«Di cos’è fatto il Cielo? Di niente! Di che colore è il Cielo? Nessuno! Il Cielo è Vuoto e Trasparente. Eppure d’Azzurro sostiene le Nuvole», Salvatore Emblema. A circa 30 chilometri da Napoli, alle falde del Vesuvio, proprio all’inizio del suo fitto bosco e della recente riqualificata “Pineta mediterranea” si trova Terzigno. Qui, lontano dall’horror pleni della città, c’è via Salvatore Emblema che porta a quella che è stata la casa rifugio dell’artista della trasparenza, come lo definì il critico Giulio Carlo Argan. Settembre era un mese speciale per Emblema, che era solito aprire la sua casa/studio, immersa in un grande giardino, per presentare I nuovi lavori a collezionisti e interessati.
In ricordo di questa ricorrenza, La natura in-trasparenza di Salvatore Emblema è il titolo della mostra inaugurata il 22 settembre al Museo Emblema, a Terzigno, finanziata dalla Regione Campania e realizzata da Scabec, nell’ambito della rassegna Campania By Night.
«La nostra casa – scrive sul catalogo la Presidente Raffaela Auricchio Emblema – è diventata un museo a cielo aperto al pubblico, Salvatore Emblema è scomparso da molti anni ormai e gli inviti nemmeno devo scriverli più a mano. Ma la festa di settembre, ora che dopo molti anni grazie a Scabec, al presidente Pantaleone Annunziata e Renata Caragliano, e al Governatore Vincenzo De Luca, ha nuova vita, mi dimostra che quella strana zuppa di sentimenti contrastanti è ancora lì, immutata, viva». Curata dalla critica e giornalista Renata Caragliano e dal nipote dell’artista nonché attuale direttore del Museo, Emanuele Leone Emblema, è una mostra che fa emergere tutto il potenziale visivo e tattile delle sue opere.
Numerose le opere in mostra, tra queste colpisce una piccola tela di iuta, senza colore. La particolarità sta al suo interno. Sembra un’ombra ma è il contorno del mezzo busto dell’artista che sperimenta, negli anni 70′, una tecnica basata sulla sottrazione. Non è un caso che il termine “de-tessere” gli viene dato dalla critica e museologa Palma Bucarelli, proprio per esprimere il gesto che, ancora oggi, lo caratterizza.
Il muro da sottofondo diventa parte integrante dell’opera, la modifica, ne rivela la trama evidenziando la trasparenza della iuta de-tessuta. Una nuova spazialità visibile in ogni sua opera, come in un raro esemplare, di grandi dimensioni, di Bandiera, un tipo di tela libera su telaio ligneo, esposto per l’occasione.
La nuova divisione degli spazi ha permesso ai curatori di realizzare un percorso più intimo sull’artista, che come un climax procede per rivelazioni fino a culminare nella zona riservata allo studio, dove si vedono ancora le tracce del suo lavoro, sul muro come sulla pavimentazione, originaria, in cotto dell’edificio. Uscendo da questa saletta ci accorgiamo che, ad aspettarci, c’è una grande tela, una delle poche a cui l’artista ha dato un titolo, Autoritratto. Il grande doppio cerchio nero e bianco immerso nell’azzurro allude all’universalità del volto umano. Emblema riesce, con il semplice gesto di tracciare un ovale, a esprimere la complessità dell’individuo, a mostrarla nella sua veste essenziale ed enigmatica.
In sala incrociamo un giovane visitatore che si diverte a dare un titolo, dopo un’attenta analisi dei dettagli, alle opere “Senza titolo” presenti in mostra, come per “Carbonara nel cielo”. Non bisogna dimenticare che l’anima educational del museo nasce dall’esperienza di Emblema maturata in Brasile, quando con degli svegli ragazzini, realizzava significativi laboratori con quello che avevano, spesso con ben pochi mezzi.
Questa necessità di sperimentare trova nuova linfa nel gioco delle emozioni – Pixboard -, tra le novità tecnologiche del Museo. Grazie al supporto di un tavolo aptico touch screen di 55′ è infatti possibile, dopo aver risposto ad alcune domande, stampare in real time l’opera con cui si è entrati più in contatto. Come ci spiega Caragliano, il gioco si rifà a quello prodotto dal sociologo Franco Rositi in occasione della mostra Il limite svelato. Artista Cornice Pubblico, curata da Germano Celant a Torino nel 1981. L’idea è quella di rendere, con semplici domande, divertente l’interazione e, contemporaneamente, invitare a riflettere sulle emozioni provate durante l’incontro con le opere.
In giardino si respira l’atmosfera delle “feste” organizzate a settembre da Emblema: «Un’esperienza didattica di relazione sociale – raccontano i curatori – che risponde ai desiderata del Museo Emblema, pensato dallo stesso artista come luogo dedicato all’educazione, allo studio e alla diffusione dell’arte contemporanea a Terzigno, sua città natale».
Un Atelier all’aperto, dove il concetto di luce va in scena di sera con le teatrali luci posizionate ad hoc sulle opere, rievocando il passato da scenografo a Cinecittà dell’artista.
Una carrellata di iuta e colori sfila davanti a gli occhi dei visitatori, tra una nota cantata da Francesco Di Biella, vocalist dei 24 Grana, in concerto per l’opening. Dopo le mostre al Museo di Capodimonte di Napoli, in Brasile, a Zurigo e alla Galleria Fonti, che ha collaborato al progetto, un cospicuo numero di opere torna lì dove tutto è iniziato, alle pendici del Vesuvio, tra pietra lavica e tufo.
Un viaggio nel mondo di un artista che ha anticipato i tempi, utilizzando colori e materiali che raccontano il suo amore per la natura, tanto da dedicargli dei componimenti poetici che troviamo scritti dietro le cartoline realizzate per la mostra con il catalogo, la shopper rigorosamente in tela di iuta e la firma di Emblema. Dopo l’opening, la festa è durata fino a domenica 24 settembre con giochi didattici, visite guidate e momenti musicali, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2023.
Per ogni fine c’è un nuovo inizio, ha scritto Antoine de Saint-Exupery. L’arte, col suo potere rigenerativo e fortemente connesso al nostro mondo interno, ci permette di vivere nuovi inizi. Così il gioco può diventare, con un semplice questionario sulle emozioni, lo strumento per sfilare una tela intima, in cui riconoscersi e riscoprirsi.
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