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Labirinti possibili: 11 artisti per la Biennale d’Arte Contemporanea di Alatri
Arte contemporanea
La XXXIV Biennale d’Arte Contemporanea di Alatri, patrocinata e sostenuta dal Comune di Alatri e dal Consiglio Regionale del Lazio, presenta la mostra diffusa e collettiva Labirinti possibili a cura di Valeria De Siero e Davide Silvioli. Il percorso espositivo si snoda in più sedi del centro storico della città: il Chiostro di S. Francesco, l’Acropoli, la facciata di Palazzo Conti Gentili e la Chiesa degli Scolopi. È proposta una selezione di opere di undici artisti di differenti generazioni (1965-1995) attivi sia in Italia che all’estero: José Angelino, Simone Cametti, Paolo Cavinato, Mario Carlo Iusi, Naomi Maury, Alberto Montorfano, Emanuela Moretti, Matteo Nasini, Valentina Palazzari, Francesca Pasquali e Alberto Timossi.
Il titolo della mostra, Labirinti possibili, trae motivo di ispirazione da un affresco medievale presente ad Alatri raffigurante Cristo all’interno di un labirinto. Scoperto nel 1996, all’interno di un cunicolo nei locali annessi al Chiostro di San Francesco, e successivamente sottoposto a un restauro conclusosi nel 2012, è databile tra la fine del XIII e il primo quarto del XIV secolo.
La raffigurazione che si articola all’interno di un grande modulo circolare, si compone di dodici cerchi neri, talvolta non continui, delimitanti corridoi bianchi. Al centro della composizione, all’interno di un modulo clipeato, si trova la figura del Cristo Pantocrator, abbigliato con una tunica e un mantello dorato, in atto di sostenere con la mano sinistra il libro delle Sacre Scritture e, con la destra, rivolta verso l’entrata e l’uscita del labirinto, impegnata nel gesto di benedizione.
L’affresco di Alatri è divenuto oggetto di grande interesse, in considerazione, dell’unicità del motivo iconografico pressocché sconosciuto nella pittura medievale. Quanto all’origine del tema, tra le varie ipotesi proposte, suggestiva è quella di poterlo legare ad elementi propri dell’ordine dei Templari. Certamente l’Ordine francescano e, nella fattispecie, i Francescani alatrensi furono sensibili sia al pensiero di Gioacchino da Fiore che alla spiritualità celestiniana a cui si potrebbe connettere la raffigurazione nel chiostro di San Francesco. Quanto alla paternità dell’opera, la tesi più probabile è quella che sia stato un frate del convento o un artista locale a realizzare il dipinto sulla base di indicazioni avute dall’Ordine.
Tra le raffigurazioni riproducenti il labirinto si può ricordare quella presente nel pavimento della navata centrale della cattedrale di Chartres (XIII secolo) al centro della quale compare un elemento floreale. Ma il tema dell’associazione dell’immagine cristologica al labirinto presente nell’affresco di Alatri rappresenta, di fatto, un unicum.
Labirinti possibili si dipana e si integra con il contesto cittadino e presenta una pluralità di direzioni di ricerca differenti proponendo dei lavori che sono spesso rappresentativi del percorso personale di ogni artista. La mostra mette in dialogo l’arte contemporanea con il patrimonio artistico alatrense e propone al visitatore un itinerario di scoperta e di esplorazione attraverso il centro storico.
In gran parte le opere e le istallazioni sono allestite nel Chiostro di San Francesco, sede deputata ad ospitare le ultime edizioni della Biennale. Ogni ambiente presenta un artista differente: si parte dalla prima sala che ospita Setole (2022) di Francesca Pasquali sino arrivare all’area dove sono esposte quattro grandi tele di Valentina Palazzari, Cappella nel Cristo del Labirinto (2023), che si propongono come un’introduzione ideale ed evocativa rispetto all’affresco di età medievale.
Nell’area dell’Acropoli le opere che incontriamo si inseriscono armoniosamente nel contesto paesaggistico talvolta relazionandosi con l’ambiente che le ospita come le forme scultoree di Alberto Timossi, Trittico (2021), o le opere di Emanuela Moretti, Blocco di sapone in balìa degli eventi (2023), altre volte incorniciando il paesaggio senza tuttavia delimitarne uno spazio preciso, come è il caso di SACROFAGO di Alberto Montorfano (2020), una nicchia rivestita completamente da una foglia in oro.
Dall’Acropoli si scende verso Piazza Santa Maria Maggiore dove sulla facciata di Palazzo Conti Gentili si scorge Ostensione (2021) di Valentina Palazzari, un’installazione che nel suo articolarsi in intrecci tra cavi elettrici e cavi d’ acciaio, crea forme che aprono a diverse possibilità interpretative. Il percorso termina all’interno della Chiesa degli Scolopi, dove, nell’area dell’abside è esposta Come le ninfee (2023) di Mario Carlo Iusi, cinque pannelli disposti a semicerchio la cui illuminazione crea un’atmosfera di luce soffusa davvero suggestiva.
