L’arte fuori dalle mura, a Parigi

di - 24 Ottobre 2021

Una Fiac hors les Murs è proprio quel che ci voleva. Ha le caratteristiche che corrispondono alle aspettative attuali. In un periodo di colpi di coda eventuale della pandemia, si estende in una area, Les Tuileries, all’aperto, visitabile senza mascherina. Risulta poi da una associazione equilibrata fra privato e pubblico. Finanziata dalle gallerie e sostenuta dal secolare gruppo bancario e finanziario Mirabaud, è attuabile grazie al Louvre, ente tutelare del Parco. È visitabile gratuitamente dalla mattina alla sera con, durante la prima settimana, l’intermediazione degli studenti provenienti dall’École della prestigiosa Istituzione. La visita è accompagnata da una guida che presenta ciascun’opera. Nel giorno della preview molti artisti erano presenti. La durata delle installazioni va da una settimana a un mese secondo i progetti dei committenti.
Venti-cinque sono gli artisti che si dividono l’ampio spazio dalla Concorde al Louvre: Lilian Bourgeat, Aaron Curry, Eric Fischl, Markus Hansen, Sven ’t Jolle, Abdul Rahman Katanani, Michael Kienzer, Jems Koko Bi, Norbert Kricke, Mehdi-Georges Lahlou, Vincent Laval, Laurent Le Deunff, Kokou Ferdinand Makouvia, Angelika Markul, Vincent Mauger,Bettina Pousttchi, Stefan Rinck, Lionel Sabatté, Marinella Senatore, Augustas Serapinas, John Torreano, Elmar Trenkwalder, Marion Verboom, Euridice Zaituna Kala.
Una scelta che rispecchia il variegato mondo attuale della ricerca artistica. Non si rilevano tendenze stilistiche nel senso storico della parola. Perché dovrebbero esserci, come qualcuno vorrebbe auspicarlo? Tuttavia è interessante notare che se da una parte un gruppo di opere esprimono, in termini figurativi più o meno mediati dalle scelte formali, sofferenze storiche e dei nostri tempi, molte altre integrano una linea espressiva che va dall’humour all’ironia graffiante. Si calano in un ambito spesso ludico, forse in reazione alle difficoltà del periodo appena trascorso ma anche in sintonia con il luogo, assimilabile ad un parco giochi e prediletto da chi è dedito alla flânerie. È il caso ad esempio di Double Banc di Lilian Bourgeat, copia ingrandita delle panchine.

Lilian Bourgeat, Double Banc, 2018

Un cartello invita il visitatore ad accomodarsi. Deve quindi fare lo sforzo di arrampicarsi per potersi sedere. Una scelta, ripresa dal vocabolario pop, che esalta ironicamente la funzionalità dell’oggetto pubblico, sottraendolo all’indifferenza dell’uso comune. Con Out of touch Sven‘T Jolle presenta sette sculture che prendono fantasiosamente a modello cassette postali personalizzate, collage di oggetti appartenenti al mondo rurale, in antitesi all’aspetto seriale di quelle urbane.
Per quanto diverse le opere di Stefan Rinck e Marion Verboom declinano il tema della scultura composita. Stefan Rinck rivendica l’aspetto comico del suo intervento. Riesce a racchiudere in due sculture monumentali in pietra, alzate come propilei davanti ad una scalinata di accesso a doppia mandata, un compendio enciclopedico del mondo storico-artistico, dal pilastro antico all’oggetto dada, all’occhio di Picasso. In modo tale che viene allegerito il peso sia del materiale che dei riferimenti iconologici grazie all’ironia sottile. Marion Verboom amalgama anche lei un vocabolario di diverse matrici iconografiche e architettoniche: stivali, colonne, piedi e zampe d’animali, forme stilizzate di torchio e animalesche.

