19 agosto 2021

L’utopia?! di Nalini Malani, al Museo Serralves

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In diversi spazi dello straordinario Museo Serralves, progettato da Alvaro Siza, una ricognizione della carriera dell'artista indiana Nalini Malani

Nalini Malani Search of Vanished Blood, 2012

È dedicata alle animazioni realizzate tra la fine degli anni Sessanta e oggi, la personale intitolata “UTOPIA?!” di Nalini Malani, in corso al Museo Serralves di Oporto. In diversi spazi dello straordinario museo, progettato da Alvaro Siza, sono presentate video installazioni realizzate con disegni animati che riflettono in modo puntuale sul significato della parola, che da il titolo alla mostra, relazionandolo alla storia dell’India e alla biografia dell’artista. Nata a Karachi nel 1946, un anno prima della separazione di India e Pakistan, a seguito dell’indipendenza dall’Impero britannico, Malani ha vissuto sulla propria pelle il sentimento utopico che ha animato l’indipendenza dell’India ma anche la disillusione per le scelte intraprese dai politici, dettate dalle regole dell’ortodossia religiosa. Il trauma personale e collettivo della divisione dell’India, i ripetuti trasferimenti e lo status di rifugiata hanno segnato la sua biografia e la sua produzione artistica, che si è sviluppata, secondo le sue stesse parole, come un tentativo di “dare senso ai sentimenti di perdita, esilio e nostalgia”, vissuti durante l’infanzia.

N. Malani, Unity in diversitity, 2006

Malani ha fatto irruzione nella scena artistica indiana, dominata da artisti di genere maschile, alla fine degli anni ’60, sperimentando con media allora pionieristici come film sperimentali, video e animazioni. Significativa è stata la sua presenza a “Vision Exchange Workshop (VIEW)”, a Mumbai, alla fine degli anni ’60, spazio interdisciplinare in cui si incontravano creativi di tutte le discipline, pittori, scultori, incisori, fotografi e registi, dove ha creato opere sperimentali realizzate senza la cinepresa o la fotocamera.

UTOPIA!? si apre con l’installazione Memory: Record/Erase, nata dalla lettura di The Job, racconto del poeta e drammaturgo tedesco Bertolt Brecht. Malani interpreta il racconto con disegni su carta pergamena che appaiono, mutano e scompaiono. La cancellazione è per lei un modo per evidenziare le ingiustizie e l’arbitraria divisione del lavoro raccontato da Brecht.

Nalini Malani, Can You Hear Me, 2018-20

Suggestiva e toccante è Unity in Diversity, installazione composta da fotografie di Gandhi e Nehru presentate su pareti in penombra e un video proiettato all’interno di una cornice dorata che prende vita davanti ai nostri occhi. Il lavoro ha origine dal dipinto Galaxy of Musicians di Ravi Varmâ, che raffigura undici musiciste in costumi folkloristici regionali che suonano strumenti tradizionali. Un modo per mostrare “l’unità” nella diversità’, come dichiarato dai politici indiani in seguito alla spartizione del Pakistan nel 1947. Malani lavora, cancella e anima quelle immagini per metterle in relazione con un orribile atto di violenza avvenuto in un quartiere musulmano del Gujarat nel 2002, il più sanguinoso dall’indipendenza, che ha portato allo stupro, alle mutilazioni sessuali e al rogo di alcune donne. Quella che inizia come una composizione armoniosa, con le diverse parti della nazione che suonano insieme, finisce in un bagno di sangue. L’orchestra si trasforma in un esercito in cui le donne portano fucili per proteggersi dagli abusi e dalla violenza. L’opera mostra la discriminazione che le donne vivono nel paese, argomento di cui la Malani si è occupata nel corso della sua intera carriera. Nel 1985 ha curato la prima mostra di artiste indiane, a Delhi, e quello stesso anno è stata la prima donna asiatica a ricevere l’Arts & Culture Fukuoka Prize per la sua “attenzione a temi contemporanei e universali come il conflitto religioso, la guerra, la discriminazione femminile e i temi ambientali”.

Nalini Malani, Can You Hear Me, 2018-2020

Oltre alla volontà di riportare l’attenzione su quei tragici eventi, è emblematica la scelta del display, di proiettare il video all’interno di una cornice come se fosse un quadro animato. Tale sintesi riassume la complessa relazione tra cinema e arti visive, su cui hanno lavorato molteplici teorici di diversi intellettuali nel corso del Novecento, come Gilles Deleuze e Jean-Luc Godard, per citarne solo alcuni.

L’installazione In Search of Vanished Blood, nasce sulle suggestioni delle letture del romanzo Cassandra di Christa Wolf e del libro The Notebooks of Malte Laurids Brigge di Rainer Maria Rilke. Suggestioni letterarie trasferite su immagini provenienti da fonti eterogenee, dalla mitologia indù, dall’antica Grecia, dalla preistoria, e da disastri ecologici, che Malani anima e cancella.

Nalini Malani, Utopia, 1969-76

Chiude la mostra Can You Hear Me? installazione immersiva composta da nove videoproiezioni in cui appaiono più di ottanta animazioni, realizzate con l’iPad. Animazioni che Malani chiama “taccuini” e “emozioni della Memoria”, perché sono il risultato di letture, incontri, pensieri e fantasie nate dai testi di Hannah Arendt, James Baldwin, Bertolt Brecht, Veena Das, Faiz Ahmad Faiz, Milan Kundera, George Orwell e Wislawa Szymborska.

Can You Hear Me? è presentata in una sala adiacente alla mostra “Deslaçar um tormento”, la personale di Louise Bourgeois. “Le due artiste si conoscevano e apprezzavano, e avevamo pensato di fare una mostra insieme, ma poi Bourgeois è mancata e non è stato più possibile” mi racconta Philippe Vergne, direttore del museo Serralves. E aggiunge: “Ma sono sicuro che a Louise farebbe piacere sapere di esporre vicino a Malani, cosi come lei è stata entusiasta di esserlo, quando abbiamo iniziato a lavorare alla mostra”. In effetti nonostante le diversità tra i linguaggi e l’immaginario delle due artiste, il passaggio tra una mostra e l’altra è fluido, si ritrova il medesimo desiderio di indagare la fragilità e la vulnerabilità della psiche dell’essere umano.

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