L’intervista ai curatori consente di cogliere con puntualità importanti aspetti dell’originale e articolato progetto ideativo della mostra, il cui catalogo, corredato da illustrazioni delle opere installate, sarà edito da Gli Ori.
Quali sono le novità che la XXXIV Biennale d’Arte Contemporanea di Alatri propone quest’anno?
Valeria De Siero e Davide Silvioli «Da oltre sessant’anni, la Biennale d’arte contemporanea di Alatri costituisce per il territorio un importante momento di apertura verso la ricerca artistica contemporanea nazionale, utile per fare il punto su alcune tendenze. Nelle varie edizioni sono stati presentati lavori di artisti storicizzati quali – fra i molti – Carrino, Castellani, De Chirico, Fontana, Guttuso, Morandi, Vedova, fino alle esperienze più recenti – fra le tante – di Giovanni Albanese, Peter Campus, Iginio De Luca, Emanuela Fiorelli, Ignazio Gadaleta, Paolo Radi, Fabrizio Plessi. Su questa linea, per la 34° edizione, la prima curata da noi, è stata individuata una cerchia intergenerazionale di artiste e artisti, studiatamente differenti per estrazione, formazione e linguaggio, per strutturare una mostra alla cui base non troviamo né un tema né una tecnica, bensì uno sguardo plurale sulla contemporaneità che, sorto da un ragionamento intorno alla nozione di labirinto, ha favorito tale configurazione eterogenea dell’esposizione.
Dunque, oltre a quello rappresentato da un’impostazione fondata su un principio di diversità, un certo margine di novità è riconoscibile nel fatto che il progetto si confronta concretamente con l’identità del luogo. Pertanto, essendo Alatri una città storica, abbiamo voluto enfatizzarne la stratificazione, rendendo la mostra diffusa tra il Chiostro di San Francesco, le cui radici risalgono al Medioevo, l’Acropoli, edificata in un periodo antecedente alla fondazione di Roma, la Chiesa degli Scolopi costruita nel Settecento, il Palazzo Conti – Gentili che dal XIII secolo in poi ha visto interventi rinascimentali e infine ottocenteschi, come testimonia la meridiana murale di Angelo Secchi presente sulla facciata».
Quanto al titolo della mostra, invece, Labirinti Possibili, in che modo riflette la vostra scelta curatoriale?
Valeria De Siero e Davide Silvioli «Nel testo che introduce la mostra abbiamo citato una frase di Elias Canetti, tratta da La provincia dell’uomo (1973). La riportiamo di seguito perché ritengo sia particolarmente significativa per rispondere con pertinenza alla domanda: “La sfida risiede nella possibilità di trovare il cammino attraverso il labirinto del proprio tempo, senza soccombergli ma anche senza saltarne fuori”. Ebbene, ogni periodo storico ha le sue incertezze, in potere di generare nell’individuo e nelle comunità un senso di spaesamento e l’architettura del labirinto, in tal senso, è il simbolo che, più di qualsiasi altro, rispecchia sensazioni di questo tipo. Similmente, l’arte contemporanea, oggigiorno, appare labirintica, in virtù di una pluralità e di una transitività operativa sempre più rilevante.
Allora, se l’invito di Canetti è quello di trovare un giusto equilibrio tra la rassegnazione e la fuga, la mostra, con l’aggettivo “possibili” esprime un duplice significato. In primo luogo, auspica a lasciare aperta la possibilità di orientamento dentro la complessità del labirinto creativo contemporaneo, contrassegnato dal crollo dei confini a ripartizione delle categorie tradizionali; obiettivo qui perseguito attraverso l’inserimento di un apparato critico specifico per ogni opera e tramite la definizione di un percorso lineare, in cui a ciascun artista è dedicato uno spazio comunicante con quello successivo. In secondo luogo, il titolo intende argomentare che il percorso di opere e personalità proposto con questa mostra è uno tra i tanti modi possibili di intraprendere il labirinto del panorama artistico attuale. La visione caldeggiata dalla mostra, pertanto, non pretende di coincidere con l’unica espressione valida a descrivere il tenore di una sperimentazione artistica sempre più sfaccettata ma, ciò nonostante, riesce nel fornirne un’interpretazione estremamente coerente, mediante la presentazione di lavori che intercettano tematiche (interspecismo, percezione, sostenibilità, etc.) e soluzioni tecniche (scultura, new media, video, installazione) sì diversificate ma tutte ugualmente idonee a fotografare lo spirito del tempo presente».
Alla rassegna, visitabile fino al 15 ottobre prossimo, si legano inoltre diversi eventi collaterali. Tra l’1 e il 10 settembre gli artisti Leonardo Antonucci e Matteo Marovino hanno realizzato nell’Acropoli una scultura in marmo coreno ausonio (marmo locale) raffigurante il Cristo nel Labirinto che si lega all’omonimo affresco della chiesa di San Francesco e il 17 settembre si è tenuto un evento in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Frosinone.