Luisa Turuani, Un altro giorno felice – SEM (società editrice milanese)

di - 10 Febbraio 2022

Né zitta, né buona ma cinicamente ironica, felicemente scettica; così è se vi pare, la mostra di Luisa Turuani (1992) intitolata “Un altro giorno felice”, una citazione dell’opera teatrale di Samuel Beckett, Giorni felici, ideata ad hoc per i gli ambienti domestici tutt’altro che asettici di SEM (Società Editrice Milanese), fin troppo saturi di oggetti, arredi di modernariato vitange-chic; differenti dal prototipo white cube che piace tanto agli artisti minimalisti. L’artista milanese, in bilico tra cultura materiale e digitale, è tra le prime ad essere entrate nel mondo NFT attraverso la piattaforma newyorkese Snark, con una mostra intitolata “Travel Diary” a cura di Sonia Belfiore, è solita sperimentare diversi linguaggi, come video, disegni, installazioni, perfomance all’insegna della libertà espressiva e da un humor nero surreale tutto suo, in cui gli oggetti materiali si animano di nuovi significati in relazione al contesto anche attraverso format digitali.
La mostra milanese (visitabile su appuntamento) si snoda in 5 ambienti ipogei di una piccola casa editrice con altrettante installazioni site-specific e qui Turuani, come Winnie, la protagonista dell’opera teatrale di Beckett, costretta a vivere interrata sino alla vita nella sabbia ripetendo a se stessa di essere felice della sua condizione, ci pone interrogativi spiazzanti sulla nevrosi di vivere tra mobilità e immobilità, nell’era della connessione attraverso opere in cui vita, letteratura ,desideri e surrealtà coesistono.

Luisa Turuani, un altro giorno felice da SEM

Nella quinta sala che chiude il percorso espositivo, ipnotizza una proiezione videosonora dal titolo Io sto benissimo (2021), frase mantra del tipo “andrà tutto bene”, di una voce maschile sintetizzata che coniuga “stare benissimo”, nella forma presente, passato, futuro per finire con l’imperativo. È un opera che turba e sorprende il visitatore, in cui lo “stare benissimo” cambia significato a seconda del verbo e dell’intonazione in un crescendo di stato ansiogeno che l’ascolto della frase ripetuta in maniera ossessiva genera, inevitabilmente. Alla voce meccanica è associato una proiezione di un rettangolo-schermo tutto blu, quasi trompe-l’oeil scenografico, una finestra virtuale che registra sfumature e cambiamenti di colori di una limpida giornata di sole all’alba al tramonto proiettata sul soffitto in un salotto claustrofobico. Questa installazione surreal-nevrotica, cita il film Agente Lemmy Caution: Missione Alphabille di Jean–Luc Godard in maniera originale, rispetto alle altre è la più compiuta ed emotivamente coinvolgente, capace di inscenare un orizzonte meccanizzato inquietante ben risolto anche sul piano dell’allestimento e in dialogo con lo spazio. Lo stesso carattere straniante dovrebbe averlo il video monocanale Campo di grano con volo di corvi (2021), che mostra alcuni semafori accostati – come pixel – che cambiano colore imprevedibilmente con l’intento di smaterializzare l’elemento urbano attraverso giochi di luce, rendendo la composizione quasi astratta e in continuo divenire. Il video-quadro dalle immagini variabili di processi luminosi dinamici avrebbero avuto un effetto più “immersivo” se proiettate su muro o su grande schermo. L’opera fruibile da piccolo schermo di un pc, come viene esposta nella prima sala che apre il percorso espositivo, ha purtroppo sminuito il suo impatto deflagrante.

Luisa Turuani, Chair(s), 2021

Nel complesso, nonostante alcune problematiche di allestimento, Luisa Turuani non si è lasciata fagocitare da ambienti decisamente ingombranti: è riuscita a ritagliarsi il suo spazio nello spazio, segnalando tra una lampadina e l’altra (in tutto 12 che si accendono a intermittenza ) “zone allarmate” di meditazione, come specchio della nostra condizione di vita dispotica, in cui ossessioni, gioco, scetticismo, ironia e poesia, coesistono vivificando oggetti e luoghi abitabili. Diverte la sua Chair(s), 2021, una sedia non sedia, pronta per essere distrutta e ri-composta, e altri progetti che invitano il visitatore a recuperare quell’ingenua speranza di leggerezza, di fanciullezza perduta sotto il peso di una condizione esistenziale in bilico tra reale e digitale che ha bunkerato emozioni, desideri e sogni.
Su appuntamento RSVP

Jacqueline Ceresoli (1965) storica e critica dell’arte con specializzazione in Archeologia Industriale. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente.

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