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LA VORÁGINE: la mostra di Santiago Sierra è uno schiaffo al neoliberismo
Arte contemporanea
Certe volte fa male, occorre essere coraggiosi e disposti a guardare. A Milano fino all’8 marzo 2024 è possibile vedere la mostra personale dell’artista spagnolo Santiago Sierra, inaugurata il 18 gennaio alla Prometeo Gallery Ida Pisani. Dal titolo LA VORÁGINE, la mostra riempie gli spazi della galleria con le ultime opere di Sierra, Los Embarrados (2022) e The Maelström (2023), che vengono accompagnate dal testo critico di Marco Scotini.
“Non è vero che sotto la facciata modernizzante del capitale si trova sempre l’odio di classe e la violenza razzista, sessista, segregazionista?”. È ciò che si chiede Scotini introducendo la mostra, è ciò che palesa Sierra raffigurando l’odio, l’alienazione dei corpi e i disequilibri presenti nelle proprie opere.
La mostra racconta il colonialismo, il nuovo colonialismo, e lo fa nel modo più duro possibile, ovvero estremizzandolo, rendendolo parodia di sé stesso e sospendendo ogni giudizio morale. Entrando nello spazio, è possibile fin da subito vedere una selezione di opere in bianco e nero dall’estetica alienante e quasi post apocalittica. Los Embarrados ossia Il fango è un progetto composto da una serie di foto e disegni che ritraggono un ambiente fangoso, un pantano contemporaneo. Le foto mostrano la Mud Runway, lo spazio passerella concepito da Sierra per la sfilata di Balenciaga a Parigi nel 2022. Per l’occasione l’artista declina sotto una nuova forma la House in Mud, opera realizzata alla Kestnergesellschaft di Hannover nel 2005, quando il piano terra dell’istituzione tedesca fu ricoperto da 320 metri cubi di fango e torba.
Nello scenario parigino, nel 2022, l’intero ambiente viene ricoperto dalla stessa sostanza e la passerella diviene un’opera del collasso. Il fango si mostra come materia modellante e l’installazione artistica come un brutale commento politico sulle condizioni servili dei lavoratori, condizioni disumanizzanti che rendono il lavoratore soggetto inerme e oggetto produttivo. Si racconta di prestazioni lavorative al limite, non gratificate, in cui il lavoro viene portato all’estremo e privato del pensiero. Il fango quindi sporca un’élite sociale, un falso immaginario di libertà.
Proseguendo nello spazio ed entrando nella stanza ipogea, ecco che si presenta The Maelström, un video, anch’esso in bianco e nero, accompagnato da un audio tratto da un discorso di Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. “Europe is a garden. We have built a garden. […] The rest of the world, [….] most of the rest of the world is a jungle, and the jungle could invade the garden. The gardeners should take care of it, but they will not protect the garden […] the jungle has a strong growth capacity, and the wall will never be high enough in order to protect the garden. The gardeners have to go to the jungle”. L’audio diventa un mantra, un suono infernale che si ripete fino a quando il video non si trasforma in altro. The Maelström mostra corpi sospesi, corpi sul pavimento e a terra. Sono corpi manipolati, condotti e depotenziati di giovani calciatori gambiani, atti a mimare le posizioni di arresto della polizia come se fossero degli esercizi per allenarsi. Questi corpi, privati del volto, si mostrano e coreografano una danza dell’ordine. “Europe is a garden […]” Ripetuto ad nauseam dà il ritmo a quei corpi fino a che tutto diviene un enorme trip visivo. “The Maelström”, ovvero Il vortice, diviene un caleidoscopio totalizzante dall’estetica cruda e in certi tratti spaventosa. È uno schiaffo morale, un pugno dritto alla bocca dello stomaco dell’osservatore, è la realtà che si palesa senza decori e che mostra la naturalizzazione della violenza neoliberista.
Certe volte fa più male sentire, guardare e accorgersi di essere già dentro quel gorgo sociale. LA VORÁGINE è un percorso contemporaneo, un fare i conti con una realtà in bianco e nero, dove il fango ha già sporcato tutti.