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L’Alba dei tempi, a Bari. Secondo Nico Vascellari
Arte contemporanea
«Durante il primo lockdown nel 2020 mi è capitato spesso di pensare che non sarebbe mai finito. Immaginavo di dover rimanere chiuso in casa per sempre, al riparo dal mondo esterno quasi come vivessi asserragliato in una caverna». Spiega così Nico Vascellari (Vittorio Veneto, 1976) l’origine di Alba dei tempi, la sua nuova monumentale scultura, visibile fino al 10 dicembre a Bari, all’esterno del Bastione di Santa Scolastica.
Considerato da molti l’artista del momento, Vascellari si divide tra Roma e New York ed è oggi perfettamente inserito nel jet set artistico mondiale. Definito (pretenziosamente?) da Marina Abramović “il numero uno”, egli è artista capace di esprimersi con mezzi e linguaggi differenti, raggiungendo talvolta risulti notevoli, come in Revenge, installazione ambientale del 2007 composta da un muro di legno e cinquanta amplificatori di diversa dimensione e potenza, che gli ha fatto guadagnare il Premio Giovane Arte alla 52° Biennale di Venezia, imponendolo definitivamente all’attenzione internazionale. Più recentemente, in occasione del secondo lockdown, ha ideato il progetto IONOI: 20 performances domestiche per 20 giorni consecutivi attraverso le 20 regioni italiane.
Un fascinoso progetto corale, non solo capace di raccontare l’Italia attraverso il viaggio della band dell’artista Ninos du Brasil, confermando così il suo duplice interesse per la musica e le arti visive, esplicitato in più occasioni contaminando suoni e performance, ma anche di portare l’arte direttamente nello spazio domestico, nel momento in cui i luoghi deputati a produrre cultura erano chiusi.
Ma torniamo a Bari. Il complesso di Santa Scolastica è luogo con una vocazione espositiva plurima. Deputato dalla Città Metropolitana, che ne è proprietaria e gestore, ad esporre reperti archeologici (è oggi sede del Museo Archeologico cittadino), da anni propone anche ricerche artistiche contemporanee, specialmente quelle in qualche modo attinenti l’archeologia, connotate da forme arcaiche o da specifici legami con il territorio. Tra queste, senza troppi sforzi di memoria, si può ricordare la mostra con i Testimoni di Mimmo Paladino, curata nel 2016 da Clara Gelao, allora direttrice della Pinacoteca Metropolitana, prima che nello stesso spazio approdassero le opere antiche. Forme, quelle di Paladino, di assonanza preromana, memori del Guerriero di Capestrano o delle steli daune, e per questo idonee ad anticipare al pubblico il futuro prossimo dello spazio. E in questo breve racconto che unisce passato e futuro, non si può fare a meno di ricordare che nell’attigua area di San Pietro, la città si appresta ad ospitare l’installazione di Edoardo Tresoldi, voluta dal Segretariato Regionale per la Puglia del Ministero della Cultura, avveniristica trasposizione in alzato dell’antica basilica paleocristiana.
Su questa scia, in cui si ribadisce la perenne attualità del passato, s’inserisce anche il lavoro di Vascellari, forse meno suggestivo da un punto di vista scenografico ma altrettanto calzante sul piano tematico. L’artista plana sulla storia, fino a precederla. Arriva alla Preistoria, al periodo della caccia, della raccolta dei frutti spontanei, ma soprattutto delle caverne, luoghi in cui i nostri lontani antenati erano costretti a rifugiarsi per difendersi dalle minacce esterne. La natura, benigna e maligna insieme, ieri come oggi. Anche nel presente siamo stati costretti a rifugiarsi nelle nostre case per difenderci dalla pandemia, anch’essa risultato della natura, o forse dell’uomo su di essa. Partendo da queste considerazioni, durante la reclusione forzata del lockdown, Vascellari ha iniziato a riflettere sulle forme d’arte delle origini. La sua attenzione si è focalizzata su un graffito di 27000 anni fa, rinvenuto nella grotta di Cosquer, in Provenza, ritraente un pinguino. Da questa immagine primordiale l’artista ha tratto, attraverso la fusione a terra, tecnica scultorea tra le più antiche, una grande lastra in alluminio montata su un supporto, anch’esso metallico, alto cinque metri e largo sei. Le grandi dimensioni non sono fini a se stesse. Nel pensiero dell’artista, vogliono ristabilire il giusto equilibrio tra uomo e natura, lo stesso che esisteva all’epoca dell’uomo preistorico, prima che l’industrializzazione massiva e la tecnocrazia lo compromettessero per sempre. La natura, ci dice l’artista, al tramonto dei tempi (necessaria premessa di una nuova alba) riconquisterà il suo equilibrio con l’uomo, ma, si suppone, a caro prezzo per l’umanità. Una riflessione perfettamente in tema con la travagliata conferenza sul clima di Glasgow appena conclusasi.
Il progetto, sostenuto dalla Città Metropolitana e dal Comune di Bari, è promosso da Glo, brand del gruppo BAT Italia che opera nel settore del tabacco riscaldato. La società ha scelto Bari come seconda tappa di ART&More, piano di promozione dell’arte contemporanea che “mira a promuovere opere e protagonisti del mondo dell’arte, noti ed emergenti, su tutto il territorio nazionale”. Al termine dell’esposizione l’opera sarà donata alla Città di Bari e, con buona probabilità, sarà collocata all’interno del Museo Archeologico di Santa Scolastica. Inoltre, nel corso dell’evento, per sostenere concretamente il mondo dell’arte, duramente provato dalle conseguenze economiche legate alla pandemia, sarà aperta una vendita di merchandising dell’opera di Vascellari in edizione limitata, il cui ricavato sarà devoluto in beneficienza all’Accademia delle Belle Arti di Bari. Un’operazione lodevole che conferma tra l’altro la propensione di Vascellari a porre in diretto contatto la sua arte con il mondo del design, e che compensa il fatto che, in questa specifica occasione, la notorietà e la grandezza dell’artista superino di molto a precipua qualità, estetica più che concettuale, dell’opera.