È il 1815, il vulcano Tambora erutta in Indonesia producendo un effetto farfalla che arriverà fino in Europa. Epidemie e carestie come mostri affamati e senza volto decimano la popolazione. Nello scenario apocalittico di un’Europa devastata dal colera un gruppo di amici decide di trascorrere un periodo di isolamento presso Villa Diodati a Cologny, una cittadina della Svizzera. Privi di dirette instagram e tik tok ad aiutarli a scongiurare la noia di un lockdown autoimposto leggono insieme romanzi spaventosi, tra questi Fantasmagoriana, e, affascinati dalla lettura, decidono di cimentarsi a loro volta nella scrittura di racconti dell’orrore. Quello che ne verrà fuori non sarà un Decameron dalle tinte creepy, bensì alcuni dei racconti tra i più inquietanti di sempre. Della non poi così allegra brigata, infatti, fanno parte, Mary Shelly, che in questa cornice dà vita a Frankenstein e John Polidori che scriverà la storia del vampiro che ispirerà il Dracula di Stoker.Le conseguenze dell’eruzione del Tambora, però, non sono che il prologo di una storia ben più raccapricciante. A tali eventi segue lo scioglimento temporaneo del ghiaccio. L’impero Britannico, incuriosito dal fenomeno, si è cimentato nell’esplorazione del Polo Nord avviando, tra le altre cose, lo sfruttamento estrattivo della regione artica, di cui oggi assistiamo alla crisi irreversibile. Ed è proprio in questa cornice che il Robert Watson della Shelly scriverà alla sorella di aver incontrato un medico che scappava dal mostro che lui stesso aveva creato.
In questa edizione del Lofoten International Art Festival (LIAF), anche noi, circa duecento anni dopo, nel gelo dell’Artico, veniamo messi di fronte ai mostri che abbiamo messo alla luce che, nel mezzo di una nuova crisi tanto climatica quanto politica e sanitaria, si presentano come più spaventosi che mai. La storia di Fantasmagoriana si ripete in cinque siti nella città di Kabelvåg.
Fantasmagoriana proietta nell’Artico nuovi miti dell’immortalità che si scontrano con la precarietà del reale. Produce monumenti leggeri, fragili e mobili che prendono forma come simboli di una riunione di amici che si conoscono già da tempo o devono ancora incontrarsi. Il duo curatoriale Francesco Urbano Ragazzi ha voluto, infatti, interrogarsi su cosa sia un artista locale o regionale scegliendo come ospiti e partecipanti da una parte artisti nati e cresciuti nella Norvegia settentrionale, dall’altra artisti che, pur avendo altre origini, hanno fatto della Norvegia settentrionale la loro base per la loro attività artistica praticando progetti che contribuiscano allo sviluppo delle comunità locali della regione. Fra questi: Nora Al-Badri, Bassam Al-Sabah, Marianne Berenhaut, Alessandra Cianchetta, Kirstine Colban Aas, Pauline Curnier Jardin, Tomaso De Luca, Nolan Oswald Dennis, Cheryl Donegan, Kaare Espolin Johnson, Gaia Fugazza, Aage Gaup, Kenneth Goldsmith, Shadi Habib Allah, Auriea Harvey, Susan Te Kahurangi King, Tomáš Kajánek, Lars Laumann, Sonia Leimer, Olof Marsja, Mary Haugen, Jonas Mekas, Haroon Mirza, Raffaela Naldi Rossano, Eivind H. Natvig, New Mineral Collective, Thebe Phetogo, Christine Rebet, Sille Storihle,Tine Surel Lange, Emma Talbot, Tsai Ming-liang, Stan VanDerBeek, Rimaldas Vikšraitis, Elina Waage Mikalsen, Jennifer West.
Fantasmagoriana non nasce da un concept, bensì dalla condivisione di un racconto orale. Questa narrazione è stata immaginata come una tattica per trasmettere una conoscenza tacita in cui le informazioni su eventi naturali, immaginari e politici potrebbero intrecciarsi liberamente in nuove mappe evolvendosi e adattandosi ai contesti in cui gli artisti operano. “Siamo entusiasti di far parte della gloriosa storia della Biennale LIAF, intraprendendo questo viaggio verso nord preceduto da tanti colleghi che stimiamo. Alla fine di una pandemia e nel mezzo di una crisi climatica globale, pochi luoghi al mondo oggi sono più pertinenti delle Isole Lofoten come scenario di una biennale d’arte” dichiarano i curatori. “Le isole Lofoten sono un ecosistema pacifico, ma estremo in cui gli esseri umani hanno sempre affrontato l’isolamento e cercato l’equilibrio tra se stessi e l’ambiente attingendo alla saggezza di questi luoghi e delle comunità che li vivono”
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