Tra gli artisti africani contemporanei più rappresentativi, conosciuto per i suoi variopinti arazzi composti da tappi di bottiglia, El Anatsui sarà il prossimo autore della prestigiosa Hyundai Commission nella Turbine Hall della Tate Modern. Istituita ufficialmente nel 2002 e dal 2015 sviluppata in partnership con la multinazionale coreana (prima il main sponsor era Unilever), la commissione per la Turbine Hall rappresenta uno dei riconoscimenti più significativi nel panorama dell’arte contemporanea, un apice nella carriera di un artista. La prima a realizzare la commissione per l’iconico e impegnativo spazio situato all’ingresso del museo di Londra fu Louise Bourgeois, nel 2000. In quella occasione, la compianta artista presentò Do, I Undo, I Redo, un’installazione composta da tre torri d’acciaio, ognuna alta circa 9 metri e completamente percorribile.
Nel corso degli anni, la Turbine Hall ha ospitato alcune delle installazioni site specific più notevoli e ammirate in tutto il mondo, create da artisti come Anish Kapoor, Ai Weiwei, Carsten Höller, Abraham Cruzvillegas, Kara Walker, che presentò una fontana di 13 metri perfettamente funzionante, Doris Salcedo, con la sua crepa di 167 metri nel pavimento, e Olafur Eliasson, del quale è rimasto memorabile il misterioso sole post apocalittico di The weather project.
Anche se le dimensioni dell’area in cui possono essere esposte le opere è decisamente extralarge, circa 3.300 metri quadrati, non sempre la commissione è stata risolta tramite dimensioni monumentali. Tania Bruguera, per esempio, preferì lasciare lo spazio “vuoto”, o meglio, dipinse la grande rampa di accesso con un pigmento nero translucido, che digradava in grigio procedendo verso il centro, dove un materiale termosensibile faceva rimanere temporaneamente impresse le tracce del passaggio dei visitatori.
L’ultima commissione, attualmente visitabile, è stata ideata da Cecilia Vicuña. L’artista cilena ha presentato una sua rielaborazione del quipu, il sistema tradizionale di registrazione e comunicazione sudamericano realizzato con fili annodati. Al centro della Turbine Hall, a 27 metri dal soffitto, pendono una serie di sculture di tessuto, realizzate intrecciando vari materiali organici, tra cui lana non filata, fibre vegetali, corda e cartone, per evocare l’aspetto di alberi sbiancati o forme spettrali.
La nuova commissione per la Turbine Hall di El Anatsui sarà presentata il 10 ottobre e sarà visitabile fino al 14 aprile 2024. Nato ad Anyako, in Ghana, nel 1944, El Anatsui iniziò a insegnare scultura all’Università della Nigeria nel 1975. I suoi arazzi con tappi di bottiglia sono diventati famosi già nei primi anni 2000 e da allora le sue opere sono state incluse nelle collezioni di istituzioni come il British Museum di Londra e il Centre Pompidou di Parigi. Nel 2015, Anatsui ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera alla Biennale d’arte contemporanea di Venezia, mentre nel 2017 è stato insignito del Praemium Imperiale, considerato il Nobel nell’ambito artistico.
Se i tappi di bottiglia sono i materiali più riconoscibili nella sua arte, interpretati come simboli della storia coloniale subita dall’Africa, Anatsui usa un’ampia gamma di materiali di scarto, tra cui barattoli, legni, traversine ferroviarie, chiodi di ferro e lastre da stampa. «Riutilizzando materiali ritrovati in abbaglianti opere d’arte astratta, il lavoro di Anatsui esplora temi che includono l’ambiente, il consumo e il commercio», si legge in una nota diffusa dalla Tate che, in collezione, ha l’arazzo di tappi Ink Splash II, opera del 2012 di Anatsui. Per il momento c’è ancora il massimo riserbo sul progetto.
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