La mattina dell’11 novembre, è comparsa a Napoli, sulla rotonda di via Marina, una enorme scritta rossa che recita: “Nessuno escluso”. Si tratta della nuova installazione artistica a opera del duo Bianco-Valente (Giovanna Bianco e Pino Valente), inserita nel progetto comunale di riqualificazione della strada.
Alessandra Clemente, assessore ai Giovani che ricopre anche la delega dei Lavori pubblici, l’ha definita «un forte e positivo messaggio che rappresenta l’identità, l’anima e la città di Napoli». Noi ne abbiamo parlato direttamente con gli autori.
La vostra opera è segnatamente connessa allo spazio in cui è stata installata, a metà strada tra il porto e la stazione centrale, due dei principali luoghi d’accesso alla città. A chi si rivolge dunque questo messaggio di accoglienza e inclusione?
«Nessuno escluso si offre allo sguardo delle migliaia di persone che quotidianamente raggiungono o lasciano la città di Napoli per i motivi più disparati, abbiamo integrato l’opera ad una grande struttura circolare che preesisteva in quel punto per rendere l’insieme una ideale porta di accesso alla città.
La frase in metallo è la parte visibile dell’opera, ma per noi è altrettanto importante ciò che non si vede: l’interazione che viene a generarsi con le persone che la guardano, anche solo per pochi istanti.
Negli interventi di arte pubblica lavoriamo spesso con le parole, che andiamo a interporre fra chi guarda e lo scenario che fa da sfondo all’opera, alterando col senso di una frase il modo in cui viene percepito quel contesto».
Qual è stata la genesi della vostra opera all’interno del progetto di riqualificazione di Via Marina?
«Sei anni fa fummo invitati dallo studio di progettazione che si stava occupando del nuovo assetto di via Marina ad immaginare un nostro intervento di arte pubblica. I lavori di rifacimento dell’asse viario iniziarono di lì a poco per poi interrompersi più volte a causa di problemi giudiziari di alcune ditte appaltatrici. Archiviammo così mentalmente l’idea di poter realizzare la nostra opera, fino a quando, diversi mesi fa, fummo contattati dalla nuova ditta appaltatrice e dall’amministrazione comunale. Con loro abbiamo vagliato e poi definito il luogo e il tipo di intervento da mettere in atto».
Come vi ponete di fronte alla realtà di una città come Napoli, dove nonostante i secolari intrecci culturali che hanno forgiato senza dubbio il carattere di un popolo tradizionalmente propenso all’integrazione, sul piano sociale le diseguaglianze sono in molti casi estremamente marcate? In quest’ottica, visti i difficili tempi in cui ci troviamo a vivere, la vostra opera potrebbe essere definita provocatoria?
«Crediamo invece che sia proprio la grande diversificazione sociale delle persone che vivono nel centro storico ad essere il vero valore aggiunto della città di Napoli. Si convive in strade sovraffollate con esperienze e background familiari molto diversi ed è naturale che anche gli approcci al vivere quotidiano e le prospettive a lungo termine siano diversificate.
Questo confronto serrato, che potrebbe apparire scomodo per tutti, permette invece a ognuno di comprendere che la realtà non è qualcosa di oggettivo, ma piuttosto un insieme di fenomeni complessi, la cui lettura è soggettiva e fortemente condizionata dalla prospettiva da cui li si osserva. A Napoli la diversità è contemplata. Città di porto al centro del Mediterraneo, fondata da coloni greci 2500 anni fa, ha nel suo dna la naturale propensione ad accogliere, integrare, trasformare, trasformarsi, continuando a generare nuovi immaginari in musica, teatro, letteratura, cinema, arte etc.
Se vogliamo che Napoli continui a generare visioni e non resti vittima dei suoi stessi stereotipi, dobbiamo mantenere attivi questi scambi osmotici fra le diverse anime che caratterizzano questo territorio, non possiamo accettare passivamente la turistificazione che già da qualche anno ha iniziato a svuotare il centro dagli studenti e dalle famiglie meno abbienti. Sarebbe una perdita enorme».
Nessuno escluso è un’opera che ha suscitato reazioni contrastanti, spaccando la città tra chi, cavalcando l’onda delle polemiche relative ai lavori dell’asse costiero, l’ha fortemente criticata sui social network, e chi invece l’ha eletta a grande messaggio di speranza e simbolo d’orgoglio per Napoli. Da qualsiasi punto la si veda, possiamo affermare che, ancora una volta, una vostra installazione ambientale ha generato un confronto vivo con la collettività e lo spazio pubblico. Un vostro pensiero al riguardo.
«È vero, ci sono state reazioni aspre, ma anche altre molto positive. Riteniamo che sia un bene perché l’opera è stata progettata proprio con l’obiettivo di porsi in relazione con un pubblico ampio e variegato, prevalentemente di non addetti ai lavori, e il fatto che non sia stata accolta con freddezza o indifferenza testimonia la vitalità potenziale dell’arte nello spazio pubblico.
Proprio questo è uno degli aspetti più entusiasmanti del nostro lavoro, la possibilità di collocare un’opera in uno spazio condiviso quotidianamente da numerose persone, stimolare riflessioni che potrebbero anche affacciarsi o definirsi nel tempo, nell’abitudine visiva a quell’opera».
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