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Galleria Continua presenta la mostra di André Komatsu al St. Regis di Roma. Intervista all’artista
Arte contemporanea
Dallo scorso 20 aprile fino al prossimo 17 giugno Galleria Continua ospita, per la prima volta nei suoi spazi espositivi di Roma, all’interno dell’albergo The St Regis Rome, una mostra personale di André Komatsu, tra i più celebri rappresentanti della giovane generazione di artisti brasiliani. Komatsu ha esposto al Bronx Museum di New York, alla Drawing Room di Londra, passando per esposizioni presso il Padiglione del Brasile alla 56a Biennale di Venezia, il Museo d’Arte di San Paolo fino all’ultima Triennale di Aichi in Giappone. In questa intervista André Komatsu ci ha raccontato il pensiero e le esperienze che lo hanno guidato nella realizzazione di questa suggestiva esposizione.
ABYSS/ABISM, è il titolo della tua nuova personale. L’etimologia di questo termine deriva dal greco ἄ-βυσσος, senza fondo, cosa rappresenta per te questa parola? Assume un’accezione positiva o negativa?
L’abisso può essere un modo per decostruire la realtà. Nella mia mostra, il “senza fondo” può avere un’accezione negativa di assenza e di speranza, un’atmosfera distopica di oscurità, come riferimento al periodo di isolamento sociale nel mondo a causa del covid-19, o per noi in Brasile, l’esperimento di un governo che ha usato negli ultimi 4 anni una politica genocida per manipolare, convertire e controllare la popolazione. Nonostante la miseria subita negli ultimi anni, ricordando il termine “senza sfondo”, possiamo anche intenderla come una costanza nel continuare a cadere, a fluttuare, a muoversi e quindi a vivere… Come nell’opera Salto nel vuoto, quando Ives Klein manipolò l’immagine per creare un salto nel nulla.
Ci sono artisti che hanno influenzato il tuo lavoro?
Molti artisti mi hanno influenzato nel corso degli anni, soprattutto gli artisti dagli anni ’50 ai ’70, ma cerco sempre di cercare nuove relazioni. Tuttavia, ad oggi, credo che i riferimenti più attuali siano la mia esperienza quotidiana e le letture di libri di filosofia e sociologia.
Nelle opere esposte in mostra spicca l’uso poetico e sfaccettato di materiali e frammenti, derivanti dalla vita quotidiana. Perché questa scelta?
Utilizzo materiali di uso quotidiano da molto tempo. All’inizio della mia carriera, l’impiego degli stessi derivava dal fatto che si trattasse di materiali facili da usare, che potevo ottenere gratuitamente o a basso costo. Ben presto ho cominciato a considerarli non solo come materiali quotidiani, ma anche come frammenti di archeologia quotidiana. Con le loro storie anonime, con i loro corpi già consumati e scartati dalla programmazione del mercato. Al di là di questo punto, volevo stabilire un linguaggio grezzo delle opere, senza truccare il materiale stesso e inondarlo di metafore: ponendolo come soggetto e non come oggetto. Penso che forse l’uso di questi materiali più poveri e grezzi sia il risultato di un contrappunto ai materiali classici usati nel corso della storia dell’arte come il bronzo, il marmo, il granito o anche la pittura a olio, che per me arrivavano con una certa distanza e astrazione. Oltre ai riferimenti alle opere d’arte classiche, che ho ottenuto attraverso libri e riviste, le informazioni arrivavano già non attraverso l’ambiente reale, ma attraverso un’interpretazione della sua rappresentazione.
In che modo il periodo del lockdown ha influenzato la tua produzione?
Durante il lockdown ho perso il mio studio e ho dovuto adattarmi a lavorare da casa. Isolato, con poco spazio e poche risorse, mi sono ritrovato a sperimentare per la prima volta la pittura ad olio. In un primo momento l’ho visto come un esercizio, un diario che ritraeva la realtà distopica che ci circondava, a causa della pandemia e naturalmente il crollo della visione di una società democratica in Brasile (nel 2018 il candidato di estrema destra ha vinto le elezioni e ha continuato a gestire il Paese come una strategia necropolitica). Pensandoci, il tempo lento per asciugare l’inchiostro, è un tempo naturale contro una macchina complessa che è alla base dell’accelerazione dell’ordine naturale. Durante questo processo pittorico mi sono ricordato del Realismo d’avanguardia del XIX secolo, il primo movimento che ha iniziato a rappresentare il valore dell’ordinario, del comune. Creando un dialogo tra questi due riferimenti, ho iniziato la serie Sobre o amanha a Alvorada/on the dawn of the tomorrow. Una frase così appropriata rispetto al momento che stavamo attraversando, tratta da un articolo della vecchia rivista brasiliana Manchete, che scriveva una critica al Brasília e alla costruzione dell’utopia con la realizzazione della nuova capitale portatrice di modernità. Con questa serie, ho cercato di stabilire una comunicazione e persino una critica tra i progetti passati di un Paese con un interesse nato negli anni Cinquanta e la sua eredità dopo la dittatura militare e il radicamento delle politiche neoliberali.
