07 giugno 2024

Londra, omaggio a Guy Brett: il racconto di una collezione d’arte politica

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Una mostra alla galleria londinese Alison Jacques ricorda Guy Brett, storica firma culturale del Times e curatore impegnato politicamente. Dando l’occasione di esplorare l’arte contemporanea da una prospettiva alternativa

Hélio Oiticica; P11 Parangolé Cape 7 “Sexo e violencia eis o que me agrado (Sex and violence that’s what I like)”, 1966; Courtesy: Alison Jacques, London

Il racconto della vita di un collezionista non può che passare per le opere che hanno segnato la sua vita. Una collezione d’arte è composta non solo da ciò che è stato acquisito ma dalle relazioni umane, dai viaggi, dalle esperienze che hanno condotto alla sua formazione. È questa la narrazione portata avanti dalla mostra Angel with a gun: homage to Guy Brett, inaugurata presso la sede londinese della galleria Alison Jacques, che si propone di omaggiare il critico e curatore inglese Guy Brett (1942-2021) attraverso l’esposizione di una parte della sua collezione.

‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio

Brett è noto per aver lavorato come critico d’arte per il Times di Londra, per la sua attività con la galleria Signals (1964-6) e la pubblicazione del Signals Newsbullettin, una delle sperimentazioni più innovative per ciò che riguarda l’informazione nel mondo dell’arte.  Il ritratto che viene tracciato negli spazi di Alison Jacques è, in primis, politico: co-fondatore del gruppo Artists for Democracy, l’attività critica e curatoriale di Guy Brett è sempre stata legata a ciò che succedeva nel mondo, dal colpo di stato in Cile nel 1973 alle questioni della contemporaneità. Guy Brett è così raccontato attraverso la sua curatela, capace di guardare al mondo e alle sue sfumature, evitando una narrazione occidentalocentrica della realtà.

‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio
‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio

Il titolo della mostra deriva dalla prefazione dello storico dell’arte Yve-Alain Bois al testo di Brett Carnival of Perception (2004). In quelle pagine, Bois sottolineava in particolare l’interesse di Brett nel dialogo fra gli opposti, proprio dell’arte latino-americana di cui era grande collezionista, soprattutto per ciò che concerne il modernismo brasiliano. A partire dall’incontro con l’artista brasiliano Sérgio Camargo – presente anch’egli all’interno della mostra – Brett aveva infatti cominciato a interessarsi progressivamente al clima culturale del Brasile.

Nel 1965, Brett ha avuto modo di incontrare a Rio de Janeiro Hélio Oiticica (1937-1980), ancora oggi considerato l’esponente più importante dell’arte concettuale brasiliana assieme a Lygia Clark (1920-1988), che pure Brett ha conosciuto e che segna una parte importante del percorso espositivo proposto negli spazi di Alison Jacques. Dopo questi incontri, l’attività curatoriale di Brett si è legata a doppio filo con la volontà di andare oltre l’arte europea e la visione estetica eurocentrica, valorizzando invece una serie di istanze al di fuori del sistema canonicamente riconosciuto, a partire proprio dall’arte brasiliana e dalla sua capacità di integrare il corpo all’interno del processo creativo. Un esempio è la mostra personale di Oiticica alla Whitechapel Gallery nel 1969, l’unica personale dell’artista al di fuori del Brasile durante la sua vita, curata dallo stesso Brett.

‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio

L’allestimento più suggestivo proposto da Alison Jacques è quello presentato nella seconda galleria dello spazio, in cui sono posti in dialogo i lavori di Oiticica con quelli di Alejandro Otero, Jac Leirner, Regina Vater e, soprattutto, Eugenio Dittborn e Cildo Meireles. Ciò che colpisce maggiormente è la sua anima politica, particolarmente attuale: la serie degli Zero di Meireles – delle banconote contraffatte dall’artista per attaccare la smaterializzazione dei processi finanziari capitalisti – si estende infatti dal 1978 al 2013, passando dai dollari americani al real brasiliano.

Le opere protagoniste della sala sono però i due lavori di Oiticica, l’artista che ha rivendicato un ruolo nuovo per il corpo all’interno del processo creativo, con i suoi parangolés: dei tessuti pensati per essere indossati mentre si danza, mentre si vive e respira insieme, con l’opera d’arte che nasce dal movimento del performer, che può essere chiunque indossi il parangolé. L’arte con Oiticica è diventata sinestesia, partecipazione, danza, festa e contestazione al tempo stesso, un modo per rivendicare la presenza e l’esistenza del proprio corpo all’interno dello spazio pubblico.

‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio
‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio

In primis, abbiamo una serigrafia di Hélio Oiticica, Seja marginal seja herόi (Be an Outlaw, Be a Hero) del 1968, sospesa a mezz’aria all’ingresso della sala, accogliendo il fruitore con un’immagine drammatica: il corpo dell’assassinato Manuel Moreira, noto come Cara de Cavalo, ucciso dalle forze dell’ordine brasiliane, in una sorta di crocifisso profano, su uno sfondo rosso che accentua il carattere politico dell’opera. La frase “seja marginal seja herόi”, riportata sotto il corpo di Moreira, non ha dato solo voce alle persone ai margini della società brasiliana, tema particolarmente centrale in quel periodo, ma ha assunto progressivamente il ruolo di canto contro la dittatura militare che, dal 1964 e fino al 1985, ha dominato il paese. L’opera è diventata la bandiera movimento Tropicália, che negli anni Sessanta e Settanta si è contraddistinto per la sua opposizione politica e culturale alla dittatura militare. Il movimento, traendo dall’eredità del modernismo brasiliano la capacità tipicamente brasiliana di fagocitare assieme diversi stimoli culturali e farli propri, ha così proposto una visione del mondo alternativa a quella occidentale, radicata nella contaminazione fra le diverse culture del Brasile.

‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio
‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio

L’altra opera che domina visivamente lo spazio espositivo è un parangolé di Oiticica, P11 Parangolé Cape 7 “Sexo e violencia eis o que me agrado” (1966), il quale riprende la bandiera statunitense. L’opera è una denuncia delle politiche statunitensi in America Latina, ma al tempo stesso è emblematica nel rappresentare il binomio sesso-violenza della cultura della fine degli anni Sessanta, quella stessa volontà di vivere al limite che ha contraddistinto la biografia dello stesso Oiticica.

Questa giustapposizione delle due opere di Oiticica con gli Zero di Meireles e le altre del percorso espositivo fa sì che la seconda galleria di Alison Jacques sia estremamente politica. Ci si trova di fronte a un allestimento anticoloniale, che denuncia il coinvolgimento dell’Occidente nelle questioni interne dell’America Latina e in particolare nell’oppressione cui è stato soggetto per motivi politici e finanziari.

‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio
‘Angel with a Gun: Homage to Guy Brett’, 2024, exhibition view, Alison Jacques, London. Courtesy: Alison Jacques, London; photo: Eva Herzog Studio

Un dialogo interessante è quello instaurato con l’opera di Eugenio Dittborn, AIRMAIL PAINTING, no. 48 – ‘9 SURVIVORS’ (1986), che fa parte della serie di opere che Dittborn spediva direttamente alle gallerie per aggirare la censura, scrivendo l’itinerario sulla busta che viene esposta accanto all’opera. All’interno di questa sala, ci si trova immersi nel desiderio di liberazione e nella volontà di contestazione del Brasile degli anni Sessanta e Settanta, che ha portato poi all’esilio di molti dei protagonisti della mostra.

Una di queste è Lygia Clark: il percorso espositivo nel piano inferiore della galleria è dedicato a una retrospettiva del suo lavoro, alternando le opere vere e proprie con gli oggetti testimonianti le opere partecipative di Clark. Il tema della partecipazione del fruitore è fondamentale nell’opera di Clark, che ha considerato la pratica artistica come un processo terapeutico collettivo. Si è adoperata così la scelta di raccontare questi momenti collettivi attraverso sia gli oggetti parte delle azioni di Clark, sia attraverso testimonianze fotografiche che permettono al visitatore di comprendere come gli oggetti venivano utilizzati.

La difficoltà di raccontare le opere relazionali è una delle sfide della curatela contemporanea, soprattutto nel caso di contesti espositivi tradizionali, come il white cube che caratterizza gli spazi di Alison Jacques. La decisione di porre assieme il materiale documentario, le fotografie e gli oggetti stessi si è dimostrata vincente, in quanto in grado di restituire un’idea complessiva di ciò che era il pensiero e l’opera di Clark.

La mostra proposta da Alison Jacques si trasforma così in un dispositivo atto a raccontare quello stesso Brasile che ha segnato inevitabilmente l’esistenza di Guy Brett. Il ritratto del collezionista che questa mostra presenta è quello di una persona che si è calato nel Brasile del Novecento con grande consapevolezza delle proprie responsabilità in quanto occidentale. Brett si è lasciato assorbire, contaminare, avvolgere dall’arte brasiliana, che ha saputo ascoltare, presentare e promuovere con le parole proprie degli artisti e non con la visione occidentalizzante che avrebbe rischiato di inserire questi artisti nel calderone dell’ennesimo esotismo per il pubblico occidentale. Questo racconto è non solo personale e individuale, ma anche collettivo di un interesse verso l’Altro: quel Brasile che ha aperto le possibilità artistiche verso il ruolo del corpo e della collettività nel processo creativo, trasformando l’arte dalla creazione individuale alla possibilità di uno spazio condiviso.

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