L’accelerazione che questo periodo ha impresso sui sistemi di interazione alternativi a quelli ordinari, e che noi concepivamo come usuali, si è palesata progressivamente in tutti i campi. Anche il settore artistico ha subito notevoli variazioni e adeguamenti. Le nuove tecnologie hanno rafforzato i rapporti tra artisti e fruitori, migliorando la capacità di comprensione e valutazione dell’opera nonostante l’aumento delle distanze e la relativa divisione causata dal distacco fisico che ha investito questo intervallo storico. È originale il caso di Vera Canevazzi Art Consulting, che tramite lo sviluppo di tre nuovi servizi digitali di realtà aumentata, Augmented Reality Gallery, Augmented Reality Advisory e Augmented Reality Exhibition, ha migliorato la qualità dell’interazione digitale, perfezionando la fruizione a distanza. Ne parliamo con l’ideatrice di questa progettualità, Vera Canevazzi.
Qual è il vantaggio, rispetto alle altre forme di interazione multimediale, che questa tecnologia apporterà al sistema arte?
«Per comprendere un’opera d’arte e goderne pienamente abbiamo bisogno di vederla davanti a noi, di relazionarla al nostro corpo, alle altre opere e allo spazio in cui è allestita, di percepirne i volumi e la consistenza materica. Le gallerie virtuali o le viewing room – soluzioni più ampiamente adottate da parte di gallerie e fiere a partire dal 2020 – non riescono a colmare il divario che si è creato tra un’opera visibile solo digitalmente e il suo pubblico. Negli spazi virtuali le opere sono renderizzate all’interno di luoghi fittizi: la fruizione rimane così nella sfera dell’immaginazione e si perdono i reali rapporti materici tra l’arte, il contesto spaziale e il visitatore. Rapporti che sono invece mantenuti integri attraverso l’uso della realtà aumentata: tramite l’utilizzo di dispositivi elettronici è possibile vedere le opere nei propri spazi, nelle loro dimensioni reali, movimentandole liberamente, visionandole in ogni lato e scegliendone la collocazione finale. Ritengo che questa tecnologia sia destinata a essere sempre più sfruttata nel sistema dell’arte, non solo come alternativa a una mostra fisica, ma anche in suo supporto. Per quanto riguarda la nostra esperienza abbiamo notato numerosi vantaggi nell’utilizzare la realtà aumentata: sia la prima mostra in AR dedicata a Riccardo Ten Colombo (Cromoblock, a cura di Ilaria Bignotti), che quella attualmente online di Matteo Giuntini (Hidebehind, a cura di Caterina Frulloni, fino al 15 settembre) sono state molto apprezzate dal pubblico, dalla critica, dagli artisti e dai collezionisti. Abbiamo inoltre raggiunto studenti e giovani appassionati che, attratti dalle nuove tecnologie, hanno avuto occasione di approfondire la ricerca degli artisti da noi promossi».
Qual è la motivazione che ti ha spinto a implementare questa tecnologia in supporto al mondo dell’arte?
«Nella mia attività ho sempre cercato di creare delle connessioni tra arte, architettura e design: ritengo sia impagabile poter avere il privilegio di collocare un’opera nella sua destinazione finale, tenendo in considerazione tutti gli elementi con cui si rapporterà. La maggior parte delle gallerie o degli artisti, invece, vendono le opere senza considerarne l’allestimento o la collocazione, scelte che vengono lasciate completamente ai collezionisti. All’estremo opposto vi sono i siti di interior design, con opere prettamente decorative che possono essere selezionate in base al colore, alla dimensione e possono facilmente essere intonate al proprio divano. Ma perché dover rinunciare a uno di questi aspetti e non poterli far convivere? La realtà aumentata riesce in questo intento. Nella sezione AR del nostro sito proponiamo mostre curatoriali di artisti dal profilo storico-critico molto interessante, con opere uniche realizzate appositamente per noi. Opere che possono inoltre essere godute anche all’interno dei propri spazi, grazie alla realtà aumentata, e perché no, valutate in relazione ai propri arredi. Nell’attuale esposizione dedicata all’artista livornese Matteo Giuntini, abbiamo voluto creare un bestiario fantastico, seguendo il tema di un essere leggendario del folklore americano, lo Hidebehind, che si nasconde sempre dietro alle proprie vittime. Allo stesso modo la pratica formale dell’artista, crea i propri racconti visivi nascondendo progressivamente i propri soggetti, che grazie alla pratica della cancellazione assumono ibridazioni inconsuete e improbabili».
Come può avvantaggiare gli artisti ed i collezionisti?
«Le mostre in realtà aumentata permettono una maggior fruizione, potendo raggiungere anche un pubblico dislocato geograficamente. È uno strumento ideale laddove non vi sia la possibilità di vedere un’opera dal vero. Dal mio punto di vista in futuro dovrebbe essere adottata una formula mista, con le opere visibili sia dal vivo che in AR. Da settembre, infatti, ci dedicheremo a diversi progetti espositivi online – on site, il primo dei quali, dedicato a Pawel Wąsowski, si terrà sia negli spazi di IAGA Contemporary Art in Romania, che nella sezione AR del nostro sito web (Temples of This Time, a cura di Ilaria Bignotti e Vera Canevazzi).
Vi sono inoltre diversi vantaggi relativi all’allestimento di una mostra, sia in una galleria che all’interno di un museo: in questo ambito noi utilizziamo i visori per la realtà aumentata HoloLens 2 di Microsoft, strumento che può essere molto utile per musei e fondazioni, oltre che un aiuto prezioso per le consulenze di acquisizione di privati. Questi “occhiali” permettono di visualizzare più opere contemporaneamente (mentre tramite cellulare è possibile vedere solo un quadro alla volta) e di poterle liberamente movimentare nello spazio, permettendo così di dimezzare le tempistiche decisionali e di evitare i pentimenti e i buchi nei muri».
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Condivido l'idea di proporre le opere d'arte ANCHE in AR (perché non dire RA?), così come fruire contemporaneamente di più forme d'arte ( arti visive, testi e musica) in una performance che diventi un inedito video-registrato.