impossibile non passeggiare per le meravigliose vie di Aoyama, uno dei quartieri più vivaci della città, nel quale tra boutique esclusive e concept store peculiari si nasconde una miriade di piccole gallerie come HENKYO, BLUM e NANZUKA UNDERGROUND, la cui programmazione restituisce con estrema immediatezza le preferenze del mercato locale, fortemente legato a un’estetica pop.

Miranda July, F.A.M.I.L.Y. (Falling Apart Meanwhile I Love You), 2024. Tokyo, Prada Aoyama. Foto Chiara Spagnol

Altro

Per brevità racchiusa sotto la più generica delle etichette è una selezione di realtà difficilmente incasellabili, talvolta distanti dalle logiche che in genere imbrigliano gli spazi espositivi in Italia e in Europa.

In questo panorama spiccano, forse per via della maggior spigliatezza con la quale il pubblico Giapponese recepisce la vicinanza tra retail e arte, i casi di Prada e Louis Vuitton, che ospitano, presso i propri punti vendita affacciati sul magnifico viale alberato Omotesando, piani interamente dedicati a vere e proprie mostre. Vale la pena ricordare che l’impegno delle grandi maison in Giappone muove a partire da una visione d’insieme che non registra eguali, a mio avviso, in nessun altro luogo al mondo: una volta entrati in uno di questi luoghi è impossibile non essere sedotti dall’incredibile attenzione dedicata a ogni singolo dettaglio dell’esperienza, che non si limita esclusivamente all’acquisto ma si estende ad ambiti altri. Basti pensare allo straordinario edificio che ospita la boutique e lo spazio espositivo di Prada Aoyama, progettato da Herzog & DeMeuron all’inizio del nuovo millennio, la cui superficie esterna, in vetro e acciaio a trama romboidale, agisce al contempo da pelle e da struttura portante. Qui, saliti al quinto piano, fino al 26 agosto è possibile visitare gratuitamente la personale di Miranda July F.A.M.I.L.Y. (Falling Apart Meanwhile I Love You), un’inedita installazione video multicanale che nasce dalla collaborazione dell’artista con sette performer ed è incentrata sulla percezione del sé mediante la completa revisione dello sguardo macchinico e deformante spesso impostoci dai social media. Menzione speciale anche per la vicina boutique Louis Vuitton, che consente ai visitatori del proprio Espace di saltare la lunga e tediosa fila di potenziali acquirenti, dirigersi direttamente all’ultimo piano, godere della programmazione e, in genere, anche della vista (fa eccezione il caso di Mark Leckey con la mostra FIORUCCI MADE ME HARDCORE FEAT. BIG RED SOUNDSYSTEM, visitabile fino al 18 agosto prossimo, in occasione della quale l’intero spazio è stato quasi completamente oscurato). Passeggiando in questo stesso quartiere, non è infrequente incappare in interventi artistici anche nelle vetrine dei vari flagship store: esempio illustre in questo senso è Comme des Garçons, la cui visionaria direttrice creativa Rei Kawakubo commissiona regolarmente installazioni site-specific che non prevedono l’esposizione di abiti in vetrina ma sole opere d’arte.

Installation view della mostra di Mike Leckey FIORUCCI MADE ME HARDCORE FEAT. BIG RED SOUNDSYSTEM presso Espace Louis Vuitton, Tokyo, 28 febbraio – 18 agosto 2024. Foto Chiara Spagnol

Spazi d’artista

Numerosi sono anche gli spazi no profit più strettamente legati alla ricerca. Tra questi spicca certamente TOKAS Arts and Space Residency Tokyo, un progetto nato due decenni fa da una costola del Museo d’Arte Contemporanea per sopperire a un gran numero di esigenze connesse all’indagine e all’esplorazione delle più recenti tendenze. Noto principalmente per il programma internazionale di residenze per artisti e curatori, l’ente ha in gestione anche uno spazio espositivo indipendente (TOKAS Hongo) oltre che una porzione del Museo stesso, dove al termine di ciascuna residenza viene ospitata una restituzione finale in forma di mostra.

Se dopo una visita all’Aritzon Museum, passeggiando tra le rare architetture primonovecentesche di Ginza, dovesse venirvi voglia di curiosare tra gli studi d’artista, sarà possibile farlo presso lo spazio di Tokyo Midtown dedicato ai vincitori dell’omonimo Award per l’anno corrente: qui, durante i mesi estivi, gli artisti Kanata Goto e Chisato Matsumoto esporranno al pubblico le proprie opere e il work in progress relativo alla produzione realizzata durante i mesi di residenza presso lo spazio.

Tokyo extra tip

Per gli appassionati di libri: fondamentale la tappa all’Ogaki Bookstore di Minato-Azabudai. Considerata la discreta difficoltà nel rintracciare librerie fornite di volumi in inglese a Tokyo, questo negozio è una vera e propria oasi, uno scrigno zeppo di periodici giapponesi e internazionali che vanta una raffinatissima selezione di pubblicazioni in diverse lingue relative all’arte, alla fotografia, al design, all’architettura ma anche alla grafica, alla moda e molto altro. Esausti dopo il lungo peregrinare? È certamente il momento giusto per trovare ristoro presso l’artist-run space Lavender Opener Chair/ Tomei ad Arakawa, una galleria-ristorante aperta nel 2020 dagli artisti Tatsuhiko Togashi, Yoko Pinkham e Yohei Watanabe, dove è possibile, allo stesso tempo, visitare una mostra e godersi un delizioso piatto tipico della provincia Yamagata.

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