Nella Montagna Incantata di Thomas Mann la natura idilliaca è la protagonista assoluta. Un passaggio in particolare ci introduce nel cammino spirituale che ci porta verso il capolavoro dell’autore: “I rimanenti alberi che, alti o nani, adornano la regione, sono tutti conifere sempreverdi, resistenti all’inverno che, entro limiti non precisi, può distribuire le sue tormente di neve su tutta l’annata; e soltanto una tinta rossiccia e rugginosa, stesa in varie gradazioni sul bosco, manifestava, nonostante il calore estivo dell’aria, il declinare dell’anno.”
In questo andare bucolico silente, perdiamo la nozione del tempo. La natura fluttuante, il paesaggio, gli alberi sono un’ispirazione continua per gli artisti, una declinazione del sublime, una risorsa per la vita, ne custodiscono la memoria e placano gli animi.
In questa estate rovente due mostre in particolare, si dedicano agli elementi naturali, all’ambiente empireo con un’estetica rigorosa nella quale trasportano negli echi più struggenti dell’immaginario.
La prima è in Grecia, a Paros; “Floating Land” curata da Kostas Prapoglou esplora le idee intorno all’evoluzione del paesaggio in un regno letterario e metaforico. Si compone di un’installazione site specific realizzata dall’artista greco americana Dimitra Skandali. La stanza della galleria diventa un contesto avvolgente nel quale perdersi intorno all’opera, composta da piante collocate sul soffitto che ribaltano l’attenzione del visitatore spostando i confini, diventando una presenza galleggiante di beata sospensione geografica atemporale.
L’artista ha utilizzato materiale organico proveniente direttamente dalla sua terra natale, ponendo l’accento sulla flora selvaggia dell’isola. Questa scelta svolge un ruolo fondamentale nel suo lavoro che esiste nel rapporto con la natura e l’ambiente in cui viviamo.
Skandali lavora abitualmente con alghe, reti da pesca biologiche, e con una grande varietà di piante selvatiche realizzando installazioni di dimensioni imponenti. Questa volta l’artista trae ispirazione esclusivamente da due tipi di piante selvatiche che caratterizzano l’intera isola: la helichrysum orientale e la carota selvatica. Le due specie si trovano anche in altre parti remote del nostro pianeta stabilendo inevitabilmente un dialogo continuo tra diverse parti del mondo, le tradizioni dell’isola, gli usi della popolazione e il territorio.
Skandali collega meticolosamente ogni singolo pezzo della pianta con fili di rame recuperato. Per lei, questo processo crea interconnessione perpetua e indissolubile tra le piante, la terra e noi stessi ponendo contemporaneamente domande critiche sui materiali lasciati dall’uomo che contaminano i luoghi in cui viviamo.
Cambiando emisfero; a Shanghai ha appena inaugurato una delle mostre più significative degli ultimi anni: “Trees”; alla Power Station of Art, in collaborazione con la Fondation Cartier pour l’art contemporain.
La mostra integrata, rispetto all’edizione del 2019 alla Foundation Cartier pour l’art contemporain di Parigi; propone oltre duecento opere d’arte di trenta artisti provenienti dalla Cina, l’America Latina, l’India, l’Iran ed l’Europa. Con i lavori di Mahmoud Khan, Santídio Pereira, l’architetto Stefano Boeri, Hu Liu, Jivya Soma Mashe, Luiz Zerbini, Bruce Albert, Grga Basic, Jake Bryant, Alex Cerveny, Ehuana Yaira, John Gerrard, Francis Hallé, Huang Yong Ping, Fabrice Hyber, Luc Jacquet, Joseca, Kalepi Sanöma, Cesare Leonardi, François-Michel Le Tourneau, lo scienziato Stefano Mancuso, Sebastián Mejía, Jérôme Schlomoff, Franca Stagi, Afonso Tostes, Zhang Enli, per citarne alcuni.
È una celebrazione immaginifica degli alberi come fonte di ispirazione estetica per le società umane. Le ultime scoperte scientifiche gettano nuova luce sull’intelligenza degli alberi. Gli artisti ci stupiscono con un allestimento mozzafiato nel quale svettano e si susseguono dipinti, fotografie, video, disegni ed installazioni.
Raccoglie anche le testimonianze, sia artistiche che scientifiche, di chi è capace di guardare con stupore il mondo vegetale.
Già la versione del 2019, che ha avuto un clamoroso successo, aveva scelto basi di ricerca corali nelle quali più voci integravano il progetto curatoriale unendo una comunità di artisti, botanici e scienziati come l’antropologo Bruce Albert, Francis Hallé, il già citato Mancuso (l’autore e neurobiologo del manuale cult La Nazione delle Piante), Luiz Zerbini e Fabrice Hyber, che, attraverso le loro carriere estetiche o scientifiche, hanno stabilito un forte e intimo legame con gli alberi.
“Trees” riesce, nuovamente, a svelare in modo disarmante, e mai banale, la bellezza e la ricchezza biologica di questi grandi protagonisti del mondo vivente, oggi minacciati dalla deforestazione su vasta scala. Lo fa entrando in modo emozionale all’interno delle corde più profonde dello spettatore, articolando un lessico poetico, colto ed emozionale che lascia col fiato sospeso.
Tra gli artisti che compongono la collettiva; il lavoro di Adriana Varejão utilizza nella sua pratica artistica medium diversi, quali la pittura e la scultura, affronta i temi del colonialismo, dell’eterogeneità razziale e dell’antropologia in Brasile. I suoi disegni botanici riprendono il firmamento dei primi esploratori dell’Amazzonia, in un dipinto esposto di grandi dimensioni raffigura la pianta da cui deriva la polvere di yãkoana, una sostanza allucinogena inalata dagli sciamani per indurre la loro trance e contattare gli spiriti.
La serie Perímetros, di Johanna Calle usa una macchina da scrivere per trascrivere la legge fondiaria, la Ley de Tierras, su dei vecchi libri notarili. Questa legge protegge i diritti dei contadini colombiani sfollati con la forza e consente loro di rivendicare la proprietà della loro terra elencando gli alberi che hanno piantato. Le sagome aggraziate e delicate di questi grandi alberi di carta diventano così i veicoli di un salvifico e potente messaggio politico; denunciano la vulnerabilità dei contadini colombiani dall’indifferenza generale verso le minoranze in lotta.
L’immagine della mostra e della pubblicazione è di Cássio Vasconcellos; la sua serie A Picturesque Voyage through Brazil, trae ispirazione dalle incisioni degli esploratori europei del XIX secolo, tra i quali il conte di Clarac e Hércules Florence, che furono i primi a rappresentare le foreste brasiliane. Vasconcellos incorpora un’ampia post-produzione nel lavoro, realizza fotografie a colori monocromatici con una grana pronunciata che danno l’illusione dell’incisione; diffondendo nuovamente il fascino che questi primi esploratori avevano per i misteri della giungla lussureggiante.
Una scoperta intima, un’iniziazione, questa mostra che entra nelle corde dei visitatori raccontandoci l’estetica gli alberi.
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