01 novembre 2024

Luci della città… Luci d’artista

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Luci d’Artista torna a Torino con la sua 27esima edizione, diretta per il secondo anno da Antonio Grulli. Abbiamo parlato con lui dei progetti per il futuro, ma anche del senso della luce e, al suo opposto, di quello del buio

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Ancora una volta Torino si accende delle Luci d’Artista. Nata 27 anni fa con la geniale intuizione di sostituire le luminarie del periodo delle feste con vere opere di arte contemporanea, la manifestazione è ormai un’istituzione artistica. Fare di LDA una realtà duratura e attiva tutti i mesi dell’anno è una delle idee che più stanno a cuore al direttore artistico Antonio Grulli, che in questa intervista ce ne racconta le vicende, dalla commemorazione per Rebecca Horn alle molte novità della nuova edizione. A differenza degli anni precedenti, quest’anno ci saranno infatti due new entries: un’opera del maestro Luigi Ontani e una dell’artista mid-carreerAndreas Angelidakis. È stato poi creato un nuovo logo, a sottolineare la personalissima identità dell’evento. Per il futuro sono in cantiere progetti e idee di tutti i tipi: dai lavori artistici sulla luce diurna e al tema del buio, eventi nel corso dell’anno e altro ancora.

Questa edizione di Luci d’Artista prevede alcune importanti novità. Me le racconti?

«Per me questa sarà un’edizione molto importante. L’anno scorso con la Fondazione Torino Musei e la Città di Torino abbiamo apportato un’evoluzione abbastanza radicale a LDA. Vogliamo fare in modo che la manifestazione sia attiva tutto l’anno, con tanti momenti in cui si riesce a lavorare con la luce legata all’arte contemporanea. Quest’anno le novità apportate lo scorso anno verranno ulteriormente istituzionalizzate».

In che modo?

«La prima è l’entrata di due nuove luci, una realizzata da un maestro e l’altra da un artista più giovane. L’artista più giovane quest’anno è Andreas Angelidakis, di fama internazionale, uno dei protagonisti della Documenta tra Kassel e Atene. Mi piacerebbe che questo diventasse il format degli anni a venire. La seconda novità è che oraLDA ha un suo logo realizzato insieme allo Studio Fludddi Torino. È molto importante, perché fa capire che non siamo più solo un festival invernale, ma un’istituzione artistica che vive tutto l’anno. E poi il sito: ne abbiamo avuti in passato sulle singole edizioni, ma ora stiamo lavorando ad uno legato alla manifestazione in generale,alla sua storia. LDA, alla fine, è un museo a cielo aperto,e mancava un vero singolo luogo dove tutto quanto fosseraccolto. Il sito, seppur virtualmente, sarà la casa di LDA. Sarà il nostro archivio e il modo in cui comunicheremo in futuro».

La commemorazione di Rebecca Horn è stata emozionante…

«Era già capitato l’anno scorso con Anselmo, anche allora fu commovente. Ma questo dice molto anche del valore di LDA. Per il fatto che le opere sono nello spazio pubblico, e sono fatte di luce, immediatamente hanno una dimensione spirituale ed una capacità di comunicare in modo forte anche con il pubblico di non addetti ai lavori. C’è un potenziale, per capacità di arrivare al pubblico più vasto che è raro per una manifestazione di arte contemporanea. Poi la luce di Rebecca Horn è una delle più amate, ed è in una posizione fantastica, che domina tutta la città».

Mi parli delle nuove acquisizioni?

«L’opera di Ontani sarà davanti a Porta Nuova, ai Giardini Sambuy. È un’opera dedicata a Torino e a una certa tradizione letteraria torinese. Lì c’era la Casa Editrice e libreria Fogola, e quella piazza è anche drammaticamente legata alla memoria di Pavese. Luigi ci teneva a lasciare un segno in questo senso. È un’operalegata alla magia, allo sciamanesimo. Invece l’opera di Angelidakis è realizzata in collaborazione con i giochi FISU, le vecchie universiadi, che si terranno a Torino a gennaio. Lavora con l’immaginario della Grecia classica, ma rivisitandolo in maniera molto contemporanea».

Ho notato che parli sempre della luce come fenomeno percettivo, fisico

«Finora LDA ha avuto a che fare con l’installazione luminosa, ma vorrei lavorare anche sulla luce del giorno, quella solare, oppure sul buio. Già Cuoghi era riuscito a farlo. Ci sto riflettendo, è complesso, ma mi piacerebbe molto».

L’intervista a Filipa Oliveira prosegue su exibart 126. Scarica qui la tua copia

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