Succede, qualche volta succede, che alle difficoltà corrispondano prese di posizione e rilanci, scommesse vincenti contro il tempo e le condizioni. Come è successo nella galleria P420 a Bologna, per la riapertura della stagione dopo il lungo lookdown, con la doppia mostra di Merlin James e Marie Cool – Fabio Balducci. Un progetto speciale, inaspettato sia per la scelta degli artisti (inediti per la galleria) che per le conseguenti modalità espositive.
Descritte come due mostre, due progetti contemporanei che si dividono gli ampi spazi della galleria bolognese, in realtà opere e condizioni mostrano un affiatamento nell’essenzialità silente e apparentemente scarna delle proposte inducendo il visitatore a osservare quietamente quello che succede e quello che non succede, quello che è evidente e quello che è celato sotto una complessità di esperienze e riflessioni che contraddistingue il lavoro del duo Cool e Balducci come quello di Merlin James.
Pittura quieta ma visionaria quella di Merlin James (Cardiff, 1960) che si presenta attraverso una dozzina di dipinti di vari periodi dai quali emerge la sua ricerca in costante divenire; sorta di serie che si riconfigurano e si rilanciano reciprocamente come racconti liberi ma figli di una stessa pratica di scrittura e della stessa colta e quotidiana raccolta
Una pittura elusiva rispetto al compiacimento cromatico o compositivo, astratto o figurativo: sobria, appannata, ricca di irregolarità e deformità la pittura di Merlin James restituisce alle singole (e piccole) opere una concentrazione visionaria, sempre aperta all’incertezza. Straordinari in tal senso i dipinti – definiti da Davide Ferri “paesaggio con figura” – nei quali le figure in primo piano sono teste di osservatori verso le quali, nel riconoscersi, nulla riconosciamo. E dove il paesaggio è un’occasione di indefinitezza, uno sfondo brumoso, macchiato e indistinto nel quale immaginarsi.
Varcata la prima sala della galleria, giĂ negli spazi mediani degli uffici, incontriamo invece un ostacolo fisico e visivo inaspettato e oppositivo che ci ingressa al lavoro di Marie Cool Fabio Balducci (Valenciennes, 1961, Ostra, 1964). Si tratta di una scrivania ribaltata e posta in altezza che ci introduce nella seconda sala nella quale la luce, opportunamente calibrata, si propone obliqua come uscente dal lucernario.
Un duo, quello di Cool e Balducci che, attivo dal 1995, combina “azioni” che non chiamano performances e oggetti che non chiamano sculture accanto ad opere su carta che non chiamano disegni. Utilizzando oggetti quasi sempre provenienti da fallimenti di società o riduzioni di organico (tavoli, scrivanie dirigenziali, matite svendute, fotocopiatrici…) Marie Cool Fabio Balducci compongono racconti silenti e precisi nei quali azioni minime e ripetitive, anche quando inattive e restituite attraverso immagini in movimento, costituiscono un inaspettato paesaggio di memorie scomparse, di gestualità essenziali che condividono – con lo spazio e con il tempo – il corpo di Marie Cool e la sua maniacale capacità di fare del minimo l’enorme, del silenzio la voce, del fuoco l’istante che scompare e riappare. Così come gli oggetti utilizzati (esclusi dal ciclo produttivo, liquidati, emarginati dalla produttività e quindi apparentemente inoffensivi) anche le azioni semplici, lente e iconiche di Marie Cool innescano una complessa riflessione politica – sociale ed economica – di cui gli artisti sono consapevoli e graffianti portatori.
P420 riapre quindi con le libere pitture di Merlin James e con le azioni di Marie Cool e Fabio Balducci (attive e cadenzate nei giorni dell’opening) di cui oggi, sino alla fine della mostra sarà possibile vederne la pacata ma potente dimensione installativa e video. Ci accompagnano in mostra un testo intimo e preciso, quasi diaristico, di Davide Ferri per Merlin Jason e un’intervista a Cool e Balducci realizzata da Simone Menegoi (2017 – Flash Art) a seguito del progetto Contemporary Locus 9.
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