Cosa rimane del sogno? In Dreamscape, installazione di Eva Frapiccini recentemente presentata al Museo Madre di Napoli, persistono le voci, che provano a raccontare, a mettere insieme frammenti, che si lasciano andare all’esperienza di una dimensione tanto esistenziale quanto narrativa insolita, magari raramente praticata. Entriamo nell’ampia sala del museo, ne attraversiamo la penombra seguendo un flusso di vibrazioni acustiche emesse da sei altoparlanti disposti a cerchio. Basta questo, pochi, selezionati elementi, per rievocare quel tempo liminale del dormiveglia. Per distinguere le parole bisogna avvicinarsi a ognuno degli amplificatori, prestare orecchio a un dialogo intimo, confidenziale. Ognuno racconta, rivive e fa rivivere a suo modo, persone di diverse età e provenienze, lingue e accenti che si sovrappongono nella drammaturgia sonora inedita, composta dalla sound-artist Sara Berts, tentando di animare gli organismi e le architetture del sogno – scale che non conducono a nulla, porte che non si trovano – a loro volta portano alla vita ulteriori immaginazioni ricorrenti, altri corpi onirici.
A cura di Paola Ugolini, prodotta da AlbumArte e con il contributo di Fondazione Compagnia di San Paolo, l’installazione sonora rappresenta la fase di elaborazione e restituzione dell’archivio audio raccolto nell’ambito di Dreams Archive, un progetto di ricerca internazionale portato avanti da Frapiccini su un lungo periodo, dal 2011 al 2022. In questa occasione, migliaia di persone di diverse aree del mondo sono entrate nella Dreams’ Time Capsule per registrare il racconto di un loro sogno notturno. Ospitato al Polo del ‘900 di Torino, dal 9 al 24 maggio 2023, dopo il Museo Madre di Napoli, il progetto arriverà alla Fondazione per la Cultura – Palazzo Ducale di Genova, dal 6 al 16 luglio (dal 14 al 16 luglio per il Festival Electropark 2023).
«Lo scopo dell’archiviazione era di realizzare un lavoro utopico, raggiungere le persone in differenti aeree del mondo, per registrare i loro sogni notturni, per capire se ci fossero delle immagini comuni, testando l’inconscio collettivo junghiano», ha spiegato l’artista, di origini marchigiane e attualmente docente all’Accademia di Belle Arti di Brera. «Nel corso degli anni, durante votazioni storiche, pandemia, e referendum nazionali, a questa chiamata hanno risposto più di 2300 persone, che sono entrate nella struttura itinerante a Bogotà (Colombia), Il Cairo (Egitto), Stoccolma e Fittja (Svezia), Genova, Bergamo e Torino (Italia), Potsdam e Berlino (Germania), Sharjah e Dubai (Emirati Arabi), Manama (Bahrein), Riga (Lettonia), Wakefield (Regno Unito)».
E come plurali sono le voci che narrano, così sono molteplici le forme assunte, di volta in volta, dal progetto. Nella prima fase, i fruitori sono stati invitati a entrare in una struttura gonfiabile – la Dream Capsule – collocata in varie gallerie d’arte e spazi esterni in tutto il mondo, per raccontare e registrare i propri sogni. Nel 2022, questo archivio è diventato una video-installazione e una performance, Dust of Dreams, realizzata da Francesca Dibiase, Ilaria Quaglia e Valerie Tameu, su coreografie di Daniele Ninarello, che hanno “agito” i sogni. Con Dreamscape, invece, Frapiccini ha tentato un avvicinamento, mettendo al centro dell’opera – oppure, sulla circonferenza – la pratica dell’ascolto, realizzando un’installazione sonora immersiva necessita della presenza del pubblico per essere attivata, rivelando la dimensione universale, collettiva e condivisa di quella strana dimensione che definiamo inconscio.
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