Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci, 1967-2013 polistirene, resina e acrilico 300x450x150 cm ©A. Lacirasella
Nel 1947, ben quattro anni dopo il bombardamento, la sala delle Cariatidi di Palazzo Reale di Milano viene finalmente ristrutturata. Simbolo di una bellezza complessa, resistente, in grado di sopravvivere e di testimoniare la resistenza meneghina di fronte alla violenza della guerra; nel 2023 ricorreranno gli ottant’anni dalla distruzione della Sala delle Cariatidi, la stessa decadente e maestosa sala dove 70 anni fa Picasso esponeva la grande tela Guernica. I lampi e le sue grida lanciavano un messaggio politico gigantesco: fu Picasso a volerla collocare proprio sotto le lesene e i ballatoi sbriciolati nell’esplosione, clausola vincolante per accettare di portare il dipinto in Italia. La testa del Minotauro, presente nella tela della Guernica, è la stessa che abita il labirinto, percorso costruito dall’artista che è oggi invece protagonista dell’arte contemporanea – e di questa sala.
In occasione del 90esimo dell’artista, la mostra, a cura di Fortunato d’Amico, tocca alcuni luoghi simbolo milanesi, andando a cucire spazi espositivi diversi l’uno dall’altro ma che condividono la filosofia di Pistoletto. Le opere del maestro, ormai divenute patrimonio collettivo, hanno contribuito al patrimonio artisti o del nostro tempo. L’artista, figlio dell’Arte Povera, ha continuato a sviluppare, dagli anni ’60 in poi, soluzioni artistiche sperimentando con i più svariati materiali, con l’intento di coinvolgere totalmente lo spettatore all’interno dell’opera.
Il Terzo Paradiso, centro della fase più recente del suo lavoro, analizza il conflitto umano espresso attraverso la creazione di una nuova realtà: il labirinto, luogo di perdizione e di ritrovamento, rappresenta in questa mostra un viaggio di trasformazione personale contenente le sfaccettature presenti in ognuno di noi. All’interno di questo sinuoso cartonato troviamo le altre opere iconiche, come i celebri Quadri Specchianti, la Venere degli Stracci, la Mela Reintegrata, tutte allestite dall’artista secondo un suo personale flusso di pensieri.
Provare a rendere attuale un’espressione utopica, il titolo della mostra La Pace Preventiva si propone di anticipare positivamente una realtà irraggiungibile ma potenzialmente a portata di tutti. Pistoletto come un moderno Messia, mira alla piantagione di un seme che genera potenziale ottimismo. Tutto parte dal segno-formula della Trinamica, assunto anche come simbolo del Terzo Paradiso, creato da tre cerchi allineati, dove i due cerchi esterni rappresentano tutti gli opposti e comunque ogni dualità, il punto di incontro è il presente – simbolo contrapposizione dell’assoluto – poiché due elementi si sono creati dividendosi e creando uno spazio neutro in cui si combinano. Milano città-museo apre suoi i musei scientifici per altre tre installazioni dell’artista, presso il museo di Storia Naturale con Adamo ed Eva, il Civico Planetario Ulrico Hoepli con Auto Ritratto e infine l’acquario civico con Mar Mediterraneo – sedie Love Difference, opera che tratta il tema delle acque e apre ad ampie dissertazioni culturali.
Una mostra di cui l’allestimento si propone come opera d’arte completa in sé, insegnando come il percorso caotico sia la parte fondamentale per il raggiungimento della pace finale. Eliminando l’individualismo e promuovendo la collaborazione, l’artista prova a comunicare ancora una volta come la responsabilità sociale e l’arte possano essere parte di un’unica strada. Nel suo “La formula della creazione”, appena pubblicato per Cittadellarte Edizioni Biella, Michelangelo Pistoletto racconta la forza creatrice, trasformativa, salvifica dell’arte, l’unica e ultima utopia che ci resta.
È un periodo di grande esposizione istituzionale per Pistoletto, da Roma a Milano disseminato in mille luoghi diversi. In un momento in cui l’arte è dappertutto, e rischia di perdere la sua scintilla originaria, è ancora possibile trovare l’ispirazione in un’opera d’arte per cambiare la nostra realtà? Non possiamo essere solo spettatori, siamo chiamati a entrare nelle opere per trasformarle ed esserne trasformati. La strada della salvezza però non può essere individuale, è solo collettiva e comunitaria; necessario per i protagonisti in gioco variare, mutarsi, arricchirsi e generare conversazioni che non partono da un unico piedistallo.
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