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La realtà disattesa dalle parole: tre domande a Flavia Tritto
Arte contemporanea
di redazione
Un aggettivo che definisce uno stato moderato, tanto climatico che emozionale. E anche una indicazione geografica, il nome di un fiume che restituisce un’idea immediata di mitezza. E invece, dietro alle parole si nasconde spesso una realtà inaspettata. Tiepido, dal latino tepere, è il torrente romagnolo che, secondo la leggenda, trarrebbe il proprio nome dal sangue versato nelle proprie acque, tanto copiosamente da intiepidirle, dai caduti della battaglia della Fossalta, combattuta nel 1249 tra lo svevo re Enzo e l’esercito del Comune di Bologna. Da questo inaspettato che si riflette dalla storia ai luoghi, attraverso le parole, prende il titolo la mostra di Flavia Tritto, visitabile al CRAC di Castelnuovo Rangone. L’esposizione, curata da Maria Chiara Wang, sarà visitabile fino al 29 gennaio 2023 e parte da una ricerca condotta dall’artista, nata nel 1994 a Bari, sulle specificità del territorio, indagando il divario tra l’atteso e il disatteso. Che rapporto intercorre tra realtà, significante e significato? Cosa ci si aspetta pensando al torrente modenese e al suo appellativo e cosa si riscontra, invece, perlustrandone il corso? Ne abbiamo parlato con Flavia Tritto in questa intervista.
Quali sono la genesi e lo sviluppo del progetto espositivo Tiepido, ovvero da cosa nasce l’idea e come l’hai portata avanti adattandola allo spazio?
«Quando vengo invitata a produrre nuovi lavori in contesti che non conosco, mi piace partire da uno studio del territorio e delle sue specificità, per far sì che le opere siano generate dall’incontro tra me e la mia ricerca da un lato e il luogo e chi lo abita dall’altro. Così ho cominciato a fare ricerca su Castelnuovo Rangone imbattendomi, quasi subito, nel Torrente Tiepido. La sorpresa e lo stupore provate per l’origine del suo nome prima, e nel trovarmi di fronte a un campo rigoglioso invece che ad un corso d’acqua poi, sono state le micce che hanno innescato il processo creativo. L’opera è nata, quindi, dalle mie risposte emotive all’esperienza del luogo. All’aspetto più ‘sensibile’ si è poi intrecciato lo studio dei fiumi e dei torrenti, che mi ha portata a riflettere sulla complessità e sull’indefinibilità dei corsi d’acqua.
Per quanto riguarda il rapporto con il CRAC Spazio Arte, ho ideato l’intero progetto – curato da Maria Chiara Wang – in funzione della modalità di fruizione specifica di questo spazio, che avviene esclusivamente dall’esterno attraverso le due vetrine. Ho pensato immediatamente alle due stampe fotografiche – una in formato ritratto e l’altra in quello tipico del paesaggio – e poi alla dimensione testuale, realizzata anche per aiutare la fruizione dell’opera da parte del pubblico passante, potenzialmente poco avvezzo ai linguaggi dell’arte contemporanea. L’idea stessa di lavorare ad un’installazione luminosa è stata una risposta alle condizioni spaziali, ovvero alle numerose ore di buio che caratterizzano il periodo invernale nel quale la mostra sarà visitabile».
Arte ed ecologia, arte e ambiente: se e come può la prima può soccorrere la seconda?
«L’arte che si occupa di ambiente ed ecologia dev’essere un’arte particolarmente attenta, che adotti un approccio che non oggettivizzi ciò di cui parla ma che esplori senza invadere. Ho provato a tenere a mente questi principi nella realizzazione del progetto espositivo “Tiepido”, lasciando il torrente omonimo fluire e modellare il lavoro stesso con il suo scorrere.
Confrontarmi con il Tiepido nel luogo dove questo scorre ha comportato il mio inserirmi nella relazione tra gli abitanti e il loro paesaggio. Per questo ho provato a lavorare sulla componente relazionale proiettandomi in un’ipotetica futura passeggiata di una persona del posto lungo il fiume. Come cambia l’incontro con il torrente dopo averlo incontrato anche attraverso il mio lavoro? Magari la voce dell’installazione potrà stimolare nuovi sentimenti e riflessioni lungo i suoi argini? O magari le luci potranno dare un volto diverso al paesaggio? L’arte che gioca con l’ambiente, per me, deve spingere ad avere occhi sempre nuovi, deve complicare e demistificare, invitando a instaurare relazioni diverse e profonde con gli elementi naturali, senza “alterizzare” la natura, tematiche da me già esplorate nella personale “Extensa” (Museo Nuova Era, Bari (2020)».
Locale e globale: come si armonizzano queste sue dimensioni nella tua ricerca, ovvero perché la necessità di partire dal territorio per affrontare tematiche globali?
«Come già detto, mi piace sempre partire dal territorio per creare opere figlie del nostro incontro. A questo aggiungo che una delle funzioni dell’arte è anche quella di ridare valore ai luoghi nella quale si colloca, soprattutto quelli periferici e meno noti. Le sfide della contemporaneità sono globali e interconnesse, pur mantenendo ognuna le proprie specificità, e non c’è ragione alcuna per cui certi luoghi siano da ritenere più simbolici, rappresentativi e meritevoli di attenzione di altri. Essere nel mondo vuol dire prestare attenzione a ciò che ci è prossimo, con la curiosità di esplorare come questo si intersechi con tematiche e urgenze globali. La scoperta del Tiepido è stata un’occasione per immergermi e testare questioni ecologiche, identitarie e storiche che mi stanno a cuore, questioni che desidero condividere attraverso il mio lavoro».
Biografia di Flavia Tritto
Flavia Tritto ha completato il Master in Fine Art presso il Central Saint Martins a Londra. La sua pratica artistica si snoda tra performance, video e installazione, con componenti spesso partecipate, articolandosi nell’interrelazione tra teoria e processo. Identità, (inter)soggettività, percezione del sé e degli altri sono al centro della sua ricerca, con l’obiettivo di toccare il pubblico a livello cognitivo ed emotivo.
Ha preso parte a mostre collettive e realizzato progetti partecipativi nel Regno Unito e in Europa, tra cui due eventi al Tate Exchange della Tate Modern e una mostra al Centre de la gravure et de l’image imprimée de La Louvière in Belgio. Ad agosto 2019 è stata artista in residenza presso il Banff Center in Canada.