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La guerra della Marlborough Gallery: così chiude una storica galleria d’arte
Arte contemporanea
di redazione
I litigi capitano anche nelle migliori famiglie dell’arte e, quando succede, è un vero impero, faticosamente costruito, quello che crolla: la Marlborough Gallery, dopo 80 anni di lavoro ad altissimi livelli, chiude tutte le attività. A partire da giugno 2024, non rappresenterà più artisti e proprietà, non organizzerà più mostre e chiuderanno le sedi a New York, Madrid, Barcellona e Londra. Proprio nella città inglese la Marlborough Fine Art fu fondata, nel 1946, da Frank Lloyd e Harry Fischer. Nel corso degli anni, la galleria aveva consolidato il suo raggio d’azione e nel 2019 si poteva anche annunciare un ulteriore ampliamento, in vista di un nuovo spazio newyorchese, a Chelsea, in aggiunta agli altri due già attivi. L’anno successivo, però, un litigio famigliare doveva ridimensionare i piani, portando anche alla diffusione di varie voci su una possibile chiusura definitiva che, adesso, è stata confermata.
In 80 anni di lavoro, la Marlborough Gallery ha sempre rappresentato i nomi forti della storia dell’arte, dai maestri della fine del XIX secolo, come Edgar Degas, Paul Signac, Claude Monet, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Auguste Renoir, Vincent van Gogh ed Egon Schiele, ai pittori rivoluzionari del Dopoguerra, come Francis Bacon, Lucian Freud, Philip Guston, Robert Motherwell e Jackson Pollock. Durante gli anni ’90, la Marlborough fece un altro passo pioneristico, decidendo di esporre in Europa l’arte contemporanea cinese. Tante anche le grandi mostra organizzate insieme ai musei, come una retrospettiva di Paula Rego al Museo Reina Sofía di Madrid, nel 2007.
Nel 2019 la galleria aveva rinforzato la sua presenza a New York, dove aveva aperto la prima sede già nel 1963 diventando di fatto una delle prime mega gallerie con spazi sparsi in diversi Paesi. Ma poi arrivò la pandemia: secondo quanto riportato all’epoca (ne scrivevamo più precisamente qui), Gilbert Lloyd, figlio del fondatore di Marlborough ed ex direttore della filiale londinese della galleria, aveva organizzato i suoi piani per rovesciamento il nipote di Frank Lloyd, Pierre Levai, presidente della galleria e comproprietario del fondo fiduciario.
In quel periodo, Levai era ricoverato in ospedale per le complicazioni dovute al coronavirus. Max Levai, figlio di Pierre, dichiarò che mentre il padre lottava tra la vita e la morte, il Consiglio di Amministrazione aveva sfruttato la situazione a proprio vantaggio, per chiudere definitivamente la galleria di New York. Tra marzo e aprile gran parte del personale di Marlborough fu licenziato o messo in congedo a marzo, segno che le acque iniziavano a intorbidirsi. E infatti, nel settembre 2020, Max Levai citò in giudizio due membri del cda di Marlborough, Stanley N. Bergman e Franz Plutschow, collaboratore di lunga data dei fondatori della galleria, per il tentativo di rovinare la sua reputazione e mettere in crisi i suoi rapporti d’affari. Nello stesso momento, la Marlborough fece causa a Max e Pierre Levai, insieme all’ex vicepresidente della galleria, Pascal Spengemannl, e John Helmrich, il suo ex direttore finanziario, per presunta cattiva gestione dei fondi.
Le dispute legali sarebbero state risolte ma gli strascichi – anche finanziari – sono stati fatali. «Dopo una lunga e attenta considerazione, abbiamo preso la decisione che ora è il momento di porre fine ai nostri quasi 80 anni di azienda. Siamo profondamente grati a tutti gli artisti che sono stati al centro della Marlborough Gallery e parte integrante della sua storica eredità. Siamo in debito con i nostri dipendenti, compresi quelli che continueranno a lavorare con noi mentre chiudiamo l’attività. Nel farlo, siamo consapevoli che la straordinaria ampiezza e profondità del nostro inventario testimonia i rapporti formati nel corso dei decenni con alcuni degli artisti più importanti dell’era moderna», ha dichiarato Plutschow.
L’inventario della galleria sarà venduto nei prossimi anni, una parte del personale rimarrà nelle sedi di Marlborough per aiutare a restituire gli oggetti ai proprietari e a gestire le vendite, assicurando una transizione graduale per gli artisti. La galleria ha affermato che una parte del ricavato della liquidazione sarà donata a istituzioni culturali senza scopo di lucro che sostengono gli artisti contemporanei.
Il valore del suo inventario e dei suoi beni non è stato reso noto ma, secondo quanto riportato da diverse fonti, il deposito di fotografie, opere su carta e dipinti di Marlborough conterebbe migliaia di pezzi e potrebbe valere circa 250 milioni di dollari. La galleria ha anche proprietà immobiliari negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Spagna.