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L’ultimo pasto è una coppa di ramen, da Zazà: l’opera di Hermann Bergamelli
Arte contemporanea
di redazione
Cucinare bene non è solo questione di cucinare bene. C’è bisogno anche di qualche altra cosa, una sorta di ingrediente segreto che, però, potrebbe anche essere un elemento al di là dello spazio del piatto e che definisce l’unicità dell’esperienza del gusto. Soprattutto se il pasto è legato a un momento importante. E se fosse l’ultimo? Una situazione al limite ma Hermann Bergamelli la stempera nel riferimento ironico e contestualizzato: “L’ultimo pasto è una coppa di ramen” è infatti il titolo del suo intervento site specific per Zazà Ramen sake bar & restaurant di Milano, preso in prestito dall’80ma puntata della seconda serie di Lupin III. Proprio dal famoso anime giapponese prende il nome il ristorante di Milano, in via Solferino, gestito da Brendan Becht e diventato un punto di riferimento nel connubio tra arte visiva e culinaria.
L’idea di sovrapporre le suggestioni dell’arte contemporanea e gli spazi dedicati alla ristorazione – non solo come oggetti d’atmosfera ma con progetti specificamente calibrati – risale al 2014 ed è vincente, perché si sa che ciò che si vede condiziona anche ciò che si assaggia. Da allora, tante le opere che si sono succedute da Zazà Ramen e tanti gli artisti coinvolti, come Jacqueline Peeters, Jan van der Ploeg, David Tremlett, Jann Haworth. E anche questa volta, l’opera è stata realizzata in stretta collaborazione con l’artista, rappresentato da A+B gallery di Brescia.
La fascinazione di Brendan Becht, titolare del ristorante, per il lavoro di Herman Bergamelli è nata «Da un colpo di fulmine, grazie all’incontro casuale con la sua opera». Da quel momento è partito un dialogo tra i due, alimentato sia dalla sensibilità per l’arte di Brendan, sia dalla passione per la cucina dell’artista.
Si è creata così una rispondenza strutturale tra il lavoro di Bergamelli e il ramen, dove la stratificazione di elementi, che nel ramen corrisponde agli ingredienti, nel lavoro su tela si traduce nella varietà cromatica. L’installazione ricopre l’intera parete, con un’altezza di 3,5 metri e una larghezza di 4,7 metri. Il materiale utilizzato è quello che contraddistingue gran parte del lavoro di Bergamelli, ovvero il tessuto: 100 metri di cotone misto lino tinto, tagliato, suddiviso, strappato, cucito e sovrapposto, per essere restituito, in gran parte nelle declinazioni del verde e del blu, in una dimensione temporale mutata ed estesa che ricopre un arco di due anni di lavoro. L’intervento sarà visitabile fino alla fine del mese di marzo del 2023.
Nato nel 1990 a Bergamo, dove vive e lavora, Hermann Bergamelli si è diplomato nel 2016 in Nuove Tecnologie per le Arti dell’Accademia di Bergamo e ha frequentato nel 2018 una Scolarship alla Central Saint Martins di Londra. Tra le mostre recenti, la personale “Electro Glide in Blu” a cura di Irene Sofia Comi da A+B Gallery, l’intervento installativo per Ricominciare dal Silenzio Festival, passante ferroviario di Milano Porta Garibaldi, la collettiva “15-The Waiting Hall” da A+B gallery, “I’ll be Home Tonight” a The House, Milano, la personale “Tòtòc” da Rehearsal e la partecipazione al festival ArtDate con The Blank Contemporary Art a Bergamo.