Lia Cecchin, Una città cancella, l’altra scrive – Parco di Villa Croce

di - 26 Ottobre 2020

Quanti “momentacci” sono passati sotto il cielo d’Italia. Era il 1976, il sottoscritto non era nemmeno nei pensieri dei suoi genitori, mentre la Penisola faceva i conti con gli anni di piombo. A Torino in quell’anno il fotografo Giò Palazzo immortala – e rende eterna – la seguente frase: “ È un momentaccio”. Né una perla di saggezza, né una massima filosofica. Ma nemmeno una dichiarazione di guerriglia, o un’incitazione a sovvertire lo status quo. Si tratta di una semplicissima constatazione, chiara nella forma e lineare nella grafia, prodotto interno di una città ai tempi “polveriera” del brigatismo.

Fondamenta 1 – work in progress

“Momentaccio” in transito, da Torino a Genova

44 anni dopo la storia prosegue a Genova, nel parco di Villa Croce. Lì in bella vista è comparsa un’installazione, un nuovo monumento firmato Lia Cecchin (Feltre, 1987), Una città cancella, l’altra scrive. La gente ci passa davanti, c’è chi è incuriosito, chi lo fotografa, chi mentre è al telefono ne approfitta per criticare un intervento ritenuto inutile perché «È un monumento al graffitismo», e poi «Guarda come li spendono i nostri soldi». Senza sapere che lì i genovesi non ci hanno messo un soldo, è tutto spesato dall’Associazione Amixi per l’Arte Contemporanea, nell’ambito del progetto “Fondamenta 1”, curato da Luca Cerizza.

Discorsi triti in un’Italia malata cronica di scarsa educazione al contemporaneo. Tuttavia che un lavoro immediato come quello di Cecchin possa non trovare consenso nella cittadinanza, che in esso si dovrebbe riconoscere al di là del suo status di opera d’arte, è perlomeno strano. D’altronde non si tratta di un elemento autoreferenziale piazzato a caso, spurio come un pezzo di arredo urbano estraneo al dna del luogo e della città che lo ospita. Una città cancella, l’altra scrive è uno scampolo di storia, genovese e più in generale italiana. Provocazione: idealmente cosa c’è di diverso tra la statua di Garibaldi nella centralissima Piazza De Ferrari e l’intervento di Cecchin?

Lia Cecchin – Una città cancella, l’altra scrive

Ieri, oggi, per sempre

Non sono note le proposte presentate dagli altri 9 artisti candidati alla realizzazione del progetto, che anzi ci piacerebbe conoscere. Immaginiamo però cosa abbia spinto gli Amixi ad innamorarsi del lavoro di Cecchin, così minuziosamente bilanciato nei suoi ingredienti. La base era data di default, l’ex insegna Ansaldo che fino a qualche tempo fa si vedeva proprio dall’alto di Villa Croce, sull’edificio a fianco del padiglione blu di Jean Nouvel. Un pezzo di Genova, del suo vissuto industriale e sociale.

Cecchin l’ha utilizzata come fosse un palinsesto, una parete palinsesto paradigmaticamente affine a quelle che la storia dell’arte italiana ci ha tramandato nei secoli, ad esempio nella chiesa romana di Santa Maria Antiqua. S’intravede ancora l’enorme marchio “ANSALDO”, in un azzurro più vivo rispetto a quello scolorito dal sole; ma ancora più interessante è finalmente entrare in contatto da vicino con quell’insegna, per decifrare tutti i minimi punti di corrosione sull’acciaio consumato, racconto in presa diretta del tempo andato. Come leggere gli anelli nel tronco di un albero.

Una piccola insegna – quando la si vedeva da lontano – adesso è la grossa parete di un’ingombrante passato; che fa sfondo, più che al presente in sé, ad una frase/constatazione in grado di trascenderlo il tempo. Scritta a bomboletta ieri, in tubolare a neon oggi. Un monumentale lavoro di stratificazione che si fa ancora più suggestivo la sera, quando illumina un’attualità in continua evoluzione. Come i “momentacci” di ieri e di oggi.

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