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L’architettura di un capitalismo diabolico: riflessioni su Calculating Empires
Arte contemporanea
Il Capitalismo della Sorveglianza (Luiss Press, 2023) di Shoshana Zuboff è un testo imprescindibile per comprendere quale sia il sistema di riferimento nel quale siamo inseriti. In una lunga disamina, Zuboff elabora una riflessione che ci traghetta alla scoperta dei nuovi meccanismi di sorveglianza digitali: inseriti nel flusso della produzione dei dati, gli individui vengono profilati per costruire modelli di consumo. Le più grandi organizzazioni economiche si impossessano dei dati, analizzano le informazioni producendo delle attendibili previsioni comportamentali che stabiliranno il mercato dei comportamenti futuri.
Nella mostra Calculating Empires: A Genealogy of Technology and Power, 1500-2025, ospitata negli spazi dell’Osservatorio di Fondazione Prada dal 23 novembre 2023 al 29 gennaio 2024, Vladan Joler e Kate Crawford concepiscono uno studio profondo dell’evoluzione del nostro rapporto con le tecnologie, dal 1500 a un domani recente, per riflettere sull’uso e l’importanza dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite.
L’esposizione si snoda in tre ambienti differenti: al quinto piano dell’Osservatorio, Anatomy of an AI System introduce il progetto mostrando la struttura nello spazio dell’ambiente tecnologico; al sesto piano, Calculating Empires dirama nel tempo questa riflessione sull’incremento e lo sviluppo puntuale dell’evoluzione tecnologica. Negli ambienti residuali al sesto piano, viene mostrata una sorta di wunderkammer in cui gli artisti-ricercatori espongono una collezione eclettica di opere bibliografiche, in cui ciascun visitatore può approfondire la ricerca in base al proprio livello di percezione e conoscenza.
La ricchezza dell’esperimento portato avanti da Crawford e Joler approfondisce la nostra percezione sul concetto di sorveglianza. Dapprima, nella riflessione di Michel Foucault, la genealogia dei meccanismi di sorveglianza permetteva di configurare l’intero apparato come sottoposto a un controllo necessario per marginalizzare ciò che era deviante rispetto al sistema e regolarizzarlo (si parla, infatti, di sorveglianza politica). Ora, l’evoluzione delle tecnologie e il nostro rapporto incessante con il digitale – e l’atrofia dell’analogico – hanno modificato sia la struttura che la funzione della sorveglianza stessa.
La sorveglianza capitalistica presuppone una raccolta costante di dati, del surplus comportamentale, attraverso pratiche come il social media listening (per semplificare, un ascolto attivo da parte dei social media rispetto alle nostre abitudini di consumo) per sviluppare delle azioni in grado di correggere l’eterogeneità in favore di una costante omologazione. La sorveglianza politica è fondata sulle eterotopie – gli ospedali, le case di cura – in cui il soggetto viene rieducato; la sorveglianza capitalistica è basata sull’influenzare i comportamenti degli individui attraverso azioni correttive impercettibili.
Il sistema biopolitico della sorveglianza politica è fondato sull’idea del panopticon in quanto luogo dello spazio, mentre il sistema capitalistico neoliberista è fondato sulla trasparenza panottica che Joler definisce platopticon: un’assenza di spazio in cui è possibile osservare tutto ciò che esiste nel reale attraverso una rete capillare di sistemi di sorveglianza che incidono su ogni aspetto della vita dell’individuo. Dall’architettura visibile del panopticon, il sistema si è evoluto nella rete invisibile del network del platopticon.
Crawford e Joler analizzano anatomicamente le tecnologie, l’intera e complessa architettura del sistema capitalistico di rielaborazione delle informazioni. Propongono una complessa genealogia del presente, opposta al nostro presentismo tecnologico, per far emergere quelle che sono le ripercussioni globali dell’intelligenza artificiale generativa: l’impatto ambientale, le conseguenze politiche.
Tuttavia, quello a cui l’esposizione sembra rispondere solo parzialmente riguarda quanto siamo realmente consci degli esiti di questa prospettiva tecnocentrica ed infocentrica. Il premio Nobel russo Josif Brodskij, all’interno della tragedia Marmi (Adelphi, 1995), definiva l’essere umano come “un pensiero dimenticato”. Dopotutto, questa è la prospettiva a cui l’assenza di consapevolezza sembra esporci: abusiamo passivamente di queste armi improprie, prodotto del nostro incessante progresso, perdendo la percezione della nostra identità e agendo come “sciami volatili, guidati dall’interesse”, come cita Byung-Chul Han nel saggio Infocrazia (Einaudi, 2023).