La radice del vento, nella exchiesetta: a Polignano, il progetto di Flatform

di - 3 Luglio 2022

Succede da dieci anni che, a Polignano, oramai notissima località turistica pugliese, una chiesetta medievale ospiti interventi di arte contemporanea, coinvolgendo artisti di fama nazionale e internazionale. È la chiesa di Santo Stefano, piccolo gioiello di architettura religiosa in pieno centro storico, caratterizzata da una semplice facciata con campanile a vela, un vano unico suddiviso in due campate pavimentato con lastre in pietra calcarea e la parete absidale rivolta al mare. Un luogo con una storia antica e un recente passato ancor più importante. La chiesa infatti non solo è tra i luoghi simbolo della Puglia immortalati nel 1987 da Luigi Ghirri nell’ambito del suo “Viaggio in Italia”, ma è anche il luogo scelto dai genitori di Pino Pascali (Bari, 1935), originari di Polignano, per ricordare il figlio all’indomani della sua tragica morte.

A partire dai primi anni Settanta la chiesa ha ospitato gli interventi di Jannis Kounellis, Maurizio Mochetti, Vettor Pisani, Vincenzo Agnetti, tutti insigniti del Premio Pascali, ideato dai genitori del talentuoso artista per perpetuarne la memoria. Una storia quella del Premio ripresa in tempi recenti dalla Fondazione polignanese che pure porta il nome di Pascali e che alla storia dell’ex chiesetta si collega direttamente. Oggi Exchiesetta è divenuto un luogo dell’arte contemporanea pugliese, un prestigioso punto vetrina giacché gli interventi che in esso si realizzano sono visibili solo attraverso la porta d’ingresso. Uno spazio con annesso format espositivo promosso e sostenuto da Cultour, società impegnata nel turismo culturale, che fino ad oggi, nelle installazioni site specific che si sono succedute, ha interpretato ogni mezzo espressivo, dalla scultura al video, dall’assemblaggio alla light art. Dal 2012 ad oggi nello spazio si sono succeduti, tra gli altri, gli interventi di Gianni Caravaggio, Goldschimied & Chiari, Giuseppe Teofilo, Rebecca Ward, Adeline De Monseignat, Metthew Mcwilliams e Driton Selmani.

A segnare il decennale, dopo gli interventi di Ibrahim Mahama (Tamale, 1987), vincitore della XXII edizione del Premio Pascali, e di Raffaele Fiorella (Barletta, 1979), è la volta di Flatform, artista collettivo nato nel 2006 e attivo tra Milano e Berlino, che alle spalle ha premi in numerosi festival ed esposizioni in contesti prestigiosi: Centre Pompidou di Parigi, Museo Hirshhorn di Washington DC, MAXXI di Roma, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, Museum of Contemporary Art di Zagabria, Palazzo Grassi di Venezia, Eye Filmmuseum di Amsterdam, per citarne alcuni.

Carico di paradossi, il suo lavoro sonda le logiche percettive e il funzionamento del senso comune mostrando l’assenza di un confine netto tra sondabile e insondabile. Una ricerca condotta sul limite, in cui la realtà non è fissa e immutabile ma si trasla in paesaggi ideali, nati dalla combinazione di più scenari, possibili e impossibili insieme. In questa ricerca, al tempo stesso filmica e installativa, agenti atmosferici ed elementi vegetali assumono spesso ruoli da protagonisti.

Flatform, La radice del vento è l’arte, Exchiesetta Polignano

Il vento in particolare, già protagonista in Non si può nulla contro il vento, film presentato nel 2010 alla Mostra del Cinema di Venezia, torna ad esserlo nel lavoro pensato per Exchiesetta intitolato La radice del vento è l’arte, a cura di Carmelo Cipriani, il primo pensato dall’artista in autonomia da un lavoro video e non in legame con esso. L’opera si compone di due parti indipendenti, addirittura antitetiche, eppure legate tra loro da un rapporto di reciproca verifica. La parte antistante, costituita da piante mosse dal vento, è mobile e naturale, quella retrostante, composta da sculture e dipinti realizzati dallo stesso artista, è immobile e artificiale. La prima muovendosi lascia intravedere la seconda, componendo un organismo visivo in cui velare e disvelare, adombrare e scoprire non sono in contrapposizione ma complementari.

«Il pensiero si costruisce non solo quando la cosa in sé si vede ma anche quando è celata», asserisce Flatform. Una macchina ventosa che, a seconda delle condizioni climatiche, riflette e contraddice quanto avviene all’esterno. La parte antistante è testimonianza del vento, quella retrostante, lo è dell’arte. Di entrambi, vento e arte, non è possibile percepire l’essenza pura, ma solo gli effetti. Ambedue generano ed è ciò che determinano che noi percepiamo come forma ultima, concreta e tangibile. L’inaugurazione è fissata oggi alle 19. L’installazione è visibile, 24 ore su 24, fino al 21 agosto.

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