“Da molti anni lavoro senza sosta a Le Storie della Vera Croce, ma né Agnolo Gaddi a Santa Croce a Firenze né Piero Della Francesca in San Francesco ad Arezzo sono i miei miti”, afferma Luigi Presicce (Porto Cesareo – LE, 1976; vive e lavora a Firenze) quando gli vengono chiesti maggiori dettagli sulla mostra e su quali sono i suoi riferimenti, soprattutto pittorici. Perché è dal 2012 che ha iniziato a mettere insieme il materiale per questa straordinaria installazione allestita all’interno del Padiglione 9B del Mattatoio di Roma, che, dopo “La sottigliezza delle cose eleva” di Andrea Galvani, accoglie la seconda mostra del ciclo Dispositivi Sensibili a cura di Angel Moya Garcia.
“Preferisco collaborare con attori non professionisti – continua Luigi Presicce – perché gli attori non sempre riescono a sostenere i lunghi tempi delle mie performance”. Ed ecco, allora, che tra i diversi figuranti, compaiono il papà , parenti, amici, tutti attivi nella costruzione di un racconto, di un pensiero, di una più ampia riflessione che l’artista porta avanti da anni. O meglio, una cristallina constatazione – che compie attraverso la lettura, pressoché comparata, tra gli accadimenti contemporanei e quelli del passato, della nostra storia: nulla è cambiato.
Forse cambiano le metodologie, gli strumenti, le motivazioni, ma alla fine l’uomo combatte delle sanguinose guerre oggi come allora. I dieci episodi/capitoli, narrati attraverso la documentazione video di diciotto performance, si presentano come enormi tableaux vivants dove si fondono innumerevoli riferimenti e richiami alla Storia, con le sue contraddizioni, e allo stesso tempo all’attuale cronaca, alla pittura, alla religione, alla mitologia, all’esoterismo. Unendo sacro e profano, crea nuove e inedite metafore e simbologie, travalicando i rigidi confini tra le varie discipline (con una pratica e attitudine che, in qualche maniera, ricorda e rimanda a Vettor Pisani). Una simbologia che affonda le radici nell’arte italiana del Tre/Quattrocento, e che trae ispirazione dalle vicende della Vera Croce, narrate da Jacopo Da Varazze nella sua Legenda Aurea, nonché dalla Bibbia stessa. In un’equilibrata quanto sapiente fusione di elementi e di gesti comuni, alcuni apparentemente senza senso, calati in scenografie volutamente incoerenti rispetto a quanto rappresentato, con richiami anche alle tradizioni della sua terra, dà corpo a delle rappresentazioni dense, articolate, complesse, cariche di questioni intellettuali. Riprendendo l’oro, che per antonomasia esprime l’atemporalità , nonché l’eternità , inquadra i dieci capitoli, come in una sorta di via crucis, ricreando, attraverso l’atmosfera e un bilanciatissimo allestimento, un’inedita cattedrale (evocando quelle in cui sono custoditi gli affreschi antecedenti), nelle cui navate laterali con cappelle e nell’abside dissemina il suo personale anacronistico racconto. Un racconto lento, che richiede tempo. Tempo per vedere, cogliere e interpretare i numerosi dettagli, allegorie, allusioni, anche simboliche, altresì immaginarie, di cui ogni “quadro”, dominato da un forte carattere metafisico, è cosparso.
“Ad un certo momento, ho messo un punto – racconta Luigi Presicce – ma in realtà potrebbe essere un lavoro infinito”, perché infiniti sono gli accadimenti e le storie. Attraverso La sepoltura di Adamo, posto all’ingresso del Padiglione come la parete della facciata, prende avvio il percorso, che ogni visitatore può liberamente costruire. Dalla bocca di Adamo spunta un albero, l’albero da cui sarà ricavato il legno della Vera Croce e da cui tutto prenderà avvio; al contrario dei successivi, che accolgono più episodi, questo è l’unico tableau composto da una sola performance. Un percorso che si conclude con Ascesa alla vetta di Sant’Elena e del Mago dell’Alba Dorata, ovvero con l’ascesa sul Golgota della madre di Costantino, alla quale si deve il ritrovamento e, quindi, la custodia della Vera Croce; e il Mago, o meglio, Aleister Crowley (1875-1947) cui si deve la creazione del culto Thelema, nonché un’assidua frequentazione con le magiche confraternite come l’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata.
Un andamento che, come nella migliore tradizione rinascimentale, può essere letto anche a ritroso (su tutte le michelangiolesche Storie della Genesi), non perdendo minimamente di significato. Nel mezzo gli altri episodi, quali Sant’Elena ritrova e riduce in pezzi il Sacro Legno, L’invenzione del busto, La caduta di Atlante con Legno a lato diritto e gallo a lato manco, In hoc signo vinces e così via, che compongono la magnifica impresa di Luigi Presicce.
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