A Lucca, la Fondazione Licia e Carlo Lodovico Ragghianti ha inaugurato a metà dicembre la mostra “Levi e Ragghianti. Un’amicizia fra pittura, politica e letteratura”, aperta fino al 20 marzo 2022. In esposizione oltre 100 opere pittoriche di Carlo Levi e documenti che testimoniano il profondo rapporto tra questi due intellettuali, durato una quarantina d’anni.
Amicizia che riguardò anche il reciproco interesse per l’arte cinematografica, di cui Ragghianti e Levi avevano intuito le enormi potenzialità quale strumento di comunicazione. Una sala della mostra è dedicata proprio a questo tema.
Per Ragghianti il cinema nasce da un preliminare riconoscimento dell’omogeneità tra cinema e pittura. Fu uno dei primi ad occuparsi di questo tipo di linguaggio visivo dal punto di vista critico, fin da alcuni saggi pubblicati nel 1933.
In uno di essi, intitolato, Cinematografo rigoroso, sosteneva che il cinema: «può accrescere, attraverso un uso attivo e consapevole di questo linguaggio sostanzialmente uguale a quello “pittorico”, le proprie possibilità di indagine sulle opere d’arte».
Infatti, il suo intento era realizzare una critica d’arte attraverso «mezzi cinematografici più che con le parole». Questo progetto trovò la sua realizzazione nei cosiddetti critofilm, termine da lui stesso coniato.
Grazie al contributo di Adriano Olivetti, realizzò, infatti, 21 critofilm (visionabili su appuntamento), il primo dei quali, del 1948, è dedicato alla Deposizione di Raffaello. Da sottolineare che Ragghianti fu un precursore anche dal punto di vista tecnico, utilizzando strumenti di ripresa molto avanzati per l’epoca: cinescopio, vedute aeree, speciali carrelli per i movimenti della macchina da presa, con i quali poteva ricontestualizzare l’opera d’arte nell’ambiente esterno e circostante.
Parlare di Carlo Levi e del cinema richiama subito alla mente la trasposizione cinematografica del suo capolavoro letterario Cristo si è fermato a Eboli, da parte di Francesco Rosi nel 1979.
Ma Levi si era già interessato al cinema ben prima. Nel 1931, in uno dei primi film sonori, intitolato Patatrac, una commedia brillante per la regia di Gennaro Righetti, aveva curato la scenografia , grazie anche all’aiuto di Mario Soldati.
Nel 1938, lavorò ai bozzetti preparatori dei costumi, visibili in mostra, per il film Pietro Micca (1938) di Aldo Vergano, la cui pellicola purtroppo è andata perduta. Ne restano 5 minuti conservati al Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Uno dei film più importanti al quale partecipò come sceneggiatore, fu però Il grido della terra che racconta la storia dell’esodo dei profughi ebrei che tentano uno sbarco clandestino in Palestina per costruirvi il nuovo Stato di Israele.
Il film diretto da Duilio Coletti nel 1949 è stato recentemente restaurato e rappresenta un documento di notevole rilevanza storica. L’attività di Carlo Levi come documentarista, inoltre, è testimoniata soprattutto dai lavori che egli realizzò a partire dagli anni Sessanta e che avevano per tema la gente e la terra di Lucania, dove lui aveva trascorso il confino.
Carlo Levi fu però sempre molto vicino al cinema e ai suoi personaggi più influenti, registi e attori. In questo caso, nella sua veste di pittore e ritrattista. Nella mostra, sono esposti bozzetti e quadri che riguardano Pier Paolo Pasolini, Anna Magnani, Silvana Mangano, Franco Citti.
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