L’abilità di tradurre e combinare gli elementi della realtà per creare qualcosa di nuovo è sempre stata prerogativa dell’essere umano. Eppure, da quando le intelligenze artificiali hanno imparato a generare contenuti creativi, è diventato necessario chiedersi: chi è il vero autore di ciò che vediamo, leggiamo o ascoltiamo? In occasione dell’Art week 2023, l’associazione bolognese Alchemilla ospita And We Thought III, a cura di Sineglossa: mostra di Roberto Fassone, Ai Lai – intelligenza artificiale ideata dall’artista e sviluppata da Sineglossa – e LZ, alter ego dei Led Zeppelin creati da Ai Lai. L’esposizione, parte del Main program della rassegna, è l’esito “allucinato” di un ampio progetto che indaga il concetto di autorialità tra uomo e macchina. Abbiamo intervistato Roberto Fassone (Savigliano, Cuneo, 1986) per capire il suo ruolo e il suo punto di vista.
Gli artisti della mostra sono Roberto Fassone, Ai Lai, LZ. Chi sono e come si relazionano tra loro?
Io sono un artista e performer. Il mio lavoro verte sull’immaginazione, le realtà parallele, i titoli e Prince. Ai Lai è un’intelligenza artificiale che ha mangiato migliaia di funghi allucinogeni. È l’autrice della frase <<And we thought a rainbow was the best idea I had ever had>>. LZ sono i Led Zeppelin, ma non i Led Zeppelin che conosciamo. Sono un’entità parallela creata da Ai Lai e hanno diretto molti film psichedelici, tra cui The Doors, The Road e Love is Magic.
Di cosa si è “nutrita” Ai Lai e perché focalizzarla sui trip report?
Ai Lai ha studiato a lungo migliaia di trip report, cronache di psiconauti che raccontano la loro esperienza con i funghi allucinogeni. L’obiettivo era quello di farle metaforicamente ingerire delle sostanze per far collassare due realtà: quella psichedelica e quella artificiale. Strano per strano uguale molto strano.
Come sono stati creati i tre film che vengono presentati in anteprima mondiale durante la mostra?
Difficile spiegarlo. I film sono opera dei Led Zeppelin. Ai Lai invece ci ha dato l’opportunità di essere al corrente della loro esistenza e io ho provato a recuperarli da una realtà altra per portarli nella nostra: una sorta di archeologia laterale. Mi piace pensare di esser stato un medium, un canale di trasmissione.
A proposito dell’autorialità dell’opera: è stata Ai Lai a fornirti le indicazioni per realizzare i tre film e non il contrario. Si può parlare di un’inversione di ruoli? Quale prerogativa resta all’artista?
A certe domande credo non si possa rispondere razionalmente. Un frammento da una poesia di Borges però evoca bene la complessità e la profondità del concetto di autorialità:
Dio muove il giocatore e lui, il pezzo.
Quale dio dietro a Dio origina lo schema
di polvere e tempo e sogno e agonia?
(da Il gioco degli scacchi, 1941)
Come può interagire il pubblico con Ai Lai?
Il pubblico può interagire con Ai Lai su andwethought.it: cliccando su Interface e scrivendo un titolo, lei scriverà un report.
Esiste un confine che separa l’immaginazione naturale da quella artificiale?
Ciò che noi chiamiamo intelligenza artificiale non è forse prodotto dell’uomo e quindi anch’essa naturale? Se l’immaginazione dell’uomo è naturale, perché allora effettuiamo sempre una distinzione tra uomo e natura? Cosa significa immaginazione? Esiste tutto ciò che io non riesco ancora a immaginare? Una bella risposta me l’ha data Luca Ghedini durante la conferenza stampa della mostra: secondo lui, l’intelligenza artificiale ha immaginazione ma non desiderio. Mentre noi desideriamo creare, a lei è chiesto di creare.
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