La riscoperta del tempo saccheggiato: due mostre di Giuseppe De Mattia

di - 28 Novembre 2024

La memoria e il presente sono due dimensioni che continuano a intrecciarsi in un dialogo incessante, attraverso gli oggetti. C’è chi li carica di significato, chi invece sembra allontanarsene, come per scambiare ingombranti eredità, per smania di nuovo. In entrambi i casi, però, la materia si conferma elemento di connessione tra passato e presente, aspetto tra i più centrali della ricerca di Giuseppe De Mattia. L’artista, infatti, attraverso la sua ricca produzione artistica, riflette sul valore della memoria, scandagliandola tramite la ricerca di oggetti e la riproduzione di pratiche e consuetudini tradizionali, legate al Sud Italia. Operazioni che si misurano, quasi sempre, con istanze sociali, culturali ed economiche, le stesse che, secondo De Mattia, determinano le dinamiche interne al panorama artistico contemporaneo.

Tombaroli Maledetti: il senso del tempo per Giuseppe De Mattia

Il rapporto tra collettività e ciò che resta del passato, si fa evidente nella mostra Tombaroli Maledetti, curata da Massimiliano Scuderi, presso Spazio Sei, promossa dalla Fondazione Zimei di Pescara, in corso sino al 2 dicembre 2024. Al centro di questa riflessione, il modo con cui gli oggetti, sottratti e ridotti a merce, vengono privati del loro contesto originario e, con esso, del loro significato profondo. Il gesto del saccheggio, spesso animato da fini illeciti o collezionistici, nella visione di De Mattia, diventa una metafora della nostra relazione con la memoria storica. La sottrazione degli oggetti, seppur inizialmente violenta, non è fine a se stessa: è un tentativo di interrogare la nostra capacità di conservare e attribuire valore al passato.

Giuseppe De Mattia, Tombaroli Maledetti, veduta della mostra, ph. courtesy l’artista, fondazione zimei e spazio sei
Giuseppe De Mattia, Tombaroli Maledetti, veduta della mostra, ph. courtesy l’artista, fondazione zimei e spazio sei

Attraverso una combinazione di installazioni, pittura e segni linguistici, le opere di De Mattia sollecitano il visitatore a riflettere sul senso di appartenenza e di perdita che segna il nostro rapporto con il passato. Ogni elemento presente nel percorso, evoca una memoria sottratta, incapace ormai di raccontare la sua storia originaria; come un oggetto rubato che, una volta privato del suo contesto, perde gran parte del suo valore simbolico. È qui che si innesca, inevitabilmente, il gioco sarcastico, riconoscibile cifra espressiva di De Mattia: il rapporto tra l’artista e il “tombarolo”, diventa allegoria del processo creativo. Mentre il tombarolo cerca e distrugge, l’artista evoca e restituisce. Il titolo stesso della mostra è un sagace monito, contro la violenza della decontestualizzazione, un avvertimento circa la velocità con cui l’arte viene consumata, rischiando di essere svuotata di senso. Allo stesso tempo, il furto di oggetti fisici, diventa il simbolo di un’appropriazione culturale, privando il passato della sua ricchezza simbolica.

Giuseppe De Mattia, Tombaroli Maledetti, veduta della mostra, ph. courtesy l’artista, fondazione zimei e spazio sei
Giuseppe De Mattia, Tombaroli Maledetti, veduta della mostra, ph. courtesy l’artista, fondazione zimei e spazio sei
Giuseppe De Mattia, Tombaroli Maledetti, veduta della mostra, ph. courtesy l’artista, fondazione zimei e spazio sei

Visita di cortesia: un ambiente-dispositivo da Banquet Gallery

Se con Tombaroli Maledetti l’artista utilizza gli oggetti per esplorare la violenza della loro decontestualizzazione, si concentra sul loro valore intimo e domestico con Visita di cortesia, altra personale dell’artista, a cura di Enrico Camprini, presso Banquet a Milano, in corso sino al 30 novembre. Un richiamo alle brevi visite dei rappresentanti commerciali, il titolo della mostra, ma anche, evocazione di tradizioni remote nella cultura del Sud Italia, dove la ritualità del quotidiano attraversa spazi domestici, connotandoli fortemente.