Marinella Senatore, Alliance des corps, 2021

La ruota di Marinella Senatore Alliance des corps, è composta da lampadine colorate che associano la scritta del titolo ad una decorazione raggiante e allegra. Le sculture di Aaron Curry evocano Calder e Mirò. Collocate in mezzo ad uno dei percorsi danno un sentimento di leggerezza in sintonia con la flânerie che connota l’environnement.
Due artisti, Markus Hansen e Mehdi-Georges Lahou, utilizzano come supporto la bandiera stampata, ennesima metamorfosi della tela dipinta. Ciascuno con un racconto figurativo diverso. L’artista tedesco si cimenta attorno alla storia mutevole e multipla delle identità che si trasformano secondo il vento. L’artista franco-marocchino ha stampato sulle sette vele dei motivi assimilabili a scritte moresche, le zellige, fino alla loro cancellazione su una bandiera bianca. Il vento grazie al quale le immagini stampate appaiono o si nascondono si invita nelle due installazioni. Contribuisce ad esprimere la dualità dell’arte fra visibile e invisibile.

Vincent Laval, L’ombre des bambous, foto di Loïc Madec

Diversi artisti hanno adoprano soprattutto elementi naturali. È il caso di Vincent Laval presente con due opere, discretamente collocate in due bacini d’acqua, L’ombre des bambous, un’asta arcuata in acciaio all’apparenza del ferro battuto disposta come una fontanella in modo decentrato sulla vasca prospiciente le facciate del Museo; i rami di legno, scarni e contorti, dell’altra si distinguono fra una statua e il fogliame.
Non solo il vento si invita in diverse installazioni ma, l’abbiamo appena notato anche l’acqua. Associata all’aria che circola imprime un movimento alle sculture che galleggiano secondo l’impatto più o meno forte degli elementi naturali. È quello che si osserva con gli organismi alveari tondegganti di  Vincent Mauger adagiati sull’acqua come se fossero mossi da un moto interno.
Presente nel Parcours di Artbasel, all’interno della grande hall della banca svizzera UBS, l’artista lituano Augustas Serapinas colloca in un luogo suggestivo del parco, a prossimità di un albero dal fogliame imponente, Standtune. Ispirato ad una tipologia di recinto, si riferisce all’uso corrente di questo genere di barriera che veniva praticato in un’isola della Svezia sia per custodire il gregge che come misura difensiva. Formata da rami di betulle tenuti insieme da viti di legno, oltre al patrimonio rurale remoto evoca anche la ben nota memoria letteraria della regione.

Laurent Le Deunff, Chouette lapone, Hibou grand-duc et Chouette des neiges

Il gufo è oggetto di due installazioni. Chouette Chevêche des Tuileries di Lionel Sabatté appare, totemica, come una grande marionetta nella quale si distingue soprattutto il volto espressivo tale da provocare stupore e timore come succede nei teatrini per bambini. L’altra, di Laurent Le Deunff, assume un genere diverso di ironia attraverso tre facce, Chouette lapone, Hibou grand-duc et Chouette des neiges, disposte su altrettanti piedistalli come nella tradizione ornamentale del giardino, usando un materiale, il cemento, in trompe l’œil. Imita perfettamente l’apparenza del legno.
Diversamente, un gruppo di opere, anche se con modalità decisamente differenti, narrano una condizione umana drammatica, talvolta esplicitamente, talvolta con un vocabolario mediato dalla ricerca formale. In Empty, Jems Koko Bi restituisce una storia tragicamente anche attuale: umani scarni senza visi scolpiti in legno dipinto di nero sono stipati in un’imbarcazione. Abdul Rahman Katanani, con materiale riciclato, recupera la forma poetica e naturale della Crisalide, appesa ad un albero. Associato alla gabbia, il guscio fintamente protettivo nella sua apparenza, è in effetti una scultura lavorata con filo spinato. Evoca una condizione umana intollerabile.
La trasposizione dell’essenzialità della linea nella terza dimensione caratterizzano le due sculture di Norbert Kricke (1922-1984), rappresentante del modernismo tedesco. Le aste d’acciao, esili e robuste, puntano verso il cielo senza coprire la vista dello storico edificio del Louvre. Anche Michael Kienzer utilizza la grammatica modernista del colore e delle forme semplificate con Falter. In tedesco significa dossier e farfalla, ovvero pesantezza e leggerezza.
È dell’artista americano post-minimalista John Torreano, una scultura poliedrica con incrostazioni colorate tagliate a forma di diamante. È appoggiata sull’erba di un’aiuola, come un oggetto spaziale caduto dal cielo

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