“Nel rovescio della palpebra” è il titolo della mostra dell’artista romano Matteo Montani (1972), ospite, per la terza volta presso la Otto Gallery di Bologna, dopo la personale del 2010 “A cielo aperto” e “Matteo Montani – Peter Flaccus” nel 2014. Le opere in mostra fino al 10 luglio 2021, sono state realizzate appositamente per l’occasione e rappresentano la riflessione dell’artista sull’immagine prodotta a seguito della visione del mondo “nel rovescio della palpebra”, ovvero in quell’istante in cui la realtà si perde nella percezione sensoriale generata dalla vista, in seguito all’osservazione del mondo circostante. Una riflessione sulla capacità da parte dell’artista di meditare su una rappresentazione, che nella mente diventa evanescente, idea essenziale del concetto dell’oggetto visto, rielaborato e nuovamente interiorizzato, generando nuove forme dai contorni e dalle insolite geometrie.
Le campiture di colore scelte per le opere evocano ed enfatizzano la concezione astratta e impercettibile del pensiero, che, trasformandosi in idea pura, resta impressa sullo spazio pittorico, luogo evocativo dell’instante impercettibile in cui il reale si trasforma divenendo ricordo, impressione, memoria. Per le opere presenti nel percorso espositivo l’artista ha utilizzato, al posto della carta abrasiva, diversi tipi di carta di cellulosa e cotone, bianca o nera, dipingendo con una tecnica pittorica basata principalmente sull’ utilizzo dell’acqua, molto simile all’acquerello. È proprio grazie a questo mezzo espressivo, che l’artista riesce a comunicare con maggiore intensità la delicatezza, l’evanescenza dell’immagine, ma allo stesso tempo la sua esistenza non solo nella mente, ma all’interno dello spazio pittorico, che diventa così rivelatore e foriero di ciò che si genera tra l’occhio e il movimento della palpebra. Ma l’utilizzo dell’acqua richiama anche la parte liquida presente all’interno dell’occhio, come l’umor vitreo, ma anche i liquidi solventi utilizzati per far “emergere” la fotografia e l’immagine stessa impressa sul negativo, qui occhio e retina dell’artista.
Da questa fortissima interazione tra anatomia, percezione, idea, esperienza fenomenologica, nascono le differenti opere, che ciascuna, in modo differente, conduce lo spettatore nel mondo dell’immaginazione dell’artista, dove potersi immergere e lasciarsi trasportare in nuovi sentieri battuti da forme e colori dai contorni e dalle linee sgargianti, in cui una nuova luce, ancora più luminosa, definisce lo spazio dell’anima, lo spazio pittorico. La pittura così diventa mezzo necessario per sperimentare, per esprimere nuovi concetti, per condividere l’interiorità, l’immaginazione vissuta e le immagini generate. Astratte, impercettibili, definite da nuovi geometrismi, come Altrocampo e Altrocampo II, evolvono in dettagli delineati, dove le linee definite ricordano paesaggi naturali, rappresentati quasi in chiave fiamminga, in precisi dettagli e alla ricerca dell’armonia della composizione. La contrapposizione, tra l’oro e il nero, poi, come nell’opera Open Eye-Il Risveglio (2021) enfatizza la preziosità del soggetto rappresentato, facendo riemergere il richiamo a quell’informale che Burri ha reso unico attraverso l’utilizzo di tali cromie, restando egli, pur tuttavia, legato a forme geometriche più definite. Nelle opere Become, Again (2021) e Become, Again II (2021) irrompono dal fondo scuro dei volumi, che sembrano rimandare a paesaggi rocciosi leonardeschi, come nella “Vergine delle Rocce”, illuminati dalla luce della mente dove l’immagine reale si ferma e si trasforma in una equivalente immaginaria rappresentazione.
Presenti, inoltre, opere realizzate con il rullo calcografico in collaborazione con Litografia Bulla a Roma, la più antica al mondo. L’artista ha utilizzato tale strumento per la realizzazione dei suoi lavori e non come mezzo al servizio della stampa, ampliando in tal modo la ricerca espressiva, attraverso la sperimentazione di nuovi strumenti di lavoro.
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