Varcata la soglia di Santa Maria degli Angeli di Milano – in determinati orari della giornata – le note liturgiche e totalizzanti dell’organo pervadono l’intero spazio. Al centro dell’ambiente della chiesa a navata unica– edificio in stile barocco che sorge in uno dei quartieri più centrali del capoluogo lombardo – si staglia l’opera site-specific dell’artista di origini ucraine Aljoscha (1974). L’installazione – composta da forme organiche sospese, dalle tonalità delicate – getta un ponte di contatto tra arte moderna e arte contemporanea. L’impianto teatrale di Aljoscha dialoga con l’ambiente sacrale, così connotato da motivi barocchi e pitture tardo rinascimentali. L’opera è stata originariamente realizzata per l’edizione del Fuorisalone 2024 (visitabile dal 14 al 21 aprile) e può essere considerata come una vera e propria estensione del progetto espositivo dell’artista ucraino presentato presso la sede milanese di Tempesta Gallery.
Intitolata Mutative transitions into Organic Utopia, la mostra personale di Aljoscha riassume il campo di indagine dell’artista, restituendo una serie di sculture e opere vicine all’impostazione formale pittorica. Ancora una volta, un’installazione site-specific realizzata con materiali acrilici e sintetici pende dal soffitto della galleria, trasformando l’ambiente ed invitando il pubblico a fare esperienza del proprio universo formale. La materia – colorata e allo stesso tempo semi-trasparente – vive uno stato di continua metamorfosi, complesse mutazioni che restituiscono un corpo centrale simile ad un super organismo artificiale.
La ricerca di Aljoscha insiste sui problemi morali ed etici sollevati in campo medico e biologico, considerando l’eudemonismo – dottrina che riconosce come legittima l’aspirazione dell’uomo alla felicità e come scopo fondamentale dell’esistenza il suo raggiungimento – come fine naturale della vita umana. Quella dell’artista è una dichiarazione di inclusione nei confronti di quelle alterità che vengono ora celebrate e non marginalizzate. Il movimento antropodecentrante di Aljoscha supera la contraddizione ontologica tra natura e artificio, suggerendo un percorso evolutivo che mira all’eliminazione della sofferenza, anche attraverso distopie e teorie transumaniste.
L’intreccio materico e formale confonde i margini, le opere vivono all’interno di una condizione liminale tra organico e sintetico, naturale e artificiale, combinando elementi di biologia, filosofia e scienza. Centrale, infatti, per la ricerca di Aljoscha è il concetto di Bioismo: termine – coniato dall’artista stesso – con il quale indica il tentativo di creare nuove forme di vita e formalizzare un’estetica comprensiva di tutti quei nuovi organismi – naturali e non – che caratterizzeranno il futuro dell’evoluzione. Il Bioismo sottolinea l’importanza di una moltitudine di soggettività che – attraverso la loro complessità e molteplicità – costituiscono un nuovo mondo che estende la vita anche ai soggetti inanimati e mira alla scomparsa della sofferenza attraverso l’empatia.
Superati quei rapporti conflittuali che per troppo tempo hanno segnato la società – occidentale in particolar modo – la ricerca di Aljoscha delinea un nuovo concetto di forma di vita, una soggettività relazionale ed estesa che immagina la vita come un processo interattivo e non più esclusivo. La realtà che si viene a delineare assume sempre di più un aspetto interdisciplinare, interconnesso e biosemiotico.
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