23 agosto 2024

L’opera al nero è la mostra che inaugura Radis, nuovo spazio espositivo di Rittana nel cuneese

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Il Centro Civico e Culturale di Rittana inaugura il primo capitolo de L’opera al nero, la mostra collettiva a cura di Marta Papini e Leonardo Pietropaolo Il progetto si svolge all’interno di Radis, il nuovo progetto di arte nello spazio pubblico

L’antica canonica di Rittana, piccolo paese della provincia di Cuneo, diventa uno spazio espositivo per l’arte presentando il primo capitolo de L’opera al nero, a cura di Marta Papini e Leonardo Pietropaolo, con l’artista Giulia Cenci. La mostra collettiva accoglie alcune opere della collezione della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT e della Fondazione CRC con l’intento di portare l’arte tra la gente. L’idea si inserisce all’interno di Radis, il nuovo progetto d’arte nello spazio pubblico promosso e ideato dalla Fondazione per l’Arte Moderna e contemporanea CRT, realizzato per questa edizione in collaborazione con la Fondazione CRC. L’obiettivo di Radis è quello di arricchire il territorio piemontese con opere d’arte pubblica per la comunità con un programma di eventi e incontri che permettano di riscoprire e vivere la regione. L’opera al nero è il primo capitolo di un progetto che culminerà con l’installazione permanente dell’opera dell’artista Giulia Cenci (Cortona, 1988) nell’area attrezzata del Chiot Rosa. Il prossimo 6 ottobre 2024 verrà inaugurata l’installazione all’interno dell’incantevole radura di alberi di betulla a 1600 metri sul livello del mare, tra il comune di Rittana e la Borgata Paraloup.

Nel frattempo il Centro Civico e Culturale che ha sede nell’antica canonica del paese ospita una mostra intenta a indagare il rapporto tra l’essere umano e il mondo che abita. Il progetto espositivo L’opera al nero è ispirato dall’omonimo romanzo della scrittrice Marguerite Yourcenar pubblicato nel 1968. La storia, ambientata nel 1500, racconta la vita dell’alchimista, medico e filosofo Zenone. Il protagonista viaggia l’Europa osservando le persone, le loro abitudini e le differenti tradizioni. In una maniera simile, la mostra invita a questionare la percezione che abbiamo del mondo e il nostro rapporto con gli altri esseri viventi in questa complessa epoca fortemente condizionata dalla tecnologia. L’opera al nero non è altro che la nigredo, in alchimia è il termine usato per rappresentare la prima fase della trasformazione alchemica. Il cambiamento, visto come evoluzione, è un’azione perpetua che coinvolge tutti.

Tabita Rezare, Mother Earth

L’artista Tabita Rezaire (Parigi, 1989) incarna il cambiamento nella maternità associandola ad un albero antropomorfo che custodisce all’interno del suo grembo un seme. Mother Earth (2022) è un circolare arazzo ricamato insieme ad alcune donne Saramaka della Guyana francese. Lo sfondo è rosso come un campanello d’allarme che richiama alla responsabilità di prendersi cura della Terra. I capelli della Madre Terra sono onde di foglie, le mani dei rami, i piedi delle radici. Rezaire pone l’attenzione all’allattamento raffigurando il soggetto come se fosse una dea dai molteplici seni. Salendo ai piani successivi troviamo due grandi tele a grandezza naturale di Lorenza Boisi (Milano, 1972) dedicate al rapporto con gli animali. Il dittico, olio su tela, ritrae con un gesto spontaneo un enigmatico uomo di montagna insieme ad un docile cane e poi un giovane Orfeo in costume da bagno che intrattiene una selvatica tigre suonando un ukulele. L’iconografia classica è trasformata dalla Boisi in una scena quotidiana, contemporanea. Le figure si rapportano con lo spettatore in maniera diretta.

Lorenza Boisi, Orfeo incanta gli animali con la Musica, 2019, oil on canvas_160hx120cm

Nus (2012) è il grande rilievo scolpito nel polistirolo di Lin May Seed (1973-2023). L’opera mostra una coppia di uomini primitivi intenti a disegnare animali sulle pareti della grotta. Attraverso l’uso di questo polimero ritrae l’inizio della nostra evoluzione datando a quell’epoca la graduale distruzione del Pianeta. Il titolo è preso dalla parola tedesca “nuss”, tradotta in noce. Infatti nella cornice inferiore dell’opera sono disposti in fila questi nutrienti frutti a guscio, proiezioni del pensiero dell’artista che offrono idealmente un’alternativa vegana all’uomo primitivo.

Steffani Jemison, Untitled (Same Time)

Nell’ultima sala dialogano i due lavori finali. La prima è l’opera video Preparação (1975) di Letìcia Parente (1930–1991). La donna si sta preparando ma anziché truccare il proprio viso copre la bocca e gli occhi con del nastro adesivo bianco. Poi con la matita ci disegna sopra con cura degli occhi e con il rossetto delle labbra assomigliando ad un’inquietante e inespressiva bambola. Il video è degli anni Settanta, in bianco e nero, ma la forte critica nei confronti dell’oggettivazione del corpo femminile e nella ricerca della perfezione fisica lo rende più contemporanea che mai. Infine, Steffani Jemison (Berkley, California, 1981) indaga i limiti del linguaggio con Untitled (Same Time), (2023). L’artista ha ridato vita ad una serie di specchi disegnando e graffiando sopra la superficie. Le opere sono una traccia della comunicazione di due persone che attraverso l’antico gioco del “ripiglino” intrecciano il filo facendolo scorrere tra le mani. Jemison ritrae momenti di pura condivisione offrendo una sorta di documento ludico appartenente ad una comunicazione di altri tempi, lasciando trapelare la nostalgia.

Letícia Parente, Preparação

La vocazione di Rittana è quella di un piccolo paese artistico in cui la pittura ricopre la maggior parte delle facciate delle case. Grazie alla ricca programmazione di Radis diventa una località da riscoprire ed esplorare, immergendosi nell’arte e nella natura incontaminata del territorio.

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