Giuseppe De Mattia, Visita di cortesia, veduta della mostra, ph courtesy galleria banquet Milano

L’allestimento della galleria, concepita come un’abitazione, diventa happening e ritrovo conviviale, invitando l’osservatore a entrare in ambienti che riproducono scenari domestici. Un salotto e un banchetto immaginario, con una lunga tavolata apparecchiata di ceramiche, recanti ognuna elementi figurativi, dipinte dall’artista per l’occasione.

Giuseppe De Mattia, Visita di cortesia, veduta della mostra, ph courtesy galleria banquet Milano

La pratica di De Mattia sembra essersi qui declinata in tutto il suo eclettismo, spaziando dalla conoscenza artigianale, all’ingegno del riuso, fino alla riproduzione di pratiche conviviali. Le opere, prodotte in grande quantità per questo progetto, entrano in relazione con gli elementi d’arredo, rendendo lo spazio un apparato scenico, dove sembra essersi svolta una cena privata, la sera precedente. Ogni oggetto porta con sé una traccia di memoria, che continua a rinegoziarsi nel presente, come Coppa Nuziale, un grande recipiente di ceramica decorata esternamente con ghirlande che evocano lo spirito della festa e raffigurante, al suo interno, una coppia. Poggiata su un comodino ligneo, su cui De Mattia ha dipinto un colibrì, simbolo di un’esperienza vissuta in Centro America, del cui ricordo troviamo il racconto nel cassetto, scritto su un bigliettino. Un amuleto, connesso alle tradizioni popolari, da cui il suggestivo titolo Colibrì porta fortuna per Vignola.

Visita di cortesia, Colibrì porta fortuna per Vignola detail ph. courtesy galleria banquet Milano

Si conferma, così, la predilezione dell’artista nell’uso di tecniche e materiali misti: nel salotto, sono esposte grandi tele, realizzate con tessuti di corredo, lenzuola e tende ricamate, acquistate nei mercati. Su di esse, un intervento con il gesso ha sbiadito parte del tessuto, allusione ai tentativi di cancellazione di forme tradizionali ancora vive, minacciate dall’oblio della mercificazione.

Nel susseguirsi degli ambienti, riprodotti come all’interno di un qualsivoglia perimetro domestico, ci si imbatte in moltissimi oggetti. Ad esempio, nella figura “dell’invidioso”, scultura lignea, munita di un intervento di terracotta, dipinta a mano, raffigurante chiunque non sia stato invitato alla cena. L’ambiente-dispositivo rende possibile restituire agli oggetti il loro valore simbolico, perché emblemi di dinamiche socioculturali remote ma vive nel presente. Le ceramiche, le stoffe, i dipinti e gli elementi d’arredo, formalizzano una riflessione estesa che, partendo dalla memoria, attraversa le consuetudini e finisce per interrogarsi sul suo stesso ruolo, nel contesto del capitalismo globale.

Giuseppe De Mattia, Visita di cortesia, veduta della mostra, ph courtesy galleria banquet Milano

Come nel caso di Tombaroli Maledetti, dove il furto diventa una metafora del saccheggio della memoria storica, in Visita di cortesia l’artista indica il rischio che la tradizione venga ridotta a un consumo superficiale, senza più il valore che le è proprio. Il filosofo Byung-Chul Han, in Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose, evidenzia proprio come la nostra epoca abbia perso la capacità di “indugiare”, di fare esperienza della durata, vivendo il tempo. In un mondo che privilegia l’azione e la velocità, la memoria diventa sempre più un bene consumabile, privo di profondità. Le opere di De Mattia, attraverso il dualismo passato- presente, formulato in gesto e linguaggio, ci invitano a tornare a “quell’intervallo” che, seppur rischia di apparire lento, è l’unico in grado di rendere piena la nostra esperienza dell’esistenza.

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