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Nel metalflux di dati: l’installazione di Alberto Tadiello vola all’ALA For Art 2022
Arte contemporanea
Sembra un nido. Il disegno accogliente, caldo, come ultimo riparo da un temporale o un rovescio improvviso. Se è stato costruito qui, protetto dal possente corpo di questa scala monumentale, vuol dire che possono esservi degli uccelli misteriosi e sconosciuti, che non si mostrano, che magari appartengono ad altre dimensioni, visto l’orientamento verticale di questa tana sospesa. E aleggiano intorno allo storico Teatro Mediterraneo, sede dell’ALA SpA Headquarters. D’altronde questo luogo è cosparso di pezzi (ali, carrelli, fusoliere) della nostra ormai antica civiltà volante, che da oltre un secolo riveste di alluminio, gomma e silicio antiche macchine in grado di sollevarsi da terra.
Ma ciò che abbiamo davanti, l’opera site specific, “Luciferasi”, di Alberto Tadiello, ha qualcosa di diverso. Come un pezzo nuovo, un primo innesto di una città futura, dominata da forme alternative, da pulsazioni tecnogene dotate di profondo romanticismo e che rifugge quella funzionalità fredda, domotica di una fanta-tecnologia alla Elvia Wilk.
Vincitrice di ALA For Art 2022, premio promosso dall’omonima azienda leader in servizi e prodotti per l’industria aeronautica e aerospaziale, l’opera è accompagnata dai lavori di Andrea Bolognino (Batigrafia, 2021), Antonio Della Guardia (Jungle, 2018) e Giorgia Garzilli (Questa forza me la sottraeva e di conseguenza me la rendeva reale, 2019), acquisiti per la collezione permanente di ALA. Scelta da una commissione composta da una giuria di prim’ordine (Giovanni Carmine, direttore della Kunst Halle di San Gallo, Eugenio Viola, curatore capo del museo Mambo di Bogotà, e Alessia Volpe direttrice della galleria Ciaccia Levi di Parigi) il premio esprime una «Felice sinergia tra mondo della cultura e realtà imprenditoriale, favorendo la definizione di un nuovo spazio di confronto tra creatività e impresa», secondo le parole del vicepresidente e fondatore di ALA, Vittorio Genna.
Un lavoro frutto di due elementi decisivi. Scelta e flusso. Se la luciferina ne è il tessuto addetto, la lucifierasi è tra gli enzimi responsabili dell’emissione di luce naturale, dote estremamente rara nel mondo animale, usata per difesa, mimetizzazione o come segnale di fertilità. Per contrappasso, le nostre metropoli sono sempre più costituite di materia scintillante, di fulgore, più che di massa e volumi. E, di contro, siamo portati a considerare i flussi (movimento, dati, pensieri) come forme variabili di luce, di brillantezza, di luccichii, di visual alert ormai centrali nella nostre vite.
Così l’artista di Monticchio Maggiore, che vive e lavora in un ex panificio ai piedi delle Dolomiti, anziché armi sonore, ronzi incessanti e campi magnetici, stavolta sceglie di processare un flusso, il data flux dell’azienda ALA attraverso l’acciaio, lo zinco e fasci di semiconduttori. La sfida è quella dell’intraducibilità, di amplificare ciò è oscuro, di illuminare cioè che è muto. E la fa per rispondere a una domanda, a quella richiesta di esseri di carne, occhi e mani ormai costantemente annegati nella dimensione gelida e metaversale della rete.
Da qui il secondo input. La scelta. A scegliere l’opera vincitrice anche i dipendenti di ALA, coinvolti nelle votazioni e nel supporto tecnico dell’opera. Ingegneri, manager, designer, data analyst, programmatori. Come nell’antica arte micenea, ove principi e re iniziarono a specchiarsi, a riconoscersi nelle statue e nei manufatti, scalzando simbologie naturali e divine o come negli umanissimi ritratti di banchieri e mercanti della pittura fiamminga, così questa generazione di lavoratori e professionisti, grazie a opere come “Luciferasi”, può finalmente avviare quel faticoso percorso di riappropriazione, di auto-riconoscimento, di know-how esistenziale e progettuale, lascito della propria futura vestigia.
E se il Time of Flight, il “tempo di volo” impiegato da una particella per percorrere un certa distanza, tema di questo secondo ALA Prize Art, si traduce nell’opera di Tadiello in una frazione temporale di scarto, di latenza tra il flusso di dati e l’effervescenza dei diodi a emissione di luce, questo rimane in fondo un bene, un segno di speranza. Una manifestazione di resistenza antropica, di ping naturale tra pensiero e macchina, tra idea e segno. È proprio in quell’intervallo, in quella oscena inafferrabilità, sempre più ridotta eppur infinitesimale, che è e verrà protetto il code della nostra umanità.