Spazio Pesca, Artworks Courtesy of ADA Rome_Photo Courtesy of Marco Previdi
In una Milano di fine marzo, alle porte di una frenetica Art Week, inaugura la mostra personale di Diego Gualandris, Canzoni per animali d’appartamento, secondo capitolo del ciclo avviato a gennaio 2025 con l’esposizione di Federika Fumarola Recupero di un tempo di osservazione perduto, visitabile fino a metà giugno. Ci accolgono il duo curatoriale Arianna Pavoncello, manager dello Studio di Restauro e Conservazione Merlini-Storti, Carolina Latour, curatrice indipendente, e la founder di Studio Pesca Benedetta Gambino, unite dall’interesse di incrociare pratiche e vocazioni diverse per costruire occasioni conviviali di incontro e scambio. Spazio Pesca, fondato nel 2020, nasce da subito con un approccio cross-disciplinare tra art direction, graphic design e produzione di workshop, show cooking e mostre: «porte aperte a chiunque dimostri un’anima affine a quella dello studio, per dare spazio a tutte le anime creative, ai ‘frutti’ delle nuove idee».
La personale Canzoni per animali d’appartamento di Diego Gualandris (Albino, Bergamo, 1993) è un esempio di come l’arte visiva e la gastronomia possano unirsi in un’esperienza sensoriale completa. Disposte nelle tre stanze principali dello studio dalle pareti verde acido, le pitture su tavola di Gualandris tracciano una linea d’orizzonte composta da paesaggi desertici e diradati, una “fine del mondo” illuminata da grandi Soli in rosso acceso. La stella è come un occhio che sorveglia un luogo a lei sconosciuto, come una telecamera accesa sul nostro quotidiano, racconta Gualandris: «Quasi tutti i titoli delle opere in mostra sono nomi di animali famosi, come Atticus Finch, il protagonista de Il buio oltre la siepe. Sono loro gli ‘animali da appartamento’, esattamente come noi». Il ciclo di Gualandris si ispira all’estetica fantasy e shi fi, dal film d’animazione Fantasia di Walt Disney, al pianeta Tatooine di Star Wars o al romanzo Dune.
I suoi “quadri d’appartamento”, come li definisce, «sono una moltitudine di piccoli occhi pulsanti che scrutano il visitatore. Come animali appostati, ci costringono a prendere le misure per avvicinarli, a muoverci piano ma tenendo lo sguardo fisso su di loro». L’immagine della stella si ispira alla copertina del Vangelo e Atti degli Apostoli dell’edizione San Paolo, culturalmente interiorizzata nella memoria degli italiani, una tra le versioni più diffuse fin dagli anni Settanta, rivisitata da Gualandris su tavolette di recupero in legno che suo nonno ritagliava per immagini sacre, nella chiesa di Albino. Inteso nella sua simbologia mitologica, come icona sacra ultraterrena e metafisica, il Sole viene ritratto nelle varie fasi di nascita, infanzia, adolescenza, adultità e morte, «perché tra sei o sette miliardi di anni morirà, come tutti gli esseri viventi». In occasione di Miart, la mostra verrà riattivata da un appuntamento performativo con l’artista, sabato 5 aprile.
L’evento inaugurale è arricchito dall’esperienza gastronomica ideata dagli chef Arturo Franzino e Jérémy Nguyen con una proposta tematicamente e cromaticamente connessa alle icone delle pitture di Gualandris. Gli chef, che lavorano tra Roma e Marsiglia, amano collaborare con il loro concept culinario a progetti artistici e culturali, lavorando con i cambi di temperatura, di odore, sapore e con passaggi di stato della materia, che si ispirano gustativamente alle cromie e forme dei Soli. Un incontro non comune tra gastronomia, estetica e visività, che permette un secondo avvicinamento al tema del tempo: riscoprire la bellezza nell’incontro, della creazione, dello stare insieme, prendendosi il tempo necessario.
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