La natura non dimentica: la residenza di Roberto Ghezzi alle Svalbard

di - 6 Settembre 2023

«Le ore trascorrono lunghe ed eguali per tutte le creature dell’Artico. L’Artide è un immenso, ininterrotto arco di tempo, rotto soltanto dal suono di ghiacciaio che cede, una pinna che fende la superficie, i battiti del mio cuore», Roberto Ghezzi.

Un tempo la natura è stata la dea dell’ispirazione, poi è stata sostituita dalla visione intimista dell’essere umano ed ora è una fonte di energia da sfruttare. Non è un mistero che immensi datacenter sono spuntati perfino ai confini del Circolo Polare Artico. Le nostre memorie digitali sono conservate in questi enormi container proprio come aveva predetto Charlie Brooker. Intanto i ghiacciai, che in sé contengono la memoria e l’equilibrio di un pianeta, a causa del riscaldamento globale, da noi causato, tra qualche anno potrebbero scomparire. Stiamo sostituendo le nostre memorie con quelle della natura?

Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023

Roberto Ghezzi, ci crede ancora. Il suo è un approccio geo-artistico che si avvale del metodo scientifico. Attratto dai fenomeni naturali, da due decenni Ghezzi realizza installazioni e ricerche supportati da studi sull’ecosistema e sulla biologia in parchi e riserve naturali di tutti i continenti. L’ultimo progetto di residenza, alle Isole Svalbard, a cura di Mara Predicatori, è iniziato il 12 luglio, in particolare allo Spitsbergen Artists Center, in Norvegia e si è avvalso della collaborazione del CNR ISP-Istituto Scienze Polari, ricevendo il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura a Oslo.

Abbiamo intervistato l’artista per farci raccontare questo viaggio visionario, della durata di circa un mese, nel paesaggio artico, dove è più facile incontrare un orso che un umano.

Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023

Hai fatto numerose residenze artistiche, anche e soprattutto in luoghi remoti del pianeta. In cosa si differenza, l’ultima, sulle isole Svalbard?

«Le Svalbard sono il luogo più vicino al Polo Nord che io abbia mai visitato. A differenza della Groenlandia, o dell’Alaska, in queste isole c’è la forte consapevolezza di essere solo e soltanto ospiti temporanei. L’Uomo è qui l’ultimo arrivato, e non è facile avventurarsi da soli fuori dall’unico centro abitato – Longyearbyen- senza assumersi molti rischi. Non ci sono sentieri, strade o ponti, non si può prevedere l’arrivo di un orso polare o l’apertura di un crepaccio o più semplicemente un fiume che all’andata era un piccolo torrente può trasformarsi in poche ore in una massa d’acqua insuperabile. Tutto ciò ha influenzato la mia ricerca artistica e stimolato molte riflessioni sul rapporto uomo- wilderness».

Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023
Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023

Cosa sono per te le Naturografie?

«Le Naturografie sono un’idea, prima di essere ricerca, opera, concetto. Sono l’espressione, per utilizzare le parole di Mara Predicatori, la curatrice del progetto, del mio senso per il “sublime”. Nelle mie opere esso non è nella tela terminata, ma in premessa: nell’ammissione di non rappresentabilità del paesaggio. Io rinuncio a tradire con la mia mano quell’imponderabile. Il sublime, nella sua poetica, è in tutto quel rituale performativo, alchemico ed epifanico, che permette alla natura di darsi per quello che è poiché la mano e la mente umana non sono mai sufficienti alla sua comprensione».

Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023
Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023

Rispetto al precedente The Greenland Project, frutto di un’altra residenza presso la Red House di Robert Peroni a Tasiilaq in Groenlandia, anche in quest’ultima residenza hai realizzato le Naturografie ma avvalendoti di un procedimento particolare. Ce ne parli?

«In Groenlandia ho preso in prestito la tecnica della cianotipia al fine di far scrivere il ghiaccio su supporti in carta, cosa che sarebbe stata impossibile, data la trasparenza dell’elemento in questione, con gli strumenti classici della Naturografia. Ma il concetto era identico. Alle Svalbard ho cambiato ancora, realizzando Naturogafie su supporti digitali, attraverso delle micro videocamere installate su delle zattere da me costruite, lasciate scendere libere attraverso i canali di fusione dei ghiacciai: in altre parole, è stato il ghiacciaio stesso, nella fase dinamica del suo cambiamento di stato, a realizzare le riprese. Una Naturografia su supporto digitale».

Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023
Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023

Per quanto il tuo lavoro sia molto esplorativo e meditativo, lavori in gruppo. Quanto la solitudine è importante nella tua ricerca.

«La solitudine è il cuore stesso dell’esperienza, l’unica strada che mi permetta di avere un dialogo autentico con il paesaggio che attraverso. La ricerco sempre nei miei progetti, nei miei studi, spesso anche nella mia vita privata. Purtroppo non è sempre possibile, talvolta a causa della logistica della spedizione, o per le dimensioni delle installazioni, o per le leggi di un determinato paese».

Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023
Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023

Sostenibilità ambientale. Un tema importante e ormai un’emergenza globale. La scienza ci aiuta a monitorarla, l’arte cosa può fare? Può puntare al cambiamento?

«Sì, un tema importante che non può essere più ignorato e che andrebbe affrontato con molta onestà. Anche la sostenibilità va molto di moda in questi anni.  Dalle aziende, ai programmi elettorali e quindi anche alle tendenze artistiche contemporanee, tutti ne parlano, ma credo che soltanto una ricerca autentica e strutturata possa contribuire veramente alla causa. Modificare i punti vista, risvegliare le coscienze, commuovere le persone. Tutto il resto sono parole al vento».

Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023
Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023

La natura con le sue forme plastiche ha da sempre ispirato gli artisti. Cosa muove un artista a voler “riprodurre” anche solo un pezzo di universo?

«Nel mio particolare percorso c’è una volontà di dar voce a quel “pezzo di universo” più che riprodurlo. Dopo averlo disegnato, descritto, attraversato, credo che l’unica cosa che mi resti da fare, per apprezzarne il mistero senza per forza volerlo (invano) svelare, sia lasciarlo scrivere. Semplicemente, liberamente, sulla mia carta, sulle trame del mio lino, sul mio hard-disk».

Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023
Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023

Tra le collaborazioni c’è anche un videomaker, che ruolo ha il video nel progetto?

«Leonardo Vianello Mizar, il video maker che mi ha accompagnato nella spedizione, si è occupato delle riprese aeree con il drone per documentare il mio lavoro quotidiano nel ghiacciaio. Visto che gran parte della produzione della residenza sarà in formato video, ho voluto che un videomaker ne potesse restituire anche la fase performativa. E poi c’è da dire che le Svalbard dall’alto sono pazzesche».

Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023
Roberto Ghezzi, The Polar Stream, 2023

In un’epoca dove l’AI è capace di riprodurre qualsiasi cosa, come collochi il tuo lavoro?

«Agli antipodi della riproducibilità (nel senso lato del termine). L’artificio cede completamente il passo al mistero della Natura. Che, per il momento e sempre nel senso più lato dei termini, mi risulta non riproducibile, non rappresentabile e fondamentalmente non comprensibile. Ma anche fondamentalmente meravigliosa. Sì, può sembrare spiazzante, ma, parafrasando illustri versi, è pur sempre un dolce naufragio in questo mare».

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