L’architettura del debito: Christoph Büchel alla Fondazione Prada di Venezia

di - 12 Maggio 2024

Quando nel 2011 Christoph Büchel inaugurava per la galleria Hauser & Wirth il Piccadilly Community Center, non era raro che, tra i partecipanti delle visite guidate nell’esclusivo spazio espositivo londinese, qualcuno si interrogasse sulla natura dei presunti performer intenti a cibarsi nel bar del centro sociale predisposto dall’artista. I direttori che guidavano le visite non mancavano di far notare che nessuno stava recitando ma tutti si erano presentati spontaneamente, in cerca di un pasto. Visitando Monte di Pietà, l’installazione immersiva ideata dall’artista svizzero per la Fondazione Prada di Venezia, si viene ridestati dall’ipnotico susseguirsi di oggetti ammucchiati ovunque, nelle stesse circostanze.

Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada

Alcuni operai discutono su come disporre la merce ancora nel magazzino, altri spostano quella già esposta. Nel via vai che si viene a creare sorge spontaneo cedergli il passo, chiedendosi per quanto la mostra preserverà la composizione attuale. L’assenza di attori, in queste circostanze, dovrebbe sempre farci dubitare della presenza di una scenografia e manifesta i principi alla base della pratica artistica di Büchel, che della verità ha fatto un metodo e della realtà il suo medium.

Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada

Un banco dei pegni fallimentare riempie Ca’ Corner della Regina

L’installazione pentadimensionale, dipanata attraverso il piano terra, il mezzanino e il primo piano nobile di Ca’ Corner della Regina, ricalca, nelle vesti di un banco dei pegni in procinto di fallire, il Monte di Pietà di Venezia. Il progetto di Büchel espande la propria infrastruttura filosofica a partire dall’archeologia architettonica del palazzo, il quale, dal 1834 al 1969, ospitò l’istituzione ecclesiastica dedita all’erogazione di prestiti per i meno abbienti, da cui la mostra prende il nome.

Fin dall’inizio di questa esperienza disorientante si è accolti da una moltitudine di oggetti incoerenti. All’ingresso risalta la portiera di un’auto della Guardia di Finanza e un’apertura su un angusto corridoio ostruito dall’antiquariato, il quale nella sala successiva inviterà il visitatore a essere esplorato per verificare che, svoltato l’angolo, l’illusione – se di questo ancora si può parlare – non si estingue. Si prosegue verso la sala principale del piano terra, dove sono disposti alcuni lettini da campo e diverse vetrine con la documentazione storica dell’edificio, contingente a due spazi ossimorici.

Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada

Il primo è una cappella, allestita con panche munite di inginocchiatoio e un confessionale, al cui soffitto e alle cui pareti sono appese carrozzine e stampelle; avvolta dalla tenue luce delle candele, la delicatezza e l’intimità dello spirito è preservata nella penombra della scarsa illuminazione, nella quale insieme alle preghiere si consumano il potere e la ricchezza della Chiesa. Il secondo è il cortile interno di Ca’ Corner, luminoso e quotidiano, inondato da biciclette ammaccate e un mortaio nascosto da un cespuglio. Qui solo gli stracci stesi su più livelli impediscono di intravedere il cielo, contrapponendosi alla claustrofobia religiosa del luogo di culto.

Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada
Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada

Nel mezzanino, un altro universo, che da Venezia si allontana verso le frontiere delocalizzate dei non luoghi digitali, è introdotto passando per un casinò, la stanza dalla quale una presunta influencer comunica con i suoi spettatori lontani e ancora sale piene di schermi. Luoghi di videosorveglianza che trasmettono immagini in tempo reale provenienti dall’Ucraina alla Palestina, dove uno dei valori più preziosi di cui eravamo possessori, la privacy, diviene merce a basso costo, dal peso infinitesimale rispetto alla criptovaluta minata dalla parete di GPU che si può incontrare lungo il percorso.

Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada
Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada

All’ultimo piano, infine, si raggiunge l’apoteosi della saturazione visiva mediata da questi oggetti casuali. Armi, gioielli, giocattoli ed opere d’arte – tutte mimetizzate affinché non siano distinguibili – sono accatastate nel banco dei pegni “Queen of Pawn”. Fra tutti spicca The Diamond Maker: una valigetta piena di diamanti artificiali, prodotti per compressione di materia organica ricavata dall’interno corpus di creazioni di Büchel.

Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada

Alla radice della società umana: il debito

Monte di pietà prende le sembianze di un progetto che riflette sul debito, fondamento della società e strumento di dominio, controllo e coercizione, attraverso un’intricata trama relazionale, indagando i legami socioculturali che vi stanno alla base. Lo fa attingendo a realtà multiple, senza mai intendere che ne esista una univoca, pur presupponendo che il meccanismo alla base del desiderio di ricchezza e potere emergente sia endemico della nostra specie. In quanto tale accomuna i luoghi distanti che sono citati nell’opera, senza contesto altro dall’attualità.

Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada

Un dettaglio richiama all’evidenza che il microcosmo costruito da Büchel non si è autogenerato: i manifesti freschi di stampa attaccati alle vetrine per pubblicizzare il banco dei pegni all’ultimo piano, vividi a contrasto con gli articoli in vendita consumati dal tempo. L’artista attinge direttamente dalla realtà e per quanto la credibilità di tutti i particolari non sia criticabile, negli spazi della Fondazione Prada il mastodontico dispositivo provocatorio risulta disilluso. Perché l’arte e i suoi mondi, come insegna la lezione di Hans Haacke e degli altri esponenti della Institutional Critique, nonostante l’aspetto sovversivo, sono spesso strumentalizzati per preservare lo status quo.

Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada
Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada
Immagine di “Monte di Pietà” Un progetto di Christoph Büchel Fondazione Prada, Venezia Foto: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada

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