-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Le Futur derriére nous: l’arte italiana dopo gli anni 1990 – Villa Arson
Arte contemporanea
Inserita nella pittoresca cornice della Costa Azzurra, Villa Arson ospita, fino al 28 Agosto 2022, la mostra “Le Futur derrière nous. L’arte italiana dopo gli anni 1990. I contemporanei di fronte al passato”, curata da Marco Scotini in collaborazione con Arnold Braho. L’intero progetto nasce dalla volontà di dedicare due importanti esposizioni complementari alla scena artistica italiana dal 1960 ai giorni nostri, in due istituzioni nizzarde, il MAMAC (con Vita Nuova curata da Valérie Da Costa) e Villa Arson. A distanza di quarant’anni dalla celebre mostra Identitè Italienne di Germano Celant, al Centre Pompidou di Parigi, l’arte italiana ritorna a far parlare di sé in Francia, presentando un carattere più radicale – e decisamente più politico – rispetto alla sua “sorella maggiore”.
Il futuro dietro di noi
È possibile immaginare un futuro dietro di noi? Quella che potrebbe sembrare una situazione che rasenta il paradosso si presenta ne Le Futur derrière nous come qualcosa di tangibile. Come spiega lo stesso curatore “non è più possibile riferirsi ad un passato, un presente o ad un futuro – concetti figli della filosofia modernista – ma le nostre vite fanno parte di una temporalità permanentemente reversibile, in cui è necessario mettere in luce unicamente il virtuale e l’attuale”.
È in queste nuove coordinate che si inserisce l’allestimento delle tante opere in mostra. Infatti, gli artisti di tre generazioni diverse, dagli anni Novanta a oggi, sono stati chiamati a risaldare la frattura avvenuta con la cancellazione dell’onda creativa e rivoluzionaria degli anni Settanta. Attraverso la produzione di mappe, video-installazioni, opere concettuali e molto altro, hanno cercato di scardinare le costruzioni sociali date, ponendo l’accento su questioni quanto mai attuali, come la parità di genere, la lotta per i dirittisociali , l’emancipazione dalla subordinazione e l’ecologia.
Nelle sale troviamo i lavori di: Alterazioni Video, Francesco Arena, Massimo Bartolini, Rossella Biscotti, Paolo Cirio, Claire Fontaine, Celine Condorelli, Marie Cool & Fabio Balducci, Danilo Correale, Rä di Martino, Irene Dionisio, Chiara Fumai, Stefano Graziani, Alice Guareschi, Adelita Husni-Bey, Francesco Jodice, Stefano Serretta, Stalker, Bert Theis e Luca Vitone.
Tra memoria e presenza
Nella prima sala si viene accolti dallo “scatto” del grande fotografo italiano Uliano Lucas, raffigurante un affollato sit-in in Piazzale Loreto nel 1971. Questa immagine diventa uno sfondo storico su cui è installata l’opera Carta Atopica, realizzata da Luca Vitone nel 1992. Al pieno sociale presentato da Lucas fa da contraltare il vuoto della mappa di Vitone, in cui anche i toponimi sono cancellati.
L’accostamento delle due opere provoca subito quell’effetto dispaesamento , tra memoria e presenza, pieno e vuoto, che si pone come fil rouge narrativo dell’intero percorso espositivo.
In particolare, il contesto di ricerca della mostra si dispiega nelle sale attraverso tre sezioni che, ripercorrendo il decennio degli anni Settanta, celebrano gli attori che hanno portato a nuovi modi di pensare, di dire e di essere. Non è da considerarsi una consequenzialità cronologica quella che mette in campo Scotini, bensì un dialogo che sfocia in un fluire di rimandi e di associazioni, con cui l’osservatore è chiamato ad interagire.
Continuando l’itinerario all’interno della mostra, troviamo le opere che guardano alla riforma psichiatrica di Franco Basaglia – promotore della legge 180 del 1978 – di Stefano Graziani e Claire Fontaine. Sorprendente è l’installazione di quest’ultima, intitolata Is Freedom Therapeutic? composta da un grande cavallo blu inserito in una stanza ristretta, che rappresenta la storia di Marco Cavallo, il simbolo della fuoriuscita daimanicomi e la distruzione metaforica delle sue pareti di contenzione.
Non mancano, inoltre, omaggi alla teoria femminista di Carla Lonzi, rappresentata dai brickbats di Claire Fontaine (intitolati come gli scritti della teorica radicale italiana) e dal video di Chiara Fumai Shut Up Actually Talk, presentato in occasione di dOCUMENTA (13). In una sala dedicata, al primo piano interrato, è allestita l’opera Il processo di Rossella Biscotti, che fa riferimento agli eventi del 7 aprile 1979 (dove un gruppo di militanti italiani e intellettuali, membri del Potere Operaio e Autonomia Operaia, furono arrestati e processati con l’accusa di terrorismo). Ecco che l’artista si fa portavoce di una contro-narrativa, creando un archivio di documenti e immagini, di cui il visitatore è un testimone piuttosto che un semplice osservatore.
In questa prima sezione più archeologica intitolata “Divenire Ex”, tra gli altri, troviamo anche riferimenti all’anarchico Pinelli (Francesco Arena), al gruppo di liberazione sessuale Fuori (Irene Dionisio), a Nanni Balestrini (Danilo Correale e Claire Fontaine) e al Gruppo ’63 (Luca Vitone) al cinema radicale di Alberto Grifi (Alice Guareschi), al più politico Enzo Mari (Celine Condorelli), al compositore concettuale Giuseppe Chiari (Massimo Bartolini), ai fondatori del Centro per la sperimentazione e la ricerca teatrale di Pontedera (Rä di Martino).
A seguire, la seconda parte dal titolo “Esercizi di esodo”, è ampiamente dedicata a temi come il rifiuto del lavoro (Danilo Correale), il passaggio al lavoro post-fordista (Marie Cool & Fabio Balducci), la controinformazione (Stefano Serretta e Francesco Jodice) e la pedagogia non autoritaria (Adelita Husni-Bey). A queste due sezioni ne segue un’altra dal nome “Vogliamo ancora tutto” (Alterazioni Video, Bert Theis, Paolo Cirio, Stalker), dove viene dato risalto al campo dell’urbanistica, dell’ecologia e dell’attivismo mediatico, in parallelo con il movimento anti-globalizzazione. Una mostra di certo pregnante e ricca di significati, che invita a interrogarsi sull’istante quindi “ad anticipare, ritardare, sperare e ricordare” – per citare Gilles Deleuze – la propria contemporaneità, in un moto attivo e mai banale.