La prima volta è il nome che il Centro Pecci ha dato al weekend, dal 5 al 7 maggio 2023, in cui, oltre a inaugurare Eccentrica, le collezioni del Centro Pecci, la prima esposizione permanente di una selezione delle opere in collezione nell’ala grande Nio, e Volevo Vedermi negli Occhi (visitabile fino al 15 ottobre 2023), prima mostra personale in un’istituzione di Lina Pallotta, ha aperto le proprie porte a momenti di riflessione sul contemporaneo, unendo diverse discipline e modalità educative. Si sono avvicendate infatti conferenze, racconti aperti al pubblico sulla prima volta con l’arte contemporanea, workshop per bambini come Animani di Mario Mariotti, il dj set di Mary Gehnyei per La prima notte eccentrica 2023, proiezioni di opere video come Broken Words di Adrian Paci e il film Lobo e Cão di Cláudia Varejão.
Per rendere più chiare le operazioni attuali del Centro Pecci è utile vedere le intenzioni iniziali che hanno mosso la creazione di questo grande museo di arte contemporanea, il contesto nel quale è sorto e l’ottica nella quale la popolazione pratese è inserita. Innanzitutto, la città di Prato negli ultimi secoli ha trovato la sua fortuna nella lavorazione del tessuto e nella capacità di reinventarsi a partire dalla valorizzazione dello scarto tessile, per rispondere alle necessità di una società in piena espansione. Lavorare nel sistema moda presuppone anche una visione che non sta nel presente ma si sposta in avanti, il più possibile, per cercare di comprendere che cosa potrà essere di tendenza negli anni futuri. Nasce qui, in una comunità fatta da imprenditori, aperta alle migrazioni, alle contaminazioni e alle sperimentazioni, il Centro Pecci come un luogo per la città e per i cittadini in cui poter riflettere sul contemporaneo e leggere lo stato attuale della cultura: in maniera sorprendente, già nel 1988, data della sua inaugurazione, il museo si era aperto non solo all’arte contemporanea, ma anche ad altre espressioni artistiche e culturali come musica, danza e performance.
«Sin dagli inizi, l’attività di collezionismo del Centro ha voluto testimoniare la storia dell’istituzione e il suo impegno a promuovere e diffondere la cultura contemporanea. Con il sostegno dell’imprenditoria, le collezioni si sono formate in risposta alle esposizioni, ai lasciti di privati e alle scelte di direttrici e direttori», commenta il direttore Stefano Collicelli Cagol. Infatti, il punto di partenza dell’intenso weekend al Centro Pecci è Eccentrica. Le collezioni del Centro Pecci, una selezione di opere e materiali provenienti dalle loro collezioni che occupa in modo permanente l’ala grande Nio del museo, il cui display è firmato dallo studio di design Formafantasma e progettato secondo i principi di sostenibilità e accessibilità.
Il progetto espositivo risulta, a un primo sguardo, molto invadente nello spazio: una morbida moquette arancione accoglie il pubblico e lo accompagna per alcuni tratti della mostra, mentre un tendaggio in tono divide l’ala del museo in diverse sezioni. Come nel caso del Guggenheim di New York, la circolarità dell’architettura non permette l’utilizzo di buona parte delle pareti perimetrali, perciò la mostra si articola principalmente nella parte centrale, e talvolta attraverso soluzioni allestitive non convenzionali, come nel caso Ri de Pomme di Julian Schnabel, appesa quasi orizzontalmente al soffitto. La grande tela, come sostiene una guida del museo, può essere vista comodamente sdraiati sulla soffice moquette. Lo spazio è stato quindi ideato per essere dinamico e inclusivo, come testimonia l’area dedicata agli eventi, immersa tra le opere delle collezioni, e la serie di ripiani lungo tutto il percorso per accogliere materiali, che renderanno accessibile da più persone la fruizione delle opere e dei documenti, grazie a una co-progettazione con la ASL e altre associazioni del territorio, come l’Unione Italiana Ciechi e l’Ente Nazionale Sordi, nell’ambito di un progetto finanziato con i fondi del Pnrr.
Eccentrica. Le collezioni del Centro Pecci mostra oltre 50 opere tra le circa 1200 acquisite o donate dal 1988 a oggi, divise in 4 sezioni che richiamano il concetto del tempo e dei materiali, presentando artisti, artiste e medium molto differenti. «Questa eterogeneità costitutiva definisce la natura eccentrica del Centro Pecci e rivela, oggi, tutta la sua forza, esautorando il museo dall’impresa impossibile di rappresentare in modo onnicomprensivo la storia dell’arte contemporanea o di confinarla nella rappresentazione di singoli movimenti. Ne rivela però anche i limiti, come la predilezione per una specifica zona geografica (Europa, Stati Uniti, Ex Unione Sovietica) e per una linea perlopiù “maschile” della creazione artistica, una consuetudine che chiede un cambio di passo», ammette ancora il direttore.
La capacità e la maturità di evidenziare i propri limiti e attuare strategie per superarli è un toccasana per le istituzioni, non solo culturali. Così, il Centro Pecci inaugura anche Volevo vedermi negli occhi, mostra personale di Lina Pallotta che presenta una selezione di quasi 80 fotografie del progetto Porpora, scattate a partire dal 1990 a Porpora Marcasciano, attivista trans. La mostra, curata da Michele Bertolino e Elena Magini e con l’allestimento di Giuseppe Ricupero, vuole raccontare la storia di Porpora, attraverso attimi della sua vita, trasmettendo tangibilmente il concetto “il personale è politico” espresso da Carol Hanisch. Ogni scatto racconta sia momenti intimi di Marcasciano, sia il rapporto d’amicizia tra l’attivista e la fotografa, che soprattutto qualcosa di davvero delicato: una quotidianità non ordinaria, che resiste ogni giorno per sopravvivere, che trasuda di fatica, che solo il rapporto umano e l’amore in senso lato possono alleviare. Volevo vedermi negli occhi diventa così, anche grazie all’allestimento, un racconto universale che parla di identità che non rientrano negli schemi dettati dall’economia, dalla società o dalla politica, costantemente messe in pericolo e marginalizzate. Allo stesso modo, però, racconta un fatto tanto banale quanto meraviglioso, ossia che è l’unione e l’affetto tra esseri umani che crea una collettività in grado di accogliere e di migliorarsi grazie alla molteplicità.
La sperimentazione, l’apertura, l’attenzione alle pratiche contemporanee, la volontà di raggiungere più pubblici eterogenei fanno del Centro Pecci un esempio per molte altre realtà nazionali. É sorprendente che questi fossero gli intenti che avevano mosso anche il suo fondatore, l’imprenditore tessile Enrico Pecci, ma d’altronde si dice “andare dritto filato”.
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