Nell’era contemporanea qual è secondo te il compito dell’artista?
In America Latina l’arte deve ancora necessariamente essere politica. L’arte può essere un modo per riflettere la realtà, è ancora una vera e propria manifestazione. È ancora fuori controllo. Dal 2016 ho iniziato a partecipare ad alcune collettive d’arte, come Aparelhamento, Ali (Arte Libera Itinerante) e Galeria Reocupa, come modo per essere più politicamente e socialmente attivo. L’interesse è iniziato quando abbiamo assistito al golpe di Dilma (2016) e poi all’inizio della disattivazione dei programmi culturali e sociali da parte di Temer. Per molti anni, la rete Aparelhamento è stata attiva creando azioni contro il colpo di Stato e il governo Bolsonaro (2018). Una delle azioni più importanti e durature è stata la creazione della cucina 9 de Julho e successivamente della Galleria Reocupa. Una galleria d’arte commerciale all’interno dell’edificio 9 de Julho a São Paulo. Un’occupazione sociale, organizzata dal movimento sociale MSTC.
Come si è svolto il progetto?
La strategia del creare uno spazio d’arte in questo luogo è stata quella di costruire un’altra barriera contro l’esproprio da parte del governo. Oltre a contribuire alla manutenzione dell’edificio con la vendita delle opere d’arte esposte. Questa galleria nasce per contrastare il mercato dell’arte, poiché non genera profitti. Tutto il capitale guadagnato viene devoluto alla lotta del movimento e all’aiuto agli artisti. Per la legge, se l’edificio è chiuso e non paga la tassa comunale, non sta adempiendo al dovere sociale nei confronti della città. Pertanto, l’MSTC organizza l’occupazione di questi luoghi, al fine di restituire alla città la funzione originaria dell’edificio. Una volta occupata, la proprietà è completamente adattata per l’edilizia sociale, che mantiene, preserva e ottimizza il sito, restituendo alla società la sua funzione sociale. Ali:leste è stato un progetto che abbiamo avviato nel 2018, di fronte all’oscurità che sarebbe arrivata con il governo Bolsonaro. Il progetto è stato concepito e sviluppato da artisti plastici, con l’obiettivo di stabilire un ponte affettivo, educativo, artistico e sociale dal centro all’estremo est di São Paulo, Cidade Tiradentes.
Untitled è un’opera che sottolinea come il mercato sia ovunque e distorca la nostra comprensione della realtà. Arte e mercato possono convivere e dialogare senza corrompere gli ideali della prima?
Dopo l’attuazione di una politica economica neoliberista, il mercato è diventato onnipresente. Nelle scuole, nelle istituzioni, nei social network, nell’amministrazione pubblica e persino in ciò che intendiamo come libero arbitrio. A mio avviso, l’arte è più legata a un pensiero, a una manifestazione e non ad un prodotto di consumo. Il prodotto è la materializzazione del pensiero. L’eco di una manifestazione, che esiste come potenziale. Non che il prodotto sia inferiore alla manifestazione, ma entra già in un’altra categoria di consumo. Il pensiero può essere consumato, ma avendo un carattere più volatile, crea maggiori difficoltà. Penso che l’arte possa essere un modo per corrompere l’idea generale del mercato, dell’autosmaltimento, dell’autoconsumo. Come ho detto poco fa a proposito della galleria che si rioccupa. Scardinare questo sistema per il beneficio comune della collettività. Un percorso opposto all’accumulazione fine a sé stessa, producendo trasformazione del capitale.
Quali sono i prossimi progetti a cui stai lavorando?
Dopo questa mostra qui a Roma, tornerò a São Paulo, dove oltre alle lezioni e al coaching per giovani artisti, riprenderò i progetti di cui ho già parlato. Per la galleria Reocupa stiamo progettando una grande mostra che si svolgerà in tre luoghi, nell’edificio dell’occupazione a São Paulo, poi nel Museo Incofindencia a Ouro Preto e successivamente in un altro museo a Brasilia. La mostra, realizzata in modo orizzontale e collettivo tra artisti, curatori, residenti dell’occupazione, ha come tema l’idea di rifondazione, intesa come proposta critica allo statusquo, sia nella storia scritta del Brasile, sia in campo estetico, politico e persino di genere. Un altro progetto è la continuazione delle azioni di Ali:leste, a tal fine terremo un’asta con opere nostre, dei giovani di Cidade Tiradentes, zona est di São Paulo, di artisti e di altri sostenitori del progetto. Lo scopo dell’asta è quello di raccogliere fondi per continuare a sviluppare e collegare gli estremi sociali, politici ed economici della città di São Paulo.