“Roma, cinta dal suo inferno di borgate, è in questi giorni stupenda: la fissità, così disadorna, del calore è quello che ci vuole per avvilire un poco i suoi eccessi, per denudarla e mostrarla quindi nelle sue forme più alte” scrive Pier Paolo Pasolini a Silvana Mauri nell’estate del 1952, una fissità che oggi ripropone alla mente una distanza e un isolamento aberrante vissuto nelle proprie abitazioni durante il primo lockdown di marzo, mentre la primavera sbocciava e il cielo contornava la città dei suoi toni più pieni, mostrandone il vincolante fascino, l’inafferrabile complessità priva di lusinghe.
Da questa Roma rinchiusa dalla pandemia da Covid-19 prende avvio il progetto, in progress, “Roma Nuda” a cura di MINIERA: un’indagine visuale, discorsiva, immaginaria e sonora sulla città di Roma e il suo linguaggio artistico, nel tempo sospeso che ha interrotto l’ostinato formicolare del suo carattere metropolitano.
Una Roma nuda, aperta e manifesta, si dispiega in attributi ed essenze multiple all’interno degli ambienti di SPAZIOMENSA in un’espressione, una chiave magica, come definita dai curatori, presentata in occasione della pubblicazione del libro Roma Nuda. 60 conversazioni sull’arte e del dvd Roma Nuda. 60 minuti di suoni e visioni, a cura rispettivamente di Giuseppe Armogida e Marco Folco.
Una realtà composita, stratificata, contraddittoria viene declinata in forme espressive concordi, affini, rivelata e radunata, oltre ogni ulteriore separazione, in variazioni caotiche e magnificenti, in percorsi sinestetici, in proiezioni entropiche o tensive, attraverso il sovrapporsi simultaneo di suoni, immagini, parole in una cromia volitiva e vibrante.
Le parole di Giacinto Scelsi, tratte da Il Sogno 101, scorrono in un writing continuo, come una traccia architettonica leggera e labirintica in cui ci si addentra attraversando una complessione di modalità sensoriali, che quasi annulla l’orientamento nell’irraggiamento percettivo.
Stratificazioni di veli tessono muri incorporei da cui filtrano rubri bagliori che pervadono lo spazio, trasfigurandolo, caratterizzando i passi e le movenze del fruitore, immerso in un enigma conoscitivo, contraddittorio ed esplorativo, un luogo di intersezioni e tangenze con il contesto romano, nella complessa e molteplice connessione di sguardi tra arte, vita e cultura.
Roman Variations di Michel Auder, in un compendio diaristico libero e sfingeo, cattura paradossi e mutamenti, timbri, metriche e dinamiche della Roma sul finire degli anni ottanta, vissuta dall’artista durante il suo anno di residenza nella capitale.
Auder coglie meccanismi, espressioni, substrati, figurazioni e musiche mass mediali, consumate sul territorio urbano.
La classicità del mondo antico, l’impronta epica e gloriosa della storia si alterna alla quotidianità, al mercato di Campo dei Fiori, alla pubblicità e alle sue derive erotiche, al panorama urbano inconfondibile che rimane spettatore di una vita insistente, frammentata, sofisticata e decadente.
Nell’installazione video Wandering Eye di Panoram l’occhio/finestra, nell’ambiguità del punto di vista, indaga e vaga nell’indistinto azzurro al di là di un orizzonte visivo riconoscibile, misurabile, oltre un orientamento dimensionale, snodandosi in una collisione percettiva che coinvolge lo sguardo del fruitore, aspirando a proporsi come porzione d’immagine dell’istante a-temporale, intorno alla soglia che si interpone alla realtà del finito.
Nell’incisione sonora di Khalab, posta su muro, partiture cuneiformi su piani ritmico-spaziali disegnano rigorose risonanze acustiche, pulsazioni vibrate in associazione alla materialità formale, dislocata simmetricamente su piani fisici, sonori, visivi, in accordo con la ritmata cromia sanguigna che occupa e domina spazio e tempo dell’intera esposizione.
Nella foto di Mario Schifano scattata a Roma da Antonio Carmelo Erotico nel 1989, ristampata dalla casa editrice Union Editions, il punto di vista si rivolge all’irriverente e ironico stato di attesa o fittizio obnubilamento ipnotico dell’artista, nell’imprescindibile unione della città e dei suoi protagonisti, nelle sue connessioni distanti e dissimili che riportano ad un mondo artistico intenso, penetrante, allucinato, canzonatorio e spietato.
Absit omen del duo Heroin in Tahiti, partendo dalla locuzione latina dal valore apotropaico in risposta a predizioni avverse, citata nel titolo del brano estratto dall’album Sun and Violence, riportano un’atmosfera stravolta che racchiude sibili vorticosi, echi di un prodigio dalla memoria ancestrale, che conquistano lo spazio in voragini fessurate di coscienza atavica, trasposte in percezioni psichedeliche che si fondono con l’acceso cromatismo espositivo, dal richiamo alchemico.
A fronte della compagine espressiva Roma nuda, libro e dvd omonimi sono esposti come mappatura temporanea, in progress, della realtà artistica romana transgenerazionale, che ne indaga i principi ispiratori, le visioni, gli attimi esplorativi di creatività ludica, le sperimentazioni e le sue relazioni interne, in una lettura-visione-ascolto multiforme